Quando il cuore era a Guernica di Oreste Del Buono

Quando il cuore era a Guernica Arrivato in Spagna «dall'esilio» il più famoso dipinto di Picasso Quando il cuore era a Guernica E, allora, Guernica è in Spagna. Probabilmente non il più bello, ma sicuramente il più famoso dipinto di Pablo Picasso ha ripreso la via di casa da New York sul jet «Tirso de Molina» accompagnato dallo slogan del ministro della Cultura della Spagna post-franchista, Inigo Caverò: «E' il ritorno dell'ultimo esiliato». Uno slogan indovinato, anche se come tutti gli slogan, troppo semplificatorìo, insufficiente. Perché nel volo di ritorno di Guernica non si verifica solo la fine di un esilio, ma la fine di un sentimento. Un sentimento collettivo di gran parte d'Europa e del resto del mondo. Un sentimento che nell'opera di Picasso aveva visto e si è ostinato a lungo a vedere la possibilità del manicheismo, la consapevolezza della divisione tra bene e male, la speranza di saper sempre distinguere anche per il futuro. Il futuro concepito da alcune generazioni da quel remoto 1937 è diventato presente e poi passato, ormai viviamo in un'epoca di grande incertezza e di grande confusione. E' in qualche modo giusta e non più nnviabile la collocazione di Guernica al museo del Prado. La Spagna vive ancora un'emozione, un contrasto, il ricor¬ do di una lacerazione, ma nel resto del mondo vecchio e nuovo quel sentimento si è già spento. Nel gennaio del 1937 il governo spagnolo in esilio aveva commissionato a Picasso una pittura murale per l'edificio alla Fiera internazionale di Parigi. Picasso, nato a Malaga, viveva a Parigi dal 1904. Il tema della guerra civile spagnola lo appassionava già. Ma l'ispirazione tragica gli venne dal bombardamento della più antica città dei Paesi baschi da parte degli aerei di Hitler nell'aprile del 1937. Il 1° maggio 1937. meno di una settimana dopo la strage. Picasso realizzò il primo schizzo per Guernica. Le tre ore e un quarto di quel pomeriggio di aprile in cui i bombardieri Junkers e gli aerei da combattimento Heinkel non avevano smesso di infierire contro la città derelitta erano destinati a durare nella condensazione che ne dette Picasso, limitando la veduta globale del dipinto all'angolo di una stanza e alle pareti più basse di forse una o chissà due facciate, accanendosi nella rappresentazione delle singole reazioni al terrore celeste di quattro donne, un bambino, un guerriero mezzo uomo e mezzo statua, un toro, un cavallo, un uccello, nove figure implicate nello stesso terribile evento eppure vìssute nella solitudine di ogni privato addio alla vita, della ricerca disperata di una sopravvivenza o comunque di un movimento capace di conquistare la lontananza magari di un solo centimetro dall'offesa dell'odio nazista. Non è un dipinto storico e non è un dipinto di una folla, Picasso del resto non è mai stato pittore di folle. E', tuttavia, l'immagine della guerra porta¬ ta contro i buoni dai cattivi che ci ha accompagnato per anni. Proviamo a pensare cos'è stata, quanto ha contato questa immagine anche solo per noi italiani nel dopoguerra della seconda guerra mondiale. Riprodotta in infinite misure e materiali ha dominato come immagine votiva più che come decorazione le provvisorie abitazioni scavate nei ruderi delle vecchie case offese da altre bombe, dalle bombe dei nostri liberatori nella seconda guerra mondiale, o inventate nelle nuove case di fragile materiale partorite con lacnme e sudore dalla Ricostruzione, la voglia del Paese di rimettersi in pari. Dalle austere pareti la palpitante lampada a olio sorretta dalla paesana dalla testa di cometa, come un faro in grado di eclissare la grande lampada elettrica impiccata d'inerzia al soffitto, accecata di freddezza e incoscienza, è stata il punto di riferimento delle coppie di amanti illusi di amarsi per sempre, delle riunioni di amici illusi di essere amici per sempre, di poter nutrire per sempre la stessa fede. Da infinite riproduzioni il dipinto di Picasso ha offerto a lungo alla vita il conforto di rifiutarsi alla guerra, alla morte irragionevole. Solo a poco a poco s'è rassegnato a contare di meno, sinché ha abbandonato le camere da letto e i salotti, le sedi di partito o di altre associazioni, è finito in soffitta se non al macero, ha smesso di ammonirci e insieme incoraggiarci, ha smesso di suggerirci t'idea della nostra fortuna di essere scampati. Le coppie che si credevano immortali s'erano disciolte o ricomposte altrimenti, le amicizie erano diventate inimicizie, altre alleanze e tradimenti premevano e premono. Ma è bello pensare a Guernica, all'importanza che ha avuto nelle nostra vita, riassaporare un'eco almeno del non più proponibile sentimento di allora, mentre il dipinto di Picasso Finisce a! museo, gloriosamente abdicando alla carica sentimentale, assumendo un valore culturale su cui magari si potrà discutere. Oreste Del Buono