L'italiano si diverte un po' meno

L'italiano si diverte un po' meno L'italiano si diverte un po' meno Come cambiano gli italiani? Ogni tanto ci imbattiamo in commenti di grande meraviglia. Commentatori illustri, magari per falsa modestia, magari per consolazione di noi meno illustri, ostentano di non aver capito, di essere stati colti di sorpresa, di congratularsi o scoraggiarsi con gli italiani per i cambiamenti imprevisti e imprevedibili. Che i cambiamenti degli italiani risultino spesso imprevisti è senz'altro vero, meno attendibile è forse che fossero proprio cosi imprevedibili. Ma cercar di prevederli, di leggerli in trasparenza nei progressivi o regressivi spostamenti che li hanno anticipati e avviati, sarebbe costato ovviamente fatica e non avrebbe, in compenso, fornito la minima sicurezza di non sbagliare radicalmente. Comunque a nostro modesto parere, conviene sempre provare. Si può persino rischiare di azzeccarla. Prendiamo, a esempio, oggi come campo d'osservazione quel settore anche troppo vario e frazionato, pigmentato e contraddittorio che può andare sotto l'etichetta di consumo culturale, un'approssimazione per abbondanza o per difetto. Da quanto hanno speso l'anno scorso gli italiani per la cultura, l'istruzione, la ricreazione, il divertimento balena una loro nuova immagine o nulla di nuovo è riscontrabile su questo fronte occidentale? I dati a disposizione sono sommari e non netti, ma anche limitandoci agli accenni contenuti in proposito nella Relazione sulla situazione economica del Paese fatta conoscere in bozza qualche tempo fa dalla Presidenza del Consiglio e alle informazioni diramate di recente dalla S.i.a.e., si può dire subito che la spesa culturale è aumentata in termini monetari nel 1980 rispetto al 1979, ma in termini reali, ovvero tenendo conto dell'inflazione (il cui indice è stato l'anno scorso del 21,3 per cento) in pia settori ha registrato autentiche disfatte e in altri registra segni d'allarme preoccupanti. La nuova immagine degli italiani, per quanto riguarda la spesa culturale, sarebbe, insomma, la seguente: vanno sempre di meno al cinema (diminuzione in termini reali del 10,9 per cento); disertano le corse ippiche e rifuggono discretamente dagli stadi del calcio (idem 7,5 per cento), diradano decisamente la lettura di giornali e soprattutto di libri (idem 1 per cento), per cui l'editoria, se non in crisi come i cinema, vacilla; si disinteressano abbastanza dei Jukebox, per il primo anno addirittura non incrementano il ballo (idem 4,9 per cento), consumazione a parte. Un ritratto che potrebbe significare una abdicazione piuttosto totale, una rassegnazione all'austerità come mortificazione, se non ci fossero pure dati diversi. Ed ecco la nuova immagine opposta o almeno cospirante degli italiani: continuano ad acquistare molti televisori, soOreste del Buono (Continua a pagina 2 in nona colonna)