Il grande Napoleone di cartapesta di Gianni Rondolino
Il grande Napoleone di cartapesta UN KOLOSSAL DI CINQUANTAQUATTRO ANNI FA AL COLOSSEO Il grande Napoleone di cartapesta ROMA — Il 7 aprile 1927 all'Opera di Parigi, dinanzi ad un folto pubblico di uomini politici, artisti, intellettuali e belle signore, fu presentato il film Napoléon di Abel Gance. Come ricordano le cronache dell'epoca, fu una serata memorabile. Dopo oltre tre ore di proiezione, in cui le vicende pubbliche e private di Napoleone erano illustrate da una serie di immagini che, nel loro dinamismo, tracciavano un grande affresco della rivoluzione francese e delle prime imprese militari del giovane còrso, con il pubblico attento e teso a seguire lo svolgersi dei fatti, ecco, all'improvviso, spalancarsi lo schermo ai due lati, triplicarsi l'immagine, quasi a voler travolgere la platea con l'onda montante delle inquadrature simultanee. «Do ogni parte—fu scritto — i soldati dell'Anno II sembrava che scendessero nella sala». Il successo di pubblico e di critica fu strepitoso e coronò un'impresa tecnica e artistica, finanziaria e commerciale, che aveva preso le mosse più di due anni prima, il 17 gennaio 1925. A distanza di oltre mezzo secolo, per opera dello storico Kevin Brownlow e di Francis F. Coppola, regista e produttore della nuova Hollywood magniloquente e spettacolare — che vi ha coinvolto anche il padre musicista autore della colonna sonora del film — il Napoléon di Gance dovrebbe rinnovare i trionfi di allora. quando il cinema era alle soglie della grande rivoluzione del sonoro. Anche perché il pubblico odierno è nuovamente disposto ad applaudire un film monumentale, di quattro ore, tutto costruito sullo splendore delle immagini, il ritmo sostenuto del racconto, gli effetti spettacolari. Fu lo stesso Gance a dire, a proposito del Napoléon che il cinema -è qualcosa di grande, di misterioso, dì sublime» ; e il suo film lo conferma a ogni sequenza, a ogni inquadratura. E tuttavia spesso risulta grandioso senza essere veramente grande, affascinante ma non misterioso, travolgente ma non sublime. Nel senso che, a ben guardare, la magniloquenza scade a rettorica, e lo splendore delle immagini, oltre che gli effetti tecnico-espressivi — dalle molteplici sovraimpressioni allo schermo tripartito — non riescono a mascherare totalmente la pochezza del contenuto e la banalità della sceneggiatura. Gance era a modo suo un visionarlo e un idealista: concepiva grandi spettacoli che trasmettessero grandi ideali L'eroismo individuale e collettivo, la solidarietà umana, l'amore disinteressato, la spiritualità erano stati i temi dei suoi film precedenti. Napoléon 11 riprese e li rifuse sullo sfondo di una grandiosa scenografia storica. Ma tutto ciò si manifestò in una drammaturgia insufficiente, legata ai vecchi moduli espressivi del teatro eroico o agli schemi della letteratura agiografica e romanzesca. Al nuovo «sinfonismo» cinematografico di Gance, in cui l'immagine dinamica doveva sopravanzare ogni altro elemento spettacolare, non corrispose un nuovo contenuto filmico. U ritmo del montaggio si inceppava negli scogli di una recitazione debordante, la bellezza delle sequenze di insieme si stemperava nell'accentuazione melodrammatica dei volti e dei gesti dei personaggi. Eppure Gance con Napoléon aveva vinto una scommessa. Il cinema non soltanto era entrato all'Opera, ma poteva esprimere quella totalità dello spettacolo, che si richiamava alle teorie estetiche di Wagner. Anche per questo il suo film ha un posto importante e significativo nella storia del cinema mondiale. Gianni Rondolino j Un'immagine dal film «Napoléon» di Abel Gance
Persone citate: Abel Gance, Francis F. Coppola, Gance, Kevin Brownlow
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