Sesso sotto chiave di Luigi Firpo

Sesso sotto chiave Cattivi Pensieri Sesso sotto chiave Quando nei secoli futuri (ma ce ne saranno?) gli storici temeranno di definire questo nostro tempo scardinato e boccheggiante, lo chiameranno forse «l'età delle aspettative crescenti*. E' del tutto giusto e umano che tulli vogliano sempre di più. perché questa c la molla che muove il mondo, ma i prodigi della rivoluzione industriale hanno diffuso l'illusione che tutto sia facile, disponibile e a portata di mano, basta che lo si voglia e lo si chieda. In questa marea montante di rivendicazioni, pretese e «diritti» non sorprende perciò scoprire anche le richieste dei carcerati, una categoria certo non privilegiata, che in questi giorni invoca fra l'altro, se non proprio la liberta in assoluto, almeno quella sessuale. Per capire quel che succede bisogna, come sempre, risalire alle orìgini e porsi una prima domanda: cioè se la pena, una qualsiasi pena, sia giusta, necessaria e senza alternative. La risposta è si. perché gli uomini non sono naturalmente buoni e l'idea che bastino la coscienza e l'educazione a tenere a freno gli istinti di ciascuno é un'idea astratta e pericolosa. Se non c'é riuscito in 2000 anni il Cristianesimo, vuol proprio dire che non ci riuscirà nessuno. Dunque si tratta di trovare un punto d'incontro fra amore (del dovere) e paura (del castigo), fra moralità libera e legalità coatta. Escluse la pena di morte, quella del taglione, la tortura e altre amene usanze, come la mutilazione simbolica (taglio delle orecchie al falsario, della mano destra al ladro, della lingua al bestemmiatore), si é giunti a ricusare la pena afflittiva, intesa a far soffrire il colpevole quasi vittima di una rappresaglia sociale. Sono rimaste cosi in discussione la tesi della pena come severa trafila di rieducazione e ricupero, e l'altra, della pura e semplice segregazione dalla comunità, che un delinquente a piede libero terrebbe sotto la sua potenziale minaccia. Entrambe le concezioni hanno in comune il concetto che il colpevole debba essere privato della libertà, sia come mezzo per raggiungere lo scopo proposto, sia come deterrente per gli incensurati, essendo la libertà universalmente sentita come bene prezioso. Così tutti sono contenti: chi si propone di educare ha l'educando a portata di mano: il segregatore ha il reo sotto chiave: il punitore infligge una pena incruenta, ma non per questo meno dolorosa. Nel mondo, non a caso, sulla soluzione carceraria tutti sono d'accordo (tranne, s'intende, i carcerali), ma subito il problema si ripropone: quale tipo di carcere? Certo, non prigioni come le nostre, allogale in vecchie fortezze o in monasteri cadenti, affollate, promiscue, governate da cosche malandrine, teatro quotidiano di assassinii. violenze e suicidi. Ma se non è più tollerabile la cella con quattro brande, il bugliolo, la gamella per la snobba, le cimici, che dire della cella privata con tendine ricamate, servizi riservati, televisore a colori, menù a scelta, partita di calcio e permesso di libera uscita, che Paesi più ricchi e umanitari vengono proponendo? Se cosi fosse il carcere, quanti non vorrebbero farsi un mese di ferie tranquille e gratis a Regina Coeli o all'Ucciardone? Adesso c'é la richiesta del sesso liberato. Si denuncia la privazione forzosa come una pena che la legge non prevede, e perciò abusiva. Si getta in faccia alla società ipocrita la realtà squallida della sessualità dei reclusi: stupro omosessuale, masturbazione, pornografia. Si chiede libertà di incontri, anche solo affettivi. E' giusto concederla? E se é giusto, é di fatto possibile? La repressione del sesso non fu mai concepita conte pena, neppure accessoria, ma solo come conseguenza inevitabile della segregazione dal mondo e delia separazione dei sessi prati¬ cata un tempo, con maniacale puritanesimo, anche nella società civile. Il modello del carcere tendeva inconsciamente a ricalcare quello del convento di clausura, salvo solo il punto della vocazione. Vogliamo celle comuni per uomini e donne alla rinfusa? Succederebbe Sodoma e Gomorra. Celle matrimoniali con brande a due piazze? Bungalow nel cortile, possibilmente civettuoli, da concedere a ore? E non sorgerebbe cosi una discriminazione anche più intollerabile fra il carcerato ammogliato e lo scapolo, il bullo bello e danaroso con ragazze in lista d'attesa e il povero diavolo abbandonato dalla moglie, che potrebbe aspirare soltanto a qualche mercenaria a tariffa di liquidazione? E gli agenti di custodia accetterebbero di regolare i turni, o dovrebbero anche rimboccare le coperte e procurare dallo spaccio pillole, spirali e generi di conforto? Leggevo l'episodio commovente del carcerato che nell'ora di visita ha saltato il bancone per abbracciare la moglie, respirarne il calore, e quello dell altro, che vuol ricevere i suoi bambini, giocare cor loro. Ma. dopo, chi li spoglia nudi, chi li passa ai raggi X per vedere se qualche moglie tenera non ha per caso fatto scivolare una lima, un coltello, se quegli innocenti non avevano una Colt nel panierino della merenda? Solo i permessi, brevi, sorvegliati e meritati, possono contribuire a risolvere il problema del sesso nel carcere, riconducendolo fuori del carcere, nella gelosa sfera del privato, che é l'unica in cui esso abbia un senso. Per il resto, si facciano pure carceri nuove, più efficienti e umane, ma non si creda di avviare il riscatto dei deviami solo con celle più linde o cancelli cromati. Quello che occorre risolvere nelle prigioni é il problema del lavoro: obbligatorio, serio, rimunerato a tariffe sindacali, tale da colmare le giornate vuote, i vaneggiamenti e la noia. Tale da far capire finalmente come, vive la gente comune, onesta, che si guadagna il pane con le proprie mani inermi, e non ruba, non truffa, non-rapina, non uccide. La gente che dovranno im parare a rispettare, se vorranno tornare a essere uomi ni liberi. J di Luigi Firpo

Persone citate: Cattivi Pensieri