Nostalgia della Grecia di Gianni Vattimo

Nostalgia della Grecia EREDITA, MISTICISMO, CRISI DI UNA CULTURA Nostalgia della Grecia SANTORIN1 - Quasi dieci anni consecutivi di vacanze d'estate in Grecia: se ci fosse un premio di fedeltà turistica potrei candidarmi con buone probabilità di successo. Eppure, sempre più acuta l'impressione di non aver capito, di non aver fatto attenzione alla cultura della Grecia di oggi (non saprei elencare quattro scrittori greci contemporanei, quattro pittori, ecc.; l'unico nome che mi viene è quello di un grandissimo poeta, Kavafis, ma è un po' poco) e di aver oscillato, come la massima parte dei turisti, estivi e no, tra l'ammirazione scontata per i resti della civiltà greca antica e quella per la bellezza dei luoghi, i villaggi delle isole, la luce incomparabile dell'Egeo... 1 greci stessi, del resto, contribuiscono a mantenere questa situazione di comprensione un po' convenzionale della loro cultura: soprattutto ora che la Grecia è entrata nel Mercato comune, il desiderio di completa omogeneizzazione con la cultura dell'Europa Occidentale (desiderio che. verosimilmente, ha le sue radici nella lunga lotta contro la dominazione turca dei secoli passati) si esprime anche come tendenza a cancellare, o a mettere fra parentesi, ogni identità culturale della Grecia di oggi, a vantaggio di un generico processo di modernizzazione, che ha spesso i caratteri del nostro boom dei primi Anni Sessanta (la gran moda, tra i giovani di Atene, è quella delle corse in moto o in automobile per la città fino al mattino). Si impone cosi uno schema, prima pratico ed economico che teorico e culturale, per cui la modernizzazione equivale a livellare tutto ciò che e fisionomia culturale tradizionale sul piano dell'arretratezza che si deve superare Tutto ciò conferma e rafforza l'immagine euristica»della Grecia: il turista gode ancora, infatti, gli ultimi vantaggi legati all'arretratezza: prezzi nonostante tutto assai più ragionevoli che nel resto dell'Europa, spiagge ancora relativamente pulite e talvolta poco affollate, ospitalità «tradizionale», un po' di folklore: e ammira — come in un museo straordinariamente ben situata ma del tutto isolati nella loro culturale astrattezza — i resti della grande arte e cultura antica, con i quali i greci di oggi sembrano avere una relazione del tutto casuale appunto come quella di un guardiano di museo con i tesori che custodisce. * * Ad Atene, per andare dal cenno «moderno» che è la piazza Omo ni» (che vuol dire concordia) all'Acropoli, la strada più diretta e la via Athinas (via Atene, o via di Atena, la dea della sapienza da cui la città prende nome). Questa via è un po' il simbolo di tutto ciò che la visione «turistica», o anche puramente archeologica della Grecia, salta e trascura: è infatti la via dei grandi mercati coperti, di tutta una serie di traffici da bazar mediorientale: intorno a via Athinas ci sono gli alberghi a ore della prostituzione più sgangherata, ma anche numerose chiese ortodosse, alcuni insigni monumenti di arte bizantina, che non sono meno seriamente e intensamente frequentate che i negozi e gli alberghi, e dalla stessa gente. Anche l'accostamento di commercio, traffici vari, presti- timone e religiosità sembra rientrare facilmente nello schema della cultura dell'arretratezza; ma è uno schema, ancora una volta, semplificatorio. In Athinas si può invece cercare di leggere una traccia delle due eredità culturali che caratterizzano, insieme a quella più remota, classica e ellenistica, la cultura greca di oggi, e cioè l'eredità bizantina e l'altra — che i greci, con ottime ragioni, non riconoscono volentieri —, quella turca. Se quest'ultima si riconosce soprattutto nella vita quotidiana, nello stile del commercio, nella lentezza della burocrazia, nella cucina, l'altra è più sensibile al livello alto della cultura, e segna di più. per esempio, il paesaggio architettonico: a parte Atene, le belle città greche, Salonicco o certe cittadine dell'interno (come Kastoria, fino a pochi anni fa), sono molto intensamente segnate dall'architettura bizanti- Ma sia l'eredità culturale «turca», sia quella «bizantina», nella cultura contemporanea, non solo greca, tacciono. Di qui viene probabilmente l'impressione di «lingua tagliata» che fa la cultura greca di oggi. Che taccia e sia rimossa, per i greci, l'eredità culturale turca non fa meraviglia, se si pensa alla storia delle lotte per l'indipendenza greca, ma anche al caso ben vivo di Cipro, occupata per una larga parte dai turchi, che a livello di politica internazionale e congelato e dimenticato. Tace tuttavia anche, per motivi diversi, nel quadro generale della cultura contemporanea, l'eredità bizantina, la tradizione di pensiero del cristianesimo ortodosso. Qui le ragioni sono più complesse, ma probabilmente vanno connesse alla condizione di «chiesa del silenzio» che vive in Unione Sovietica la Chiesa ortodossa russa; il silenzio dell'ortodossia russa (rotto solo da poche voci) si riverbera anche sull'ortodossia greca. Mentre c'è. nel dibattito culturale contemporanco una chiara presenza cattolica e protestante — non solo a livello teologico, ma anche nel campo filosofico —. è difficile indicare qualcosa di analogo per quanto riguarda la tradizione ortodossa. Può darsi però che non si tratti solo di contingenti ragioni politiche legate alla situazione dell'Unione Sovietica; ma che gli stessi contenuti della tradizione del cristianesimo ortodosso non siano omogenei con le forme di civiltà e la mentalità che si sono imposte nell'Europa moderna anche ad opera del pensiero cattolico e protestante. Questa ipotesi si fa strada in chi abbia passato qualche giorno in quel centro della religiosità greca che è il Monte Athos, la penisola della Grecia del Nord che costituisce una repubblica autonoma formata da una ventina di monasteri e retta da un governo teocratico. Ciò che colpisce immediatamente nella religiosità dei monaci dell'Athos e una forma di annichilimento dell'esteriorità molto più intenso che in qualunque monastero cattolico: quando i monaci si sdraiano per baciare il pavimento in segno di umiltà, baciano davvero il pavimento, senza tappetini o altri ammennicoli rituali cui siamo abituati noi cattolici; la povertà in cui vivono è. almeno pare a me. una povertà molto più letterale di quella dei monaci e frati cattolici: e cosi via. Non che questo — moralisticamente — sia un segno di maggiore fervore o impegno religioso, o almeno non è questo che mi importa sottolineare. Q fatto è. invece, che la tra¬ | dizione religiosa, e soprattutto ' mistica, orientale appare molto meno «costruttiva» di quella occidentale rispetto all'ordine mondano. E inudle qui scomodare le tesi di Max Weber sulle origini dello spirito capitalistico nella mentalità calvinista, più familiare a noi italiani è tutta una tradizione di religiosità e di moralità cattolica moderna che si impegna attiva- mente nella costruzione della «città terrena» (economia, politica, cultura) per la maggior gloria di Dio. E vero che il religioso gesuita, per esempio, deve ridursi «come cadavere», cioè abdicare a ogni volontà propria per sottomettersi totalmente a Dio: ma poi questo annichilimento della sua volontà si trasforma nell'obbedienza al «generale» dell'ordine, il quale lo impe- j gnerà in una strategia di costruzione mondana. Nel monaeh esimo orientale, questa riduzione -a cadavere» è molto più ; letterale, non sopporta alcuna trasformazione. mediazione, formalizzazione rituale e stori-1 camente «costruttiva». E verosimile perciò che una tale tradizione religiosa taccia naturalmente nel dibattito culturale contemporaneo. in quanto non ha molto da dire sui problemi di una cultura sostanzialmente mondana come quella che caratterizza la modernità occidentale Oggi, però, che questa cultura parla sempre più spesso di crisi delle proprie strutture concettuali portanti, ci si potrebbe aspettare che proprio da una tradizione «altra», come quella del cristianesimo ortodosso (che è un «Oriente» un po' più vicino a noi e meno esotico di quello dell'India), vengano indicazio¬ ni e prospettive di rinnovamento. (Sono aspettative di questo tipo che hanno stimolato cene recenti traduzioni italiane di testi di autori russi, come Rozanov o Florenskij). Ma, appunto, la Grecia di oggi sembra invece soprattutto preoccupata di omogeneizzarsi con l'Occidente, cancellando o comunque lasciando sbiadire tutti questi tratti peculiari della sua identità Forse è fatale che anche qui la modernizzazione passi attraverso la riduzione di ogni identità culturale a residuo di arretratezza contadina. E' già successo in tanti altri Paesi: ma che si tratti della Grecia aggiunge qualcosa di diverso. La nostalgia per la Grecia di cui è vissuta tanta cultura europea degli ultimi secoli v dagli umanisti all'età di Goethe a Nietzsche a Hofmannsthal; sembra assumere oggi una nuova forma. Come per i classicisti e romantici del passato, anche per noi la Grecia — questa volta la Grecia contadina dei film di Anghclopoulos e quella mistica dei monaci dell'Athos, nella quale vive ancora, per vie ignorate dal classicismo, anche l'eredità antica — resta l'immagine di una alternativa imngiungibtlccheci inquieta e ci giudica. Gianni Vattimo Alene. Un particolare dell'Acropoli. Con la loro antica cultura i truci sembrano avere oggi una relazione casuale

Persone citate: Florenskij, Goethe, Kavafis, Max Weber, Monte Athos, Nietzsche, Rozanov