Le cento marionette di Podrecca senza lavoro cercano un «padrino» per non morire di fame

Le cento marionette di Podrecca senza lavoro cercano un «padrino» per non morire di fame Le cento marionette di Podrecca senza lavoro cercano un «padrino» per non morire di fame Anche il teatro delle marionette ha bisogno di padrini? Ecco una storia amara della Torino di oggi, dove un uomo -e una donna che hanno scelto di dedicare la loro vita agli spettacoli per i bambini, vivono in condizioni di disperazione per essere tenuti ai margini di tutti i circuiti .culturali- Ufficiali. Una storia di sofferenze e di rabbia che ha anche un risvolto umano: l'uomo i un handicappato. Lui. Emilio Serdoz. 44 anni, via Primule 12: lei Giuseppina, qualche anno di meno, grandi occhi marroni, un'unica passione: le marionette. Sono marito e moglie dall'anno scorso. Una storia d'amore nata dietro le quinte di piccoli teatri parrocchiali: il pubblico degli oratori, le sedie un po' consumate della platea, il palcoscenico, le luci, la voglia di lavorare e creare qualcosa di nuovo nel mondo dei burattini. Hanno fondato una compagnia (»'L teatro die masnà d Turin», il teatro dei bambini di Torino! dove lavorano sette persone; possiedono un patrimonio che fa gola a qualsiasi collezionista: mille fra marionette e burattini; e poi costumi, scenari. Eppure per loro a Torino non c'i spazio. «Siamo i soli in Italia, con 11 Teatro Stabile del Friuli — dice Serdoz — a possedere cir¬ ca 100 marionette di Podrecca*. Una rarità artistica e culturale. Appartenevano a Vittorio Podrecca. un marionettista famoso vissuto agli inizi del "900 e sono in grado di fare qualsiasi movimento. Camminano, saltano, ballano, si inrhinano. • Le abbiamo comprate a Portobello. la trasmissione televisiva — racconta Serdoz —. Abbiamo sentito l'annuncio e siamo corsi a Milano. I proprietari le volevano vendere, cosi mia moglie ed lo ci siamo fatti avanti. Erano in tanti a volere quelle marionette: antiquari, collezionisti, gente di spettacolo. Alla fine l proprietari hanno deciso di venderle a noi. perchè sapevano che le avremmo di nuovo fatte "vivere" in teatro*. Serdoz racconta. Giuseppina ascolta. E una punta di commozione traspare negli occhi. Per pagare quelle marionette, tanto desiderate, hanno dovuto sborsare 10 milioni in contanti. Si sono indebitati. A pranzo e a cena mangiavano cappuccini e brioches. e intanto i creditori si facevano sentire e U telefono squillava. Alla fine ce l'hanno fatta. Ma per pagare i debiti hanno dovuto rimandare di due anni il matrimonio. Tempi duri. Con quale risuffafo? Che tutti I sacrifici si sfanno sbriciolando fra le mani. «Avevamo fatto un investimento perchè credevamo di poter lavorare. E invece Invece hanno trovalo troppe porte chiuse. In una città dove l'attività culturale pubblica e legata a doppio filo alla politica. Serdoz non ha trovato .padrini, a proteggerlo. Proprio lui, persona mite e handicappata, che non chiede assistenza, ma soltanto il diritto di lavorare e far vedere quello che vale, si i trovato di fronte a un muro. Troppo alto per le sue forze. Tira fuori da un cassetto un mucchio di fogli. Sono lettere, suppliche, richieste di incontri con gli assessori. Come questa: «In qualità di fondatore e di- rettore del "Teatro die masna d Turin" chiedo, se possibile, di essere inserito nel cartellone dei Punti Verdi o di Estate Ragazzi. Lo spettacolo, per la sua varietà può essere adatto sia ai ragazzi sia agli adulti». Non gli hanno risposto. Serdoz non può nemmeno organizzare spettacoli per le scuole perché tra i cento canali del .Quarto dipartimento degli assessorati Cultura, Istruzione e Tempo libero., per lui non c'i posto. Ha fatto anticamera per anni. «L'anno scorso il Teatro Stabile mi ha assegnalo 10 recite. 5 quest'anno, ma che cosa sono 15 pomeriggi di lavoro di fronte a 4 anni di richieste? Basterebbe vedere come sono distribuiti gli in- carichi: altre compagnie lavorano tutto l'anno e hanno fior di finanziamenti. Io no». «Il 28 luglio ho potuto finalmente incontrare gli assessori Alfieri e Artesio. e li ringrazio, perchè si sono impegnati a rimediare al mio isolamento culturale. Ma temo che 11 discorso vada per le lunghe. Non ho più soldi per pagare 1 sette ragazzi della mia compagnia, non ho un furgone per trasportare le mie marionette. Mia moglie e io siamo ridotti alla fame*. Forse per Serdoz si apre uno spiraglio. Ma per quanti altri mesi la sua compagnia riuscirà a .resistere»? Nel 76 faceva il teatro dei burattini e raccontava la favola di Pinocchio in un locale di via San Donato. Arrivarono dei giovani che dicevano di parlare a nome del comitato di quartiere: .11 suo Pinocchio è troppo vecchio, bisognerebbe tarlo più moderno. Perchè non . gli mette la tuta da operaio?.. Dice Serdoz: - Io sono un cattolico: non ho mai fatto del male a nessuno. E' con le lacrime agli occhi che racconto la mia storia, ma non ne posso più*. C'i qualcuno che in questa Torino civile e democratica gli può dare subito una mano? m. ». Nessuno può aiutare le marionette del «Teatro 'die masna I

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