Quelle strazianti storie coi guancioni di Merola di Ugo Buzzolan

Quelle strazianti storie coi guancioni di Merola LA TELEVISIONE di Ugo Buzzolan Quelle strazianti storie coi guancioni di Merola Si chiude con le lagrime e le confesioni di Mario Merola una settimana che ha avuto ancora caratteristiche estive: molte repliche, molti telefilm e sceneggiati di importazione e parecchi film (in mezzo, la delusione di Totò all'inferno, una delle peggiori pellicole di Totò, priva di copione, di trovate e di regia, un pastrocchio da cui il comico stesso faticava ad emergere). Uniche novità, le dirette dal festival di Venezia e soprattutto le spettacolari riprese della Coppa del mondo di atletica leggera, una di quelle cronache che permettono ancora alla Rai di mantenere una superiorità sulle private. Stasera, ho detto, il congedo è affidato, in Foto finish, ai singhiozzi di Mario Merola. Facile fare dell'ironia. Troppo facile Subito intona la canzone dell'emigrante e la telecamera lo riprende in primissimo piano e il suo faccione, con la pappagorgia in evidenza e i guancioni che straripano in giù, e sormontato da una zazzeretta rosso-bionda, occupa d'imperio tutto il teleschermo. E' un faccione che ha un potenziale comico formidabile (a qualcuno ricorda, drammaticamente, addirittura il grande Charles Laughton; a me invece un irresistibile caratterista del teatro e cinema italiano di alcuni anni fa, Loris Gizzi, maestro di pochades, specializzato in parti di zio d'America, marito ingannato, medico pasticcione). Comunque ogni volta si rinnova la sorprea. Merola sembra fabbricato apposta per far ridere. E invece —lo si vedrà anche stasera, dopo due minuti — il faccione assume un'increspatura dolorosa, la bocca si piega in una smorfia di tristezza, gli occhi diventano languide fessure e i ganascioni si scuotono cupamente. •Mia cara madre» sospira e geme, e più tardi, in O ' zappatore, avvertirà con un singulto il figlio immerso nella crapula più vergognosa che laggiù a Napoli lo aspettano una fidanzata fedele e una madre che muore. Adeguata alle espressioni del viso la gestualità; il corpo ha sussulti continui e le mani accompagnano gli strazianti racconti canori con un movimento incessante che il video sottolinea. Sottocultura? Autentica cultura popolare? Ricerca di «radici»? Riflusso? Reazione all'avanzamento, in tutti i sensi, della canzone partenopea (vedi Bennato)? Astuto e plateale sfruttamento della retorica, della convenzione patetica, dell'abuso sentimentale? Ci può essere di tutto, dentro. Intanto Merola riempie i teatri e molti italiani d'America lo venerano. Dopo la trasmissione di stasera le perplessità aumenteranno. Ma il fenomeno resta. L'inserimento di Merola in Foto finish non è realizzato nel migliore dei modi. Certo, funziona l'intervista («Da ragazzo sono stato in riformatorio per furti., causa la povertà..»; 'Mio fratello maggiore, sorpreso a rubare un'auto, è stato ucciso a revolverate dal proprietario»; «San Gennaro mi vuole un gran bene»; «Sono nato povero, mi sono fatto da solo, porto in giro per il mondo messaggi d'amore»; •Mia moglie Rosina è un angelo sceso al Vomero...» ecc. ecc.). Ma la cornice sofisticata e a tratti gelida dello show mal si addicono a questo clima di sceneggiata senza f rem e le stesse coreografie di Louis Falco — lunghissima e ripetitiva assai meno felice di altre, quella centrale del pugilato — con Merola non c'entrano assolutamente nulla.

Luoghi citati: America, Napoli, Venezia