Neve d'estate sul vello delle pecore

Neve d'estate sul vello delle pecore ALLE SOGLIE DEL DUEMILA SI RINNOVANO RITI SECOLARI Neve d'estate sul vello delle pecore E* accaduto sull'Altopiano di Asiago giorni fa - «Quest'anno non c'è erba» - Ma non è per questo che i pastori trentini della Valsugana non sono saliti a pascolare sul loro versante: hanno smesso la pastorizia e tra cinque o dieci anni smetteranno an che quelli veneti - Il loro sacrificio non viene ripagato, più nessuno si interessa dei loro problemi - La lana e i mercanti ALTOPIANO DI ASIAOO — Ci sedemmo sui sassi davanti al ricovero, al sole caldo dei duemila metri, e ricordai un giorno di febbraio quando in questo baito di pastori venni a rifugiarmi dalla tormenta che levava il respiro. Le pecore stavano sdraiate vicino alla poeta dell'acqua piovana e gli asini sostavano in piedi all'ombra delle rocce; l'asina gravida, per liberarsi dal fastidio delle mosche, era invece entrata in una galleria scavata dagli Austro-ungarici per ripararsi dalle bombe che quassii. ne II'ormai lontano 1917. scaraventavano le artiglierie italiane dalle montagne a sud. Un cane dagli occhi splendidi per intelligenza e mansuetudine era venuto a posare la sua testa sulle mie ginocchia e per compensarlo della sua dimostrazione d'affetto lo grattavo dietro la nuca e sotto la gola. — Vedi — mi diceva Alberto — le pecore quest'anno hanno una bellissima lana, bianca, lunga e morbida. Ma cosa ce la pagheranno a settembre i mercanti?Sarei contento di ricavare duemila lire al chilo, cosi riuscirei a pagare l'affitto del pascolo al comune e avanzare qualcosa per me. In primavera ho spuntato milleottocento lire, ma se tua moglie va in un negozio e compera questa stessa lana filata per farti una maglia, la paga duemila e più lire all'etto. Ti sembra giusto questo? — Cosi è per la lana — dicevo—ma per la carne è differente. Le patire, oltre che essere da lana, sono pecore da carne, e la carne ripaga... Gli agnelli di queste pecore di razza • Fare • fecondate dai montoni bergamaschi, in un anno raggiungono i settanta chili di peso vivo, corrispondenti a quaranta netti, e al prezzo attuale il pastore ricava oltre centomila lire a capo. Ma solamente i maschi vengono castrati per l'ingrasso, le agnelle vengono tenute per Ut rimonta del gregge; non sempre, però, la carne dei castrati è gradita sul nostro mercato e qualche volta prende la strada dell'estero: a questa carne squisitissima e sana, alimentata con l'erba dei duemila metri e purificata dall'aria delle cime, si preferisce la scialba .fettina, di vitello ingrassato al chiuso e con i mangimi. In questo campo succedono dei fatti apparentemente «frani che stanno a cavallo tra progresso e tradizione: ho conosciuto un industriale veneto che per la mensa della sua casa faceva allevare in alta montagna, anno per anno, un piccolo armento di castrati; e un nobile con l'hobby dell'allevamento che fece venire in aereo dall'Inghilterra pecore e montoni selezio¬ nati da carne, che poi fece pascolare quassù, con l'intenzione di creare una industria di tortellini alla carne di pecora per esportarli poi sulte tavole di Londra. (I tortellini fatti con altra carne pare non abbiano avuto successo). Ben altra importanza, invece, assume l'esperimento, seppure molto costoso, di un laniere di Borgosesia che dalla lontana Tasmania ha fatto arrivare un gruppo di Conno. seleziona fissimi ovini ottenuti accoppiando montoni Corriedale con pecore Superfine Saxon Merino; sono questi capi di grande pregio e di sicuro avvenire sia per la qua- i i lità della fibra quanto nessu- \ n'altra sottile, morbida e resistente 120-23 micron e ancora meno negli incroci valsestani.'). che per resa di carne. Gruppi di queste Conno sono stati pure acquistati dai cinesi, dagli americani e dagli argentini e non può che far piacere sapere chi un nostro imprenditore che crede nell'allevamento e nell'industria della lana (che e antica quanto il mondo!) e stato il primo in Europa a prendere questa iniziativa. Ora questo gregge pascola appena sotto i ghiacciai del Monte Rosa, con risultati che danno molto a sperare e che ripagano la \ passione e la fiducia. Queste cose le raccontavo ai miei amici pastori. Maurizio, che e giovane e che solamente da tre anni ha scelto l'arte della pastorizia, ascoltava con grande interesse e guardava le sue rustiche pecore stese a ruminare forse pensando alle favolose Cormo. anche un ragazzo che era venuto da Cima Portale, dove a guardare il gregge apepa lasciato il padre, stava ad ascoltare attento appoggiato al bastone: apepa camminato fino qui per vedere un suo cane a scuola dagli esperti. Maurizio e il ragazzo, dopo aver bevuto due sorsate d'oc- qua. presero da una grossa borsa una siringi per pun turare una decina di pecore con la medicina contro la malattia dei piedi. Con il cane • maestro, in un attimo isolarono gli animali prescelti e benché pesanti a Maurizio veniva facile rovesciarli sul dorso e iniettare /'anfibiofico. Venne poi a sciogliere il cane •allievo, che era legato a un grosso sasso, era lo stesso cane che gli avevo visto camminare accanto quando passarono sotto casa, e si avviò per condurre il gregge verso un alto pascolo ancora vergine. Nel muovere gli animali il cane commise due errori, con un suono gutturale e sonoro venne richiamato e il cane • maestro- a un cenno di Alberto provvide a rimediare. — Vedi — mi diceva Alberto — a causa della poca neve che è caduta nello scorso inverno, quest'anno non abbiamo erba da far pascolare. Ogni stagione deve avere il suo corso e per questo siamo costretti a pascolare in anticipo sulle montagne più alte... Oli altri anni, di questo tempo, si potevano ancora vedere nei canaloni e nei luoghi posti a tramontana grandi macchie di neve, ma nei solivi l'erba era verde e rigogliosa; quest'anno non c'è neve ma non c'è neanche erba: sul terreno nudo il freddo l'ha bruciata e dove le pecore apepano sostato per concimare il terreno il letame non si è sciolto. Cosi l'erba non cresce perché la neve non ha protetto la cotica, non cresce perché la primavera i stata secca e dopo le piogge di fine maggio sono venute le brine. Il 12 luglio è nevicato sopra le pecore. Da tre anni t pastori trentini della Valsugana non salgono più a pascolare il loro versante, non perché non vengono ma perché hanno smesso la coltura della pastorizia, e tra cinque o dieci anni, dice Alberto, smetteranno anche i pastori veneti. Il sacrificio non viene ripagato, è sempre più difficile camminare lungo le strade e più nessuno si interessa ai loro problemi: non è sufficiente la passione per una vita randagia e libera quando tante tentazioni premono per una vita più facile e comoda. Ma non credo che per atte-. sto i pastori finiranno di fare i pastori perché ci sono ancora quelli che hanno nel sangue da infinite generazioni la passione per questo mestiere che è quasi un'arte. Anche /fino Tagliaro qualche anno fa apeva smesso per lavorare da agricoltore in una fattoria che i suoi avevano comperato con il reddito della pastorizia, ma recentemente ha ricomperato le pecore che aveva venduto e il prossimo anno lo rivedrò passare verso le antiche montagne con il suo gregge. Come un re. Mario Rigoni Steri» Fiocchi di neve fuori stagione sorprendono un gregge al pascolo (Foto «La Stampas-Piero De Marchis)

Persone citate: Mario Rigoni, Piero De Marchis

Luoghi citati: Asiago, Borgosesia, Europa, Inghilterra, Londra