Angola, un blitz quasi permanente di Alfredo Venturi

Angola, un blitz quasi permanente OSSERVATORIO Angola, un blitz quasi permanente «L'obiettivo dell'Operazione Proteo — ha detto l'altro ieri la radio sudafricana — è stato raggiunto in cinque giorni». L'Operazione Proteo è la profonda offensiva lanciata dalle truppe di Pretoria in territorio angolano; il suo obiettivo consisteva nella distruzione dei «santuari» che consentono ai partigiani Swapo di continuare la loro guerra per l'indipendenza della Namibia. A questo punto bisogna fare un po' i conti: l'operazione è scattata il 24 agosto, dunque i cinque giorni sono scaduti il 29. Ma ancora sabato scorso, che era già il S settembre, i sudafricani erano presenti in forze nell'Angola Meridionale: quel giorno, in un attacco aereo cento miglia a Nord del confine, è rimasto ferito anche un giornalista britannico. Dunque i conti non tornano, anche se cercano di farli tornare le fonti ufficiali di Pretoria. «Le ultime azioni — spiegano — non hanno niente a che fare con l'Operazione Proteo, si tratta di normale attività controguerriglia». Questa normale attività viene definita da Luanda «illegale occupazione del nostro territorio nazionale»: e nella capitale angolana si precisa che sono sei i centri abitati ancora in mano ai sudafricani. A invitare le forze del generale Lloyd a tornare nei loro acquartieramenti in Namibia, del resto, non sono soltanto gli angolani. E' di lunedi scorso una dura nota del governo francese, in cui si parla della «urgente necessità di un ritiro immediato e senza equivoci delle forze impegnate al di là del Cunene». Oltre a essere dura, questa nota è anche diplomaticamente significativa. La Francia, infatti, con Stati Uniti, Canada, Regno Unito e Repubblica Federale di Germania fa parte di quel «gruppo di contatto» che da anni insegue la solu¬ zione del conflitto namibiano. Pur fra mille sfumature, la posizione francese è condivisa dagli altri Paesi del gruppo, a eccezione degli Stati Uniti. E a Pretoria si sbandiera il «realismo americano», che è poi una novità della politica estera di Ronald Reagan, come una breccia finalmente aperta nel muro ormai annoso, e imbarazzante, dell'isolamento internazionale. E' stato proprio per coltivare la preziosa comprensione americana che i sudafricani hanno tanto insistito sul coinvolgimento sovietico nella regione. Così il primo commento Usa all'Operazione Proteo, in cui si condanava si la violenza, ma si precisava che il caso andava valutato tenendo conto del contesto geopolitico c di tutte le forze coinvolte, ha provocato grande soddisfazione a Pretoria. Non cosi una successiva dichiarazione del segretario di Stato Haig, che parlava di «ammorbidimento» sudafricano sul dossier Namibia, e precisamente di. un'adesione di Pretoria alla risoluzione 435 delle Nazioni Unite. Quel documento, che risale al '78, prevede elezioni libere in Namibia sotto la vigilanza dei «caschi blu». Se confermata, la revisione sudafricana a proposito della 435 sarebbe davvero una svolta: finora Pretoria ha detto che prima di prendere sul serio l'Onu è necessario che questa organizzazione la pianti di appoggiare la Swapo. Se confermata. E il fatto che le truppe di Lloyd continuano a stazionare in armi nell'Angola, Paese membro delle Nazioni Unite, non aiuta certo a veder chiaro, nonostante l'ottimismo di Haig, sul futuro di questa vicenda che dovrebbe essere solo diplomatica e che invece e scandita dal crepitio delle armi. Alfredo Venturi

Persone citate: Haig, Ronald Reagan