Caro-dollaro e petrolio stanno portando il deficit commerciale a 25.000 miliardi di Mario Salvatorelli

Caro-dollaro e petrolio stanno portando il deficit commerciale a 25.000 miliardi Intervista con il ministro del Commercio estero, Nicola Capria Caro-dollaro e petrolio stanno portando il deficit commerciale a 25.000 miliardi «In tre anni perduto il 25% di competitività» - «Patto antì-inflazione per mantenere convenienti i nostri prodotti» ROMA — La situazione del nostro commercio con l'estero si aggrava. Se la tendenza dovesse continuare, a fine anno potremmo registrare un passivo di 25 mila miliardi di lire, contro il già pesantissimo disavanzo di oltre 18 mila miliardi del ISSO. Di fronte a queste cifre anche la recente conversione In legge del decreto per il sostegno alle esportazioni, sembra che non possa avere più effetto di una goccia d'olio versala In un mare in tempesta. Ne parliamo con II ministro per il Commercio con l'estero. Nicola Capria. •Sull'aggrat^amento della bilancia commerciale — ci risponde — pesano essenzialmente due fattori: le importaeioni energetiche e l'aumento del dollaro. Il deficit complessivo, infatti, nei primi quattro mesi dell'anno, è interamente imputabile alle importazioni di petrolio (7460 miliardi contro 4956 del primo quadrimestre '80. al netto delle riesportazlonl di prodotti raffinati n.d.r). Le altre merci presentano complessivamente un attivo, sia pure modesto, pari a 656 miliardi di lire, contro un passivo di 350 miliardi nello stesso periodo del 1980. E l'incremento del deficit petrolifero deriva, a sua volta, interamente dagli aumenti di prezzo, espresso — e pagato — in dollari, perché all'aumento in valore del 17 per cento corrisponde un calo in qaaniità delle importazioni. Identica precisazione vale per i prodotti alimentari — che all'importazione sono diminuiti del Ì0 percento in quantità, ma sono aumentati del 5 per cento in valore — e per molti altri beni. E' preoccupante .1 fatto che il peggioramento dei nostri conti con l'estero è più accentuato con i Paesi indùstrialistati, soprattutto con quelli della Comunità europea. E' una questione di costi, di una perdita di competitività sui pretti, o anche di un lento tramonto della qualità, del - ma de in Ilaly.? • La sfida fondamentale è quella della produttività, che significa concorrenzialità dei prezzi, miglioramento della qualità dei processi, dei prodotti e delle politiche d'impre¬ sa. E qui il discorso coinvolge, ovviamente, i rapporti industriali Si sta facendo strada l'opinione che il nostro Paese non possa puntare, come in passato, sulle esportationi per il proprio sviluppo economico, ma sulla ridutione delle Importazioni, là dove possono essere sostituite da prodotti nationali. .// successo dell'"impresa Italia" dipende dalla sua apertura verso l'esterno, e per t(oapIldlmntnmdquesto dobbiamo essere asser- ' ltori convinti della libertà e dell'espansione degli scambi La riduzione delle importazioni é un obiettivo importante, soprattutto nei settori energetico e agro-alimentare, ma che non va posto in con¬ i\d\c\d• vI s trasto con questa realtà di (ondo Ciò non esclude, anzi accentua la necessità della promozione del "mode in Italy". all'estero e in Italia. • Ritengo si possa seguire l'esempio della Germania Federale, che ha fatto precedere l'appello a un maggior consumo interno di prodotti nazionali, da molti anni di una intensa e intelligente promozione del "mode in Germany"sui mercati esteri In questo modo, la Germania ha dimostra- ' lo di non considerare le espor- iazioni come una quota resi\duale. quindi inevitabilmente \casuale. rispetto alla doman\da interna, come avviene, in• vece, ancora in Italia*. Il patto ..uiti-infl.i/.ionc. I se sarà conriuso, quali conse¬ guente positive potrà avere sui nostri scambi con l'estero? • La riduzione del differenziale d'inflazione con gli altri Paesi è un momento fondamentale del rtequilibrio della nostra economia, quindi anche della bilancia commerciale, per una serie di motivi Intatti, essa aumenterebbe stabilmente la competitività delle produzioni, diminuirebbe la speculazione sulle scorte, permetterebbe alle imprese esportatrici di definire, con un grado sufficiente di certezza, le proprie strategie aziendali. • Quanto agli effetti dell'inflazione sulla nostra capacità di concorrenza, basta ricordare che dal 1979 al 1981 il differenziale d'inflazione sui prez¬ zi al consumo tra ilalia e Germania e stato del 43 per cento, al quale ha corrisposto una svalutazione della lira sul marco del 18 per cento appena In pratica abbiamo accumulato in meno di tre anni, una perdita di competitività di 25 punti Ormai dovrebbe essere chiaro che non possiamo costringere il cambio a garantire la nostra capacità di esportazione, e i posti di lavoro ad essa collegati, perché in questo modo si porterebbe alla rovina tutta la nostra struttura industriale ed economica Occorre, quindi, riconoscere la necessità di affrontare, e con decisione, i problemi interni e le cause primarie dell'inflazione' Mario Salvatorelli

Persone citate: Nicola Capria

Luoghi citati: Germania, Germania Federale, Italia, Roma