Nel paradiso del guru fuggiasco di Furio Colombo

Nel paradiso del guru fuggiasco ABBANDONATA D'IMPROVVISO L'INDIA, E9 ARRIVATO IN NEW JERSEY Nel paradiso del guru fuggiasco I seguaci traditi della comunità di Poona l'hanno cercato invano - Bhagwan Shree Rajneesh ha comprato l'enorme villa dove fu girato «II padrino», a un'ora da Manhattan - Nel parco fanciulle sorridenti coltivano rose o amoreggiano con i condiscepoli - Una Rolls Royce, misteriosi assegni «da capogiro» e sospette feste notturne - Lo sceriffo: «Dovremo fare qualcosa» NEW YORK — / discepoli che avevano promesso di passare con lui il resto della vita a Poona, in India, lo cercano nel mondo. Il maestro, Bhagwan Shree Rajneesh, adesso abita qui, in America. Volendo essere precisi si può aggiungere che la città ha il delicato nome di Elisabeth, che il luogo è nello Stato americano del New Jersey, a un'ora da Manhattan. Ma è una definizione che circoscrive troppo il fenomeno. Lo dice Sharon, con un bel sorriso, gli occhi allegri e una certa spensieratezza che si nota un po' dovunque, intorno alla nuova residenza del guru. E' una spensieratezza che disturba la comunità dei «veri cristiani» del luogo, i fondamentalisti della nuova moral majority», conservatori, introversi e preoccupati di tutto. Sussurrano che questo tipo di guru dev'essere un falso prete. Precisano «Non perché è indiano, per carità». I cittadini timorati di Elizabeth ritengono di sapere che Bhagwan Shree Rajneesh «è molto liberale in questioni di sesso». Sharon ride come una bambina, una di quelle bambine che fanno esattamente quello che vogliono, piaccia o non piaccia agli adulti. Per esempio è avvolta in un velo di arancione sgargiante. Non proprio un abito indiano. Diciamo che è una ragazza che sa come ci si avvolge in un velo. Sa anche, con la puntigliosità dei bambini, come si va dritti al punto: «Che male c'è a giocare? La vita è più bella. Questo è il suo insegnamento». La scena è un giardino dove le ragazze, a decine, stanno curando le rose. «Era una casa grande grande» dice una guardando da sotto, mentre lavora ai suoi fiori. «Ma quelli che ci vivevano si sentivano soli. Allora è arrivato il maestro e ha detto: la compro. I miei sono tanti. I miei non si sentono soli». Ridono tutte. Sul fondo altre ragazze si godono il loro sogno bambino, e volentieri tengono stretti per mano i loro giovani condiscepoli. Qualcuno dice che i giovani sono venuti dall'India insieme al maestro, altri che sono fuggiti dalle università qui vicino, persino da Princeton perché «qui è un paradiso». La casa, tre piani, un'am¬ pia facciata, che senza gli addobbi arancioni sarebbe austera, un tempo qui si chiamava «mansion», residenza dei ricchi. L'abbiamo vista nel film II Padrino, come ritiro famigliare del capo mafia. L'abbiamo vista ne II Grande Gatsby, come luogo di tutte le feste della bella epoca fitzgeraldiana. Però non è vero che quelli che ci abitavano prima si sentivano soli. C'era un ordine di suore, le orsoline, mi pare. E molti a Elizabeth pensano che «il posto sia > N stato sconsacrato da questi pagani». Un convento non è sacro come una chiesa, e i discepoli del guru Bhagwan saranno meno austeri delle orsoline ma sembrano delicati, tranquilli. «Non è vero», fanno sapere i veri cristiani di Elizabeth. «Ci sono feste la notte, con quegli strumenti. Ballano. Si vedono i giovanotti che baciano le ragazze. E dentro chissà che cosa succede». La casa del guru sarà almeno cinque miglia distante dalla città. Cosa andranno a fare la notte i veri cristiani vicino al letto di rose di Bhagwan Shree Rajneesh? Perché non se ne stanno a casa a guardare il reverendo Falwell che predica la fine del mondo in televisione, Canale 8, tutte le sere? Sembra che ci sia una causa davanti a qualche tribunale del luogo, fra i timorati di Dio del villaggio e gli allegri pagani del guru, che sanno come ridere, come avvolgersi nei veli arancione e come coltivare le rose. Tra l'altro i cittadini di Elizabeth sono molto disturbati dalla Rolls-Royce. «La ricchezza, dicono, ha un cattivo effetto sui nostri giovani». Questo, bisogna convenirne, è un problema. Elizabeth non è la zona più prosperosa d'America. Le giovanette e i discepoli di Bhagwan, d'altra parte, non hanno un pensiero al mondo. Certo non sono preoccupati per l'inflazione. Di nuovo Sharon ha la risposta: «Ma le pare che uno medita tutta la vita e poi segue il listino di Borsa?». Qualcuno lo segue, per Sharon e i suoi compagni. «Qui arrivano assegni da far girare la testa», dice uno all'ufficio postale. Come lo sappia, non è chiaro ed è un segreto che non intende dividere. C'è la casa, c'è la Rolls-Royce, ci sono questi ragazzi felici. Si può capire l'irritazione degli indigeni. Uno stabilimento che faceva pezzi per la Chrysler, qua intorno, ha chiuso non più di due mesi fa. «Noi, dice serena una ragazza arancione, non ci poniamo i problemi di questo mondo». Una campana con un bel suono di festa, del tipo che registi come Lucas o Spielberg vorrebbero avere sul set (evoca luoghi sereni e lontani, mistero, avventura) suona per qualche ragione. — Afa il guru è in casa? E' Sharon che si assume il compito di fare da intermediario e da guida. Sharon, l'altro giorno, ha portato qui la troupe di una stazione televisiva americana: «Non c'è niente di male se si vede che siamo felici. E' il suo insegnamento-. Indica vagamente nell'aria, più che verso la casa, come se lui, il maestro, fosse in ogni luogo e in ogni cosa piuttosto che nella «mansion». Viene avanti una ragazza che, fa sapere subito, si chiama Ryan di cognome. Dopo averlo annunciato aspetta di capire se il suo nome dice niente a chi ascolta. E' la figlia del parlamentare democratico Ryan. l'uomo che è stato ucciso dalle guardie di Jim Jones con fucile mitragliatore sulla pista di Jonestown. Il bel viso diventa serio, compunto. Sussurra: «Le pare che sarei qui se ci fosse pericolo, se questa gente non fosse buona, se questo maestro non fosse responsabile e saggio e tenero con i suoi discepoli? Qui non c'è violenza, non c'è obbligo a nulla. La predicazione di Bhagwan è predicazione di libertà. Qui sei responsabile. E' questo che irrita la gente». Alla ragazza Ryan si può credere. — Ma come fate a selezionare i nuovi? Come riuscite a impedire che i brutti vengano a meditare dal maestro? Sharon ride dì gusto: «Ma è la pace che rende belli, non ha capito?». Qualcosa deve mordere gli abitanti della zona qui intorno. Non hanno la faccia o i veli di questi discepoli. Soprattutto non hanno gli assegni. Nessuno però, nell'Ashram, vuole dire due cose. Se il maestro è in casa. E se è vero che è andato via dall'India portandosi non solo i sogni e la fede dei tanti che ha abbandonato, ma anche il danaro. Si raccolgono in gruppo, animati come studenti che sono invitati a discutere di qualcosa che conoscono bene. Dicono: «La storia del danaro è stupida, lo capisce, no?». La loro spiegazione convince. Il maestro, dicono, fonda il suo insegnamento sulla mancanza di una promessa. Ciascuno deve crescere dentro, in amore, pace e illuminazione. «Non siamo un'edera che cresce intorno a un tronco. Se qualcuno pensava che lui fosse il tronco ha sbagliato. Non è il suo insegnamento». Saltellano felici di essersi fatti capire: «La storia della Rolls-Royce è stupida, lo capisce, no?». Su questo punto spiegano meno, ma sono soddisfatti di avere stabilito il contatto. Protesta una delle ragazze, con piccoli pendagli d'oro alle orecchie delicate e intorno al collo colorato dal sole: «La gente è cosi letterale. Questo è un segno. Questo è un altro segno. E' vero. Ma questo non è segno di questo, capisce?». Il suo piccolo argomento rimbalza fra le mani come una pallina invisibile. La bocca giovane resta un po' aperta. Sarebbe delusa se uno ammettesse di non avere capito. Sharon, invece, guida il discorso al punto che sta a tutti più a cuore. «La rivela¬ zione». Transatlantic, il periodico di Hans Magnus Nenzensberger, ha pubblicato una «rivelazione». Parole sarcastiche e dure del guru che irride ai suoi discepoli creduloni e si dichiara felice di averli giocati. E' vero o non è vero quello che la rivista ha pubblicato? «E' un problema nazionale, nienfaltro». attende il coro di approvazione dei ragazzi e delle ragazze del gruppo. Attende di capire se l'ascoltatore «è in sintonia'. Pedagogicamente controlla: «Ci siamo?». — No, non ci siamo. «Ma è semplice. I tedeschi non hanno né il senso dell'umorismo né la capacità di capire che una grande predicazione richiede una grande ironia». Sharon, seria seria, mi accompagna in un punto del prato che la comunità interpreta come «l'uscita». Sospira che purtroppo bisognerà mettere una rete o una cancellata. «C'è troppa incomprensione qui intorno». E quanto al maestro precisa: «Forse c'è e forse non c'è. A noi nessuno ha detto se quelle parole alla rivista tedesca le ha pronunciate. Noi sappiamo che non sono le sue. Non c'è neanche bisogno di falsificare un testo. Basta togliergli il senso. Lui parla con amore. Pensi se uno facesse leggere il Vangelo a un attore di Bertolt Brecht. Diventerebbe terribile. Invece se uno lo legge con amore... Qui c'è amore, ha capito?». Deve esserci amore. Tutti sono belli e sono felici e restano Il a salutare come alla fine di una fiaba. La felicità irrita. Lo sceriffo di Elizabeth si gratta la testa da marine e dice che «dovremo fare qualcosa». Nessuno ha ancora trovato l'argomento giusto da usare davanti a un giudice. Tranne forse il suono, in certe ore, del gong, e gli strumenti indiani, la sera, nella campagna un po' squallida del New Jersey. I veri cristiani guardano il reverendo Falwell nel programma II messaggio e forse si sentono molto infelici. Furio Colombo

Persone citate: Bertolt Brecht, Falwell, Hans Magnus Nenzensberger, Jim Jones, Rolls, Spielberg