Balbin, il Don Chisciotte dell'Argentina impossibile

Balbin, il Don Chisciotte dell'Argentina impossibile OSSERVATORIO Balbin, il Don Chisciotte dell'Argentina impossibile Con Ricardo Balbin, morto mercoledì a 77 anni in una clinica di La Piata, l'Argentina ha perso la sua più autorevole «voce della coscienza». Le frettolose righe dedicate dai giornali di Buenos Aires alla scomparsa del leader dell'Unione civica radicale non rendono perciò giustizia all'uomo politico che per oltre mezzo secolo di storia turbolenta della Repubblica sudamericana aveva personificato l'opposizione con un richiamo costante al rispetto dei diritti civili. Fu indubbiamente un personaggio scomodo, ma lineare. Il suo slogan era «democrazia elementare», cioè il limite minimo invalicabile fra buon governo e dittatura. «Un concetto talmente semplice — diceva — da non aver quasi bisogno dì spiegazioni». Eppure non riuscì mai a farsi capire dagli argentini, almeno nelle proporzioni necessarie per assicurarsi un vasto sostegno popolare, e con esso la scalata al potere, purché rigorosamente costituzionale. La lunga marcia di Balbin è infatti significativa. L'Unione civica, da lui fondata con una piattaforma programmatica che resterà sempre centrista, precede addirittura la nascita dei descamisados di Juan Domingo Perón. Dopo il 1948 si scontra con il j usti eia- Usino peronista. crìtica aspramente la Costituzione, giudicata troppo liberticida; però non esita a promettere, e a mantenere, il leale appoggio dei radicali alle riforme sociali proposte in quegli anni dalla Casa Rosada. Il putsch militare del 19SS che rovescerà Perón, costringendolo all'esilio, trova Balbin nuovamente in prima fila, pronto a fustigare i vari regimi militari che si succederanno fino alle elezioni del 1973. Esce allora allo scoperto, schierando l'Unione civica contro il Frejuli, il Freme dei nostalgici che si appresta a spianare la strada al ritorno in patria di Perón. Ottiene soltanto il 21 per cento dei voti, meno della metà dei suffragi andati al peronista Hector Càmpora che, alcuni mesi più tardi, richiamerà l'ex dittatore da Madrid per affidargli la presidenza. Balbin non si perde d'animo. Tenta di influenzare i peronisti affinché non cadano nell'errore della repressione. Questi però, come in passato, non lo ascoltano. Passa qualche mese, muore Perón e gli succede la moglie Isabel. Per i radicali di Balbin si presenta cosi l'ennesima, quasi ossessiva occasione di far valere ('«opposizione critica». Sarà anche questa una battaglia senza speranze: cadono nel vuoto gli appelli per il ripristino delle libertà parlamentari e per ridurre l'influenza politica delle Forze Armate. «Balbin combatte i mulini a vento», scrive in proposito La Vanguardia di Barcellona. Nel settembre 1975, alcuni mesi prima del golpe del generale Videla, Balbin è ancora cocciutamente il primo a firmare una petizione per chiedere l'apertura di un'inchiesta ufficiale per corruzione su Isabelita Perón e la destituzione della presidentessa. Resterà lettera morta. Infine, le ultime tappe della lotta al Palazzo. Balbin tuona contro Videla, gli rimprovera i desaparecidos (oltre 20 mila secondo le organizzazioni umanitarie internazionali, cifra che il governo definisce «una menzogna colossale»); il caos economico, il progressivo isolamento dell'Argentina in politica estera. Prova a coalizzare l'opposizione. Nell'aprile 1978, Balbin e i suoi radicali si incontrano con l'ex vicepresidente Solano Lima ed altri esponenti per stendere un appello comune che solleciti la resti tuzione delle libertà politiche. Per tutta risposta Videla li fa arrestare, stroncando il «sogno impossibile» dei balbini sti. Piero de Garza rolli

Persone citate: Don Chisciotte, Juan Domingo Perón, Ricardo Balbin, Rosada, Solano Lima, Videla

Luoghi citati: Argentina, Barcellona, Buenos Aires, Madrid