E dal Louvre sparì la Gioconda

E dal Louvre sparì la Gioconda Settantanni fa un imbianchino italiano rubò il «Leonardo» più celebre E dal Louvre sparì la Gioconda La mattina del 21 agosto il personale del museo diede l'allarme - Si pensò a un complotto internazionale e la polizia indagò per due anni: niente - Poi il ladro, Vincenzo Perugia, offrì la tela a un antiquario a Firenze - Monna Lisa tornò al suo posto, ma non fu mai chiarito il vero movente PARIGI — In questi giorni ricorre il settantesimo anniversano del furto d'arte più clamoroso del secolo: lunedi 21 agosto 1911 fu rubato al Louvre ti suo quadro piti pre■ztoso, la 'Gioconda^ di Leonardo da Vinci. Quasi a sottoleneare la ricorrenza, giunge dall'Inghilterra l'ennesimo libro sull'argomento. E'di Seymour V. Reits e s'intitola .The day they stole the Mona Lisa*, il giorno che rubarono Monna Lisa: un altro tentativo di ipotesi sullo svolgimento e sui supposti retroscena di una vicenda non del tutto chiara. Vediamo brevemente i fatti. Quel lunedi, nel museo chiuso al pubblico per il riposo settimanale, si svolgevano i consueti lavori di pulizia e di riassetto. Alle 7,30 la 'Gioconda» era ancora al suo posto, nel Salon Carré, tra un Tiziano e un Correggio. Poco dopo quello spazio era vuoto. Quando si scopri che il dipinto era stato proprio rubato e non semplicemente spostato dal personale del museo, fu dato l'allarme; ma era ormai troppo tardi. Le ricerche fecero ricuperare solo la ricca cornice, nascosta in un sottoscala. Il 23 la notizia esplodeva sui giornali di tutto il mondo. Sorpresa, costernazione, polemiche a non finire: la gente faceva la fila davanti all'impronta chiara lasciata dal quadro sul muro del Salon Carré. Mentre la polizia, tra interrogatori e indagini, non riusciva a cavare un ragno dal buco, le congetture sui committenti del furto appassionavano l'oponione pubblica. Tra gli altri, si faceva il nome di D'Annunzio. Secondo alcuni si trattava di un complotto internazionale: per molti era sicuro che in tutta la faccenda ci fosse lo zampino dei tedeschi. Passano due anni e di Monna Lisa neanche l'ombra. Il 29 novembre 1913 l'antiquario fiorentino Geri ricevette una lettera sorprendente: un certo Léonard diceva di essere in possesso della 'Gioconda* e gliela offriva in vendita; slt spiegava anche che al furto l'aveva spinto lo spirito patriottico: l'Italia doveva essere ripagata delle razzie napoleoniche. Incuriosito. Geri rispose che sì, l'affare lo interessava, e fissava un appuntamento a Firenze. Dodici giorni dopo il •signor Léonard-, un ometttno dalla faccia giallognola, mostrava con orgoglio a Geri e al professor Poggi, soprintendente agli Uffizi, la tavola leonardesca, che teneva nascosta in un mucchio di stracci e di biancheria sporca Naturalmente la storia fini in questura: si scopri che il signor Léonard si chiamava Vincenzo Perugia, che era nato a Dumenza. vicino a Como, faceva l'imbianchino e abitava a Parigi in rue de l'Hópital Saint-Louis. Perugia raccontò che il furto era stato facilissimo: vestito da decoratore si era mescolato agli altri operai del Louvre, aveva staccato il quadro dalla cornice (che poi mise in un sottoscala) e se l'era portata via nascondendolo sotto la camicia. Riconosciuto non del tutto sano di mente. Perugia fu condannato a solo un anno e quindici giorni di reclusione. Anche al processo il Perugia insistette nel giustificare il suo gesto con l'intento di restituire alta patria almeno uno dei quadri predati dai francesi in Italia; forse non sapeva che la •Gioconda', anche se era stata appesa nella camera da letto di Napoleone, si trovava in Francia da quasi cinque secoli. Era certo un tipo candido e forse un po' matto, ma doveva avere nervi saldi: quando la polizia francese, che indagava su quelli che avevano avuto a che fare con il museo, perquisì anche la sua squallida abitazione, la tavola della 'Gioconda' era appena coperta da una tovaglia, sul tavolo della cucina. Oggi il furto della -Gioconda' sarebbe impensabile. Nella Sulle des Etats Monna Lisa sorride misteriosa, ironica e vagamente beffarda, custodita da antifurti sosftsticatissimi. imprigionata in una teca di cristallo antiproiettile che regola anche, giorno e notte, temperatura e umidità. Monna Lisa gode di ottima salute, ci assicurano i responsabili del museo. Ogni anno viene radiografata e sottoposta a un check-up completo. All'interno della sua prigione di cristallo. Monna Lisa é al riparo dai furti, dai gesti iconoclasti, ma anche dall'eccessivo entusiasmo dei suoi ammiratori, che vorrebbero baciarla, abbracciarla, accarezzarla. E' una specie di follia collettiva. Le lettere che giungono ogni giorno sul tavolo del diretto, re del Louvre, André Cha- baud. potrebbero fornire materiale per un manuale sulla mitomania: uomini di tutte le età si dichiarano perdutamente innamorati della 'Gioconda', la sognano ogni notte, vorrebbero essere assunti come custodi solo per poter -trascorrere intere giornate in estasi davanti a Monna Lisa-. Non per niente Duchamp. Dali, Léger (e quanti altri ancora?) hanno scelto proprio lei. simbolo consacrato e osannato del Capolavoro, per di /e re l'arte tradizionale: le <•. no messo l baffi e storlo gli occhi. Di fronte alla tavola di Leonardo, seduto davanti a un cavalletto, incurante del frastuono intorno. Antonio Sin. veneziano ottantaseienne, esegue la sua duecentoventinovesima copia della Gioconda: la prima è del 1916. Tutto ciò che riguarda la • Gioconda- é oggetto di interesse talvolta morboso. Prima di tutto, l'identità del personaggio. Per il Vasari, il celebre quadro rappresentava Monna Lisa, moglie ventiquattrenne di Francesco del Giocondo, ritratta da Leonardo nei primissimi anni del '500. Altri fanno i nomi di Costanza d'Avalos. duchessa di Francavilta. di Isabella d'Este. di Pacifica Brandano. giovane e bellissima. Dedora, amante di Giuliano de' Medici Per qualcuno il famoso sorriso non apparterrebbe a una donna, ma a un uomo travestito: chi avanza questa ipotesi ammicca alle -tendenze particolari' del grande maestro. Alimentato da sempre nuove aggiunte, il mito della .Gioconda' ha assunto proporzioni gigantesche e generato studi e iniziative di rara stupidità: i giapponesi hanno ricostruito la 'Sua' voce, un ingegnere ha calcolato quante 'Gioconde, occorrerebbe mettere in fila per completare il giro della Terra. Intanto, un posto davanti al celebre quadro è un privilegio da conquistare a gomitate e a spintoni. Il Louvre ha molti, moltissimi visitatori: troppi. La domenica, pare di essere in una grande stazione alla vigilia di Ferragosto. In cima al primo scalone, la Vittoria di Samotracia sembra collocata li. all spiedate e vesti al vento, ad affrontare l'assalto dei visitatori. .Siamo giunti a un punto di saturazione., dice il direttore André Chaband, e i dati che ci fornisce gli danno ragione. Il museo ha quattro milioni di visitatori l'anno. Sulla cifra totale, gli stranieri sono il 70%. ma la percentuale sale fino al 90% nei mesi estivi. Pochi i francesi, pochissimi i parigini Nei periodi di grande affluenza, entrano al Louvre non meno di 40.000 persone al giorno: quando il museo é .vuoto., non si scende al di sotto delle 5000 presenze. Ciò crea problemi si sicurezza; da otto mesi André Chabaud é affiancato da un direttore aggiunto, colonnello dei pompieri. I musei tradizionali sono costituiti secondo due criteri diversi: o si tratta di collezioni formate da sovrani, e riflettono il loro gusto personale, o sono raccolte enciclopediche, con esempi dell'arte di tutti t tempi. Alla prima categoria appartengono, fra gli altri. lErmttage. il Prado. Pitti; alla seconda la National Gallery di Londra e. in prevalenza, i musei americani e tedeschi. Il Louvre è tutte e due le cose: una raccolta reale, che deriva dalla collezione di Luigi XIV. e più indietro nel tempo, di Francesco I. integrata, a partire dall'800. con una vivace politica di acquisti. Per quanto riguarda la pittura, il panorama offerto dal Louvre, anche se non é quantitativamente il ptU ricco, e il più completo del mondo. Quella politica continua tuttora; per chi é abituato alla povertà cronica dei musei italiani, il meccanismo delle acquisizioni del Louvre è affascinante. Gentilissimo e paziente. Pierre Rosenberg. Conservatore del Dipartimento della Pittura, ce lo illustra sommariamente: .Molte opere ci vengono regalate, fortunatamente esiste ancora un'importante tradizione di doni che non si limita però soltanto al quadri. Riceviamo denaro, appartamenti, beni mobili e immobili. Il museo possiede anche delle foreste nel Canada. E: tutto Insieme, un patrimonio abbastanza grande che amministriamo oculatamente: i profitti servono per gli acquisti. Poi ci sono t proventi del biglietti di ingresso (il costo e di circa 2000 lire) al museo, alle mostre temporanee e il ricavato delle vendite dei cataloghi.. Ma la maggior parte del capolavori giunge al Louvre attraverso il meccanismo della -dottori, la legge promossa da discara d'Estuino nel 1968. quando era ministro delle Finanze. I francesi possono pagare le tasse di successione sotto forma di opere d'arte: attraverso un notaio si inoltra al ministero la relativa domanda, che viene vagliata da una serie di commissioni. Silvia Rosa-Brusln il cortile centrale del museo del lx>uvre. dove è tuttora convenata la Gioconda di I xi s minio