Genova, i tre «nodi» del porto di Remo Lugli

Genova, i tre «nodi» del porto Analisi della crisi che investe uno dei pilastri dell'economia ligure Genova, i tre «nodi» del porto Sono l'insufficienza dello spazio, la produttività e l'organizzazione del lavoro che si traduce in tariffe più alte - Al grande scalo occorre, presto, il nuovo bacino in costruzione a Veltri, capace di acquisire altre correnti di traffico internazionale - «Il futuro della nostra città si decide qui» afferma il sindaco Cerofolini DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE GENOVA — Partecipazioni statali e porto sono i due pilastri portanti dell'economia genovese, una caratteristica che aveva finora preservato la citta dalla crisi industriale. Ora che l'Italsider, l'azienda leader delle partecipazioni statali, vacilla e il porto accusa cedimenti, Oenova si viene a trovare di fronte ad una realtà economica preoccupante. «Il futuro di Oenova ce 10 giochiamo nel porto» dice il sindaco socialista Fulvio Cerofolini. E' un grosso nodo da sciogliere. Il porto di Oenova è stato, assieme a quello di Marsiglia, porto guida nel Mediterraneo e il primo, nel 1969, ad avere un terminal per containers. Da tempo sta perdendo terreno, superato anche da altri porti italiani. I suoi mali sono: insufficienza di spazio, e di produttività, organizzazione del lavoro che si traduce in tariffe più alte di altri porti concorrenti. Per lo spazio il rimedio è in vista: il costruendo porto di Voltri, attiguo all'attuale. Ma quale lentezza burocratica, quale mancanza di programmazione politica e insufficienza decisionale. Lo vedremo più oltre. Le tariffe. Il porto dà lavoro a oltre 70 mila persone, di cui 11 mila dipendenti del Consorzio e della Compagnia unica che raggruppa gli scaricatori, e i rimanenti nell'indotto (officine, case di spedizioni, agenzie marittime, armamento, ecc.). Lo scalo produce un fatturato di oltre 1500 miliardi di lire all'anno, di cui 800 vanno allo Stato per diritti doganali. La funzionalità è regolata dagli accordi del binomio Consorzio e Compagnia unica. Qui ci sono slegamenti. Le nuove tecnologie non riescono ad abbassare le tariffe: anche se una gru può sbarcare un certo numero di tonnellate in pochi minuti con pochi uomini, la Compagnia vuole mantenere attive le sue squadre come se si scaricasse a mano, come una volta. I tempi tecnici sono in regola, le tariffe no. E' un argomento di grossa polemica e di battaglie vissu te. Ognuno ne parla con cautela. Dice il sindaco: «Non tutti i problemi del porto discendono dalle tariffe. Comunque anche le tariffe costituiscono un problema che va affrontato con apertura da tutte le componenti: lavoratori, operatori economici, en te pubblico». Dice Roberto Nason, membro della segreteria comprensoriale della Camera del lavoro: «Si sono registrati ritardi da parte del sindacato: occorre più elasticità contrattuale che possa permettere una maggiore produttività e una razionalizzazione del lavoro». Lo spazio. Le superaci portuali «a terra» sono di 225 ettari di cui appena 25 destinati ai containers mentre, a que sto scopo, Marsiglia ne ha 42, Livorno 111, Rotterdam 126, Le Havre 142, Amburgo 181. All'avanguardia nella creazione di uno scalo containers, Genova è riuscita a rimanere dal '69 al '71 seconda solo Rotterdam per il traffico di containers, poi, non avendo potuto sviluppare le sue at trezzature, è stata superata da Amburgo e Le Havre e da altri porti fino a perdere il primato mediterraneo a favo-1 re di Livorno e Marsiglia. Olà nel '67 una legge del Parlamento definiva «indif fe ribile e urgente» il nuovo bacino portuale di Genova-Vol-i tri. Questa insufficienza di spdimdesa101614tub1mptrtrtrteInnsmmtnm3Rm1 spazio ha fatto si che il porto di Genova abbia potuto aumentare nel decennio '70-'80 del 4% il proprio traffico, esclusi gli oli minerali, mentre altri porti hanno superato il 100%: Livorno 127, Ravenna 161, Marsiglia e Barcellona 143. Il progetto del bacino portuale di Voltri prevede una banchina rettilinea lunga 1400 metri con fondali di 15 metri, capace di ricevere, nel primo stralcio, fino ad otto traghetti e tre terminali attrezzati per contenitori, mentre la superficie disponibile a terra raggiungerà i 200 ettari. In un secondo stralcio i terminali diventeranno cinque e la superficie 270 ettari. Ogni terminale avrà la capacità di movimentare centomila containers all'anno. (Nell'80 Genova ne ha movimentati 257 mila, seconda a Livorno con 300 mila, Marsiglia 296 mila, Rotterdam un milione e 900 mila). Coraggiosamente, già nel 1970 Genova aveva iniziato la costruzione del nuovo bacino di Voltri, ma poi si è perduto un decennio perché i finanziamenti venivano con il contagocce. «E' mancato il senso dello Stato, la capacità di pro- grammare — dice Giuseppe Dagnino, presidente del Consorzio autonomo del porto—e di concentrare alcuni investimenti. Programmare vuol dire saper dire di si a qualcuno e di no ad altri, non di si a tutti e poi non concludere nulla. Solo adesso sembra si stia comprendendo che bisogna corrispondere i finanziamenti con continuità. Sono stati stanziati 129 miliardi per tre anni, ora abbiamo avuto i 43 dell'81. Se si potesse continuare senza interruzioni, il primo stralcio della prima fase potrebbe essere concluso in cinque anni e il porto sarebbe già funzionante». Anche il sindaco Cerofolini spera che ci si renda finalmente conto che il porto di Genova-Voltri non sarà essenziale solo per la città, ma per la Liguria, l'economia italiana, il Mediterraneo; per i traffici che Genova ha saputo fin qui acquisire e che deve ancora acquisire per non essere superata e sopraffatta. Remo Lugli

Persone citate: Cerofolini, Fulvio Cerofolini, Giuseppe Dagnino, Roberto Nason, Veltri