Lacan: l'io in bilico tra mistica e scienza di Gianni Vattimo

Lacan: l'io in bilico tra mistica e scienza FU IL FONDATORE DELLA SCUOLA FREUDIANA Lacan: l'io in bilico tra mistica e scienza Nietzsche ha scritto che, «dopo Copernico, l'uomo rotola via dal centro verso la X» e ha visto in questo processo il senso stesso della civiltà e del pensiero moderni. Se si cerca di collocare in termini «epocali», come si è spinti a fare nel momento finale dei bilanci, il significato di Lacan nella cultura del nostro tempo, esso ci appare chiaramente leggibile nei termini di questo rotolamento di cui aveva parlato Nietzsche. Sulla traccia del suo maestro Freud, Lacan ha messo tutta la propria opera, di psicanalista e di teorico, sotto il segno di questa «rivoluzione copernicana» nella quale il soggetto umano si vede decentrato; una rivoluzione che egli non ha sentito affatto in termini di impoverimento, negatività o decadenza, e che anzi, anche al di là delle sue intenzioni esplicite, può essere letta come una interpretazione delle chances del pensiero nell'epoca della fine dell'umanismo. Il «ritorno a Freud» che Lacan ha predicato non era un programma dettato da un'astratta volontà di fedeltà all' insegnamento del maestro. Lacan ha voluto rivendicare quello che per lui era il nocciolo essenziale e rivoluzionario della scoperta freudiana: per l'appunto, il decentramento del soggetto umano, la sua struttura costitutivamente conflittuale, contro le interpretazioni revisioniste, troppo positive, concilianti, edificanti della psicanalisi. Lacan — forse indulgendo a una visione un po' convenzionale dél'american way of life — vedeva il predominio di questa interpretazione soprattutto in molta psicologia e pratica terapeutica americana, tutta preoccupata di inserire positivamente l'individuo nella società e nel processo produttivo, adattandolo all'ordine esistente Una tale interpretazione della psicanalisi comportava per lui un fraintendimento fondamentale dell'eredità di Freud, e cioè della sua concezione conflittuale dell'io. Freud ha scritto che l'io è «un sedimento di investimenti oggettuali abbandonati, contenente in sé la storia di tali scelte oggettuali». Lacan riprende e radicalizza questa tesi, che per lui equivale alla negazione di ogni carattere originario della soggettività Non c'è un originario soggetto che si modifichi nello scontro con il mondo esterno mantenendo però sempre una unità di fondo. L'identità — quel soggetto unitario che dovrebbe stare all'inizio — si forma, invece, attraverso identificazioni successive con gli oggetti d'amore, dai quali l'io in formazione arriva a distinguersi solo attraverso questo processo. Il processo si realizza però solo mediante una successione di abbandoni, come appare già nel testo citato di Freud: al momento dell'identificazione con l'uno o l'altro dei suoi oggetti d'amore, anzitutto la madre, deve succedere un momento di distacco. E' quello che Lacan descrive come passaggio dall'immaginario al simbolico e che vede attuato nel conflitto edipico. Il simbolico è infatti il linguaggio, con le sue regole che sono anche regole sociali. Imparare a parlare significa accettare una disciplina sociale: di essa, nella famiglia, è rappresentante il padre, il quale è anche quello che s frappone fra la madre e il barn bino costringendo quest'ultimo ad abbandonare le sue fantasie incestuose, e più in generale la tendenza immaginaria a identificarsi con l'oggetto d'amore Accettando la disciplina imposta dal padre, l'individuo entra nell'ordine simbolico, diventa un io. Che avrà però sempre alla propria base una spaccatura: quella che consiste nell'abbandono dell'immaginario e poi quella che dipende dalla stessa convenzionalità del simbolico. Giacché il simbolico è l'opposto dell'immaginario anche perché le sue regole non si legittimano in base a una identità (come sarebbe la corri spondenza della parola alla co sa), ma solo in base a conven zioni sociali. In questa contrapposizione tra simbolico e immaginario Lacan si giova ampiamente delle teorie di Lévi-Strauss sul tabù dell'incesto come mo mento fondamentale per la na scita della cultura. Oltre a Levi Strauss, l'altro suo maestro, fuori dalla tradizione psicana litica, è il linguista Saussure. La funzione strutturante che ha il simbolico per la costitu zione dell'io significa infatti che tutta la vita psichica si organizza in base a regole linguistiche: non solo la vita della coscienza è condizionata dal linguaggio, ma anche l'inconscio, dice Lacan, «è strutturato come un linguaggio». Nevrosi e psicosi si possono comprendere come disturbi nel funzionamento del linguaggio. E la psicanalisi, in analogia con quanto hanno fatto la linguistica e l'antropologia strutturali, si potrà forse un giorno «formalizzare» riducendo in termini matematici la logica e la retorica del linguaggio dell'inconscio. Preso in questo gioco di immaginario e simbolico, e soprattutto condizionato, nella sua stessa costituzione, dalle regole del linguaggio (che sono bensì convenzionali, ma non in potere dei singoli soggetti), l'io davvero «rotola via dal centro». critici di Lacan hanno visto nella sua teoria il rischio di un esito mistico o l'espressione di uno scientismo positivistico, secondo che si accentui il fatto che, nella parola del soggetto, è sempre una qualche misteriosa entità altra che parla (il Linguaggio, l'Es), oppure il fatto che il soggetto è preso in un deterministico gioco di regole che la ragione scientifica può descrivere esaurientemente. Probabilmente, entrambe queste tesi critiche hanno le loro ragioni, che valgono però solo se prese insieme. L'espe rienza di decentramento che l'uomo contemporaneo fa causa dell'imporsi del calcolo scientifico anche agli aspetti più soggettivi dell'esistenza non è necessariamente in contrasto con il suo riconoscersi erede di una tradizione, quella del linguaggio, che non si la scia ricostruire se non in un processo di risalimento infinito. Può darsi che la famosa oscurità dei testi lacaniani sia anche legata alla difficoltà di mettere esplicitamente insieme queste due esperienze, alle quali comunque non possiamo sottrarci. Gianni Vattimo Jacques Lacan in una caricatura dì David Levine' (Copyright N.Y. Review of Books. Opera Mundi e per l'Italia -La Stampa.)

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