In 200 opere la storia di un museo di Angelo Dragone

In 200 opere la storia di un museo VIGILIA DI RESTAURO ALLA GALLERIA D'ARTE MODERNA DI TORINO In 200 opere la storia di un museo TORINO — Il progetto di radicale restauro cui quanto prima dovrà essere sottoposta la Galleria d'Arte moderna di Torino è entrato in questi giorni nella sua fase conclusiva, ma l'amministrazione civica ha voluto che sino al momento in cui sarà dato effettivo inizio ai lavori, con lo sgombero dell'intero edificio e la sua temporanea trasformazione in cantiere edile, non sia del tutto precluso al pubblico l'accesso alle raccolte museali. Sono state rese agibili, quindi — e restituite anzi ad un decoro ch'è già di buon auspicio per un integrale ricupero della Galleria —, la sala delle conferenze e il padiglione delle esposizioni temporanee dove, a cura dell'assessorato per la Cultura e dei Musei civici, domani sera (ore 18) Darà inaugurata una mostra di circa duecento «pezzi», tra dipinti, sculture e opere di grafica, tutti databili tra il 1920 e il '40. tutti di proprietà della Galleria stessa ma almeno in parte quasi «novità» per il visitatore, dal momento che da decenni non erano più comparsi nelle sale. A curarne la scelta e l'ordinamento sono stati Luciano Caramel, Paolo Fossati e Rosanna Maggio Serra, ai quali si deve anche il catalogo che consentirà al pubblico di penetrare piuttosto a fondo le vicende della Galleria torinese, come possono essere raccontate dalle opere che sono venute a farne parte. Bastano anche pochi elementi — data di esecuzione, provenienza, circostanze di acquisizione quali risultano nei documenti d'archivio — perché, al di là della «lettura» cui ogni opera si offre sul piano estetico, sia possibile cogliere il complesso rapporto che l'ha legata al lavoro quotidiano di artisti, critici, funzionari di museo, ma anche col pubblico, le gallerie, le riviste e le esposizioni. Sono «dati» che riflettono in genere problemi di gusto, responsabilità di scelte critiche, episodi relativi ad acquisti e donazioni. Le duecento opere che, dal Viani e da un Casorati dei primi Anni Venti ad un Birolli del 1940, sono state riunite si presentano raggruppate in una serie di sequenze: Torino dal 1925 al '40. I Sei. RomaMilano-Venezia, Continuità e sviluppi futuristi (ed è la volta dei Filila e dei Farfa. con Diulgheroff, Oriani. Alimandi e Costa, i Depero e Prampolini) ed ancora Morandi. Casorati. De Pisis. Martini, Spazzapan. il Nove cento, la Scultura, la Stagione astratta, da Licini a Ram baudi, «Corrente». Non si cerchino quindi le pagine d'una storia dell'arte che soltanto a tratti si potrà scorrere (tra presenze di qualità e non po che zone lacunose), ma si prendano questi dipinti, sculture, incisioni e disegni come vuole il titolo stesso della mostra (che rimarrà aperta sino a dicembre), e cioè «materiali» che mettono in evidenza soprattutto la gestione della Galleria torinese. Assumono allora rilievo gli acquisti fatti tempestivamente alle mostre e negli studi, ma non è meno importante l'impegno di integrazione perseguito ad esempio dal Malie nei riguardi dell'astrattismo italiano degli Anni Trenta, ed ha certo un suo co- lore anche la «minuta» scritta da Vittorio Viale, da poco in sediato alla direzione del Mu seo. per suggerire al podestà Thaon di Revel la risposta a Marinetti che nel '30 aveva raccomandato la mostra dei Futuristi alla Codebò. Cortese e lusinghiera la lettera per il capo del movimento che a Torino «è seguito con simpatia*, ma niente da fare: quell'anno s'era già comprato tra l'altro un Filila e si era -già spesa la dotazione all'uopo destinata: Accanto alle opere aleggiano mitiche figure di direttori — da Thovez al Rovere e al Viale, accanto al quale stava per affiancarsi il -giovane Malie* — e di non meno attivi esponenti di comitati direttivi da Zanzi al pittore Cavalieri che si dimise per protestare contro l'acquisto d'un quadro di Casorati, da Guerrisi a Valinotti. Ma sullo sfondo vi è tutta un'epoca, il «ventennio» nel quale il ruolo dell'arte si andava delineando tra il «pubblico» e il «privato» in un vero e proprio impegno di politica artistica, e tutto un programma di incentivazioni che andava dalla creazione di un «ufficio per l'arte contemporanea* e dalla «legge per le opere d'arte negli edifici pubblici* (più nota come legge del 2 per cento), ai premi destina ti non soltanto agli artisti, ma a galleristi e a collezionisti Ciò che si voleva era però un'arte di regime. Angelo Dragone

Luoghi citati: Ram, Torino, Venezia