L'estate dei pastori sull'Altopiano

L'estate dei pastori sull'Altopiano ALLE SOGLIE DEL DUEMILA, SI RINNOVANO RITI SECOLARI L'estate dei pastori sull'Altopiano Rieccoli, come ogni anno, sui colli e sui monti intorno a Asiago, tra i segni ancora visibili della Grande Guerra Dietro le capre produttrici di latte, vengono i montoni, le pecore e gli agnelli, qua e là gli asini - Le leggi non scritte che regolano l'uso del territorio - Nel silenzio dei pascoli, soltanto i rumori e le voci del gregge - Parla un pastore ALTOPIANO DI ASIAGO — Quest'anno c'era una cosa che mi mancarvi e che per un certo periodo ogni mattina, ancora dentro il letto, aspettavo che si annunciasse da lontano assieme all'alba: uno scalpiccio, delle voci sonore che non dicevano parole ma segnali, il suono leggero dei campanelli dei montoni, i belati delle matricine Mi mancava il ritorno dei pastori con le loro greggi, gli asini e l cani. Se tolgo il tempo di quando ero infante e quello della guerra in giro per l'Europa posso dire che sono più di cinquant'anni che ogni primavera, nella prima decade di giugno, aspetto il ritorno delle greggi che da bambino e da ragazzo anemia in un pomeriggio: arriinivano dai boschi a sud. sbucatane dalla strada che dava sui prati e proseguivano lentamente per far mangiare gli animali lungo i bordi che molte volte i proprietari nell'approssimarsi di quel giorno letamavano abbondantemente perché l'odore ricacciasse i musi al di là del confine. Quella sera si fermavano nei pressi del paese, vicino al torrente dove c'era un terreno abbandonato, un ex cantiere con resti di baracche dotv in età no alloggiato prima i militari e poi gli operai che avevano ricostruito le case distrutte dalla guerra. Al segnale dell'arrivo noi bambini si correva tutti là. in frotta, tralasciando i giochi per accarezzare gli agnelli bianchi e ancora umidi di madre, a guardare stupiti gli occhi grandi e pazienti degli asini dalle lunghe gambe, se pure un poco intimiditi dai cani scuri di pelo e magri che gironzolavano attenti al richiamo dei padroni. Un tempo per secoli, se non per millenni, poiché, come ci assicura il biellese Giuseppe Cabrto profondo conoscitore dei problemi italiani della pastorizia e della lana. .... la pecora veneta ha in preponderanza i caratteri della razza sodanica II tuttavia dob- bmvrtpm biamo ammettere che non mancano elementi comprovanti lontani contatti con la razza di siriana', i pastori transumanti avevano le loro poste di sosta: un terreno comunale lasciato a loro disposizione per fare pascolare il l gregge. Ma allora sull'Altopiano le pecore erano centinaia di migliaia ed era rigo; rasamente osservata una re! gola tradizionale che, per 1 u| so del territorio ai pastori. ! orcio più forza di una legge scritta. Attorno agli Anni Cinquanta, alla solita data, con i miei figli bambini seguivo le greggi fino all'imbocco della valle per le ultime montagne: attualmente questo lo fanno i miei figli con i loro: ma ora ■ che l'età mia ultima si avanza mi accorgo che dopo lo | stupore gioioso della fanciullezza e dopo il senso della vita che aveva ripreso dopo gli orrori della guerra, vi é per me nel passaggio annuale delle pecore la storia dell'umanità che continua e che ritorna nelle stagioni. A nche se gli uomini vanno per il cielo ima uno spazio é anche questo della Terrai molte cose restano nel tempo e, infine, i I pastori di Omero, della Bibbia, di Leopardi, quelli di ogni angolo della Terra hanno anche alle soglie del Duemila gli stessi ritmi di diecimila anni fa. I problemi che Giobbe aveva con i suoi montoni li hanno anche i nostri genetisti, le pecore partoriscono sempre in cinque mesi e le asine in un anno, l'erba dei pascoli è quella di sempre e se le stagioni possono ridurla o aumentarla poco può l'intervento dell'uomo se non amministrarla saggiamente nel farla pascolare a chi ce la ritornerà in carne e lana per la nostra vita. Quest'anno, dunque, si era andati oltre di una settimana e ancora non passavano. Mi t'entra da pensare mentre curavo l'orto: • E' finita la pastorizia? Non verranno più?». Non erano certo passati di notte mentre dormivo, e poi non avevo notato i segni: l'erba mangiata sui bordi, i bioccoli di lana sui cespugli, lo sterco degli animali '.ungo la strada Ma una mattina ecco annunciarsi da lontano l'atteso rumore che mi fece scendere lesto dal letto, infilarmi t pantaloni e gli stivali senza prima essermi rinfrescato il viso e correre giù ricino all'orto con in mano il bastone di nocciolo Davanti vidi un viso nuovo che non avevo mai notato prima, un cane giovane dal pelo maculatogli camminava ! I ! I '■ | I al fianco: dietro gli veniva il branchetto delle capre produttrici di latte per i pastori e per i cani li nostri pecorai ! non mungono le pecore e laI sciano gli agnelli succhiare a ! valorità). poi seguivano i montoni, le pecore e gli agnelli del primo parto, per ultime quelle gravide prossime al parto e gli agnelli di pochi giorni con le madri. iQueI sto tipo di pecore venete, raz'■ za Foza incrociata con la La| inni:, sono molto prolifiche e partoriscono tre volte ogni due anni e molto sovente due agnelli per parto). Qua e là. in mezzo alla massa lanosa, camminavano gli asini pazienti e miti: le madri con i puledri dalle lunglie gambe, le gravide, lo staiUrne sul dorso degli adulti, come sempre, c'erano le bisacce con dentro gli agnelli nati da poche ore e le borse con i cibi e le bevande. A chiudere il branco veniva Al- berlo, un uomo che avevo cono scmtt> quand'era ragazzo al seguito degli anziani di Ci- ' ma Portule. nei tempi che andavo lassù a cacciare le \ pernici bianche e a trovare gli amici pastori: Guerrino. Guelfo, Carlo. Francesco. Guardando e seguendo il gregge gli dissi: — Come mai quest'anno avete cosi tardato a caricare la montagna? — Nel risalire abbiamo tro- \ vaio tanta erba da pascolare — mt rispose Alberto Martini. — Non ho mai visto le pecore cosi grasse e belle di lana e i montoni cosi robusti. — Hai risto? E' proprio coli. Quest'anno, però, le abbiamo tosate un po' prima del solito. La mia osservazione l'aveva reso contento. Lo accompugnai un po'lungo la strada bianca e gli promisi che un giorno di questa estate sarei salito a trovarli Vi andai dopo più di un mese da quando erano passa- j ti Da informazioni non certo avuta dall'Ufficio Turistico seppi che avevano pascolato a Monte Zingarella e che erano passati al Baito delle Terre More Ma al Baito delle ' \ Terre More non li trovai, né alla Busa della Pesa. Alla Malga di Galmarara la moglie del malghese mi disse che, siccome alle loro vacche il pascolo era scarto, i pastori avevano lasciato a loro le Buse Magre e che perciò erano saliti al Baito dei Covolini. ai piedi di Cima XII. Al Bivio Italia, dove un divieto non sempre rispettato protegge l'alto silenzio e la pace dalle motociclette e dalle fuoristrada, proseguii a piedi tra i segni ancora ben risibili deffa Grande Guerra. /Lassù gli Austro-ungarici avevano teleferiche, ricoveri internali in pietra, caverne, batterie, depositi, comandi, ospedali e cimiteri in quanto questa zona era retrovia immediata di quel fronte che andava dall'Ortigara a Monte Zebio). Vidi da lontano un gregge sdraiato al sole e un pastore in piedi sopra una roccia: quando mi avvicinai un cane mi corse incontro ad annusarmi i pantaloni che sapevano di cucciolo e dopo questo lasciapassare scodinzolò calmo. Magonara chiamò Alberto che dormirò nel baito e stemmo a parlare bevendo vino. Cosa dicemmo ve lo dirò pre- sto Mario Rigoni Stern In gregge sosta in pianura, prima di imboccare la valle per raggiungere, come ogni anno, i pascoli sulle montagne ( Foto «La Stampa»-Cesare Bosio)

Persone citate: Alberto Martini, Busa, Cesare Bosio, Giobbe, Magonara, Mario Rigoni Stern

Luoghi citati: Asiago, Europa, Foza, Italia