Ponti troppo d'oro di A. Galante Garrone
Ponti troppo d'oro La legge sui pentiti Ponti troppo d'oro Che dire del disegno di legge sui terroristi «pentiti»? Ci si può rallegrare, innanzitutto, che finalmente si siano rotti gli indugi, e imboccata una via, dopo tanto mareggiare di sconcertanti discussioni. E poi. che si sia evitato di brusquer la soluzione del problema con un decreto-legge. Così è consentito lo spazio a modifiche anche profonde, all'apporto critico di tutte le forze politiche, a un meditato vaglio di pregi e difetti della legge proposta. Non sarà mai abbastanza deprecato quell'antico male, spesso risorgente, dell'abuso dei decretilegge, specialmente su temi che toccano da vicino i delicati meccanismi della giustizia e i diritti dei cittadini. Pregi e difetti, abbiamo detto. Quanto ai primi, l'essenziale è che si sia affrontato il problema della dissociazione dei «piccoli pentiti» dalla lotta armata. Tult'al più — come è stato giustamente rilevato — si potrebbe estendere la non punibilità ai reati minori o minimi che, di fatto, sono quasi sempre connessi all'appartenenza all'organizzazione terroristica. I difetti attengono invece alla categoria dei «grandi pentiti», cioè, in parole povere, degli assassini, o complici d'assassini, che a un certo momento si decidono a «parlare», a collaborare. Qui si è invocata la massima: «A mali estremi, estremi rimedi». Detto in soldoni, si manderebbero a spasso, impuniti (con tutti gli onori, verrebbe fatto di aggiungere con una punta di sarcasmo), senza neanche giungere alla sentenza, e senza le garanzie di un pubblico contraddittorio, gli autori dei più efferati crimini, che avessero spifferato nomi e fatti d'importanza decisiva. Di fronte a tanta larghezza di maniche, qualcuno ha parlato di disagio morale. Ma è ancora dir poco. Al di là di questa prima reazione d'istinto, ci sono preoccupazioni di fondo, oggi appena affiorate, ma destinate a ingrandirsi: il rischio di uno snaturamento della figura del giudice, e delle garanzie processuali; di una contaminazione dei poteri giurisdizionali con quelli amministrativi, di polizia; di un offuscamento delle distinzioni tradizionali su cui poggia lo Stato di diritto. Mi rimetto, per tutto questo, alle prevedibili perplessità di insigni processualisti. E altri ancora sono i motivi A. Galante Garrone (Continua a pagina 2 In quinta colonna)
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