Israele: con i falangisti reitera «non definitiva»

Israele: con i falangisti reitera «non definitiva» Gli uomini di Gemayel si avvicinano alla Siria Israele: con i falangisti reitera «non definitiva» NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE GERUSALEMME — L'evoluzione della situazione libanese, di nuovo motivo di preoccupazione per il governo israeliano, sarà certo uno dei principali argomenti in discussione a Washington tra il premier Begin e le autorità americane. Questa attenzione non è legata ai problemi causati dall'assassinio dell'ambasciatore francese in Libano, che non ha provocato commenti. Quel che preoccupa il governo israeliano è l'annuncio fatto la settimana scorsa dai (Urgenti cristiano-libanesi di interrompere le relazioni con Israele. La notizia non ha sorpreso molto; gli israeliani se l'aspettavano dal giugno scorso, quando Bechir Gemayel e gli altri falangisti fecero sapere che la rottura con gli israeliani poteva essere il prezzo di un compromesso con i siriani. L'opposizione labo rista ha criticato il comportamento del governo Begin, accusati dolo di essersi spinto 'troppo in là» nel suo appoggioAnche se in Israele ci si aspettava questa «svolta» dei cristiani, non si nasconde una certa amarezza. «Se dovremo compiere altre azioni militari in Ubano contro i palestinesi, non potremo più contare sull'appoggio della popolazione cristiana», ha dichiarato il generale Mordechai Gur, deputato laborista. Tuttavia, dopo il consiglio dei ministri del 6 settembre, un membro del governo che ha voluto restare anonimo ha detto che secondo il gabinetto Begin i falangisti hanno agito in stato di necessità e per ora non si può parlare di rottura definitiva. Molti osservatori pensano che Israele sarà obbligato a dar prova di grande 'discrezione», e porre 'prowisoriamente» fine all'aiuto militare offerto da cinque anni ai cristiani, ma si fa presente che la situazione in Libano resta 'fluida» e che i cristiani non hanno ancora detto l'ultima parola. Israele, questa la convinzione del governo, deve essere pronta a rispondere a un appello dei dirigenti cri stiani, in caso di necessità Se gli israeliani non credono alla possibilità di un vero accordo tra i cristiani e i Siria ni, sono però preoccupati di fronte a una 'nuova tappa» della «confisca» siriana del Libano, perché dubitano che irrp il governo di Damasco possa realizzare un progressivo ritiro delle sue truppe nel futuro prossimo. D'altra parte, il governo israeliano ammette di aver perso per il momento un'opportunità politica per giustificare eventuali interventi in Libano contro i palestinesi, tanto più che il suo appoggio alle milizie cristiane nel Sud del Libano sembrerà più delicato in quando il comandante Haddad apparirà inevitabilmente un 'dissidente» dopo la decisione dei falangisti. D'altronde, il governo israeliano vuole sottolineare ai dirigenti americani il 'pericolo» rappresentato dall'attuale rafforzamento delle posizioni palestinesi nel Libano meridionale. I dirigenti israeliani da qualche giorno mettono l'accento sul fatto che i palestinesi avrebbero ricevuto nuove armi, soprattutto dalla Libia. Tra l'altro, sostengono che dopo il cessate il fuoco del 24 luglio tredici batterie di artiglieria o katiuscia sono state installate nel Libano meridionale. Francis Corna Copyright «Le Monde» e per l'Italia «La Stampa»

Persone citate: Bechir Gemayel, Begin, Francis Corna, Gemayel, Haddad, Mordechai Gur