Aiutò i poeti a far notizia di Franco Lucentini

Aiutò i poeti a far notizia MARIALIVIA SER1NL CRONISTA TRA GLI SCRITTORI Aiutò i poeti a far notizia Tutti noi che in un modo o nell'altro facciamo parte della repubblica delle lettere, ci sentiamo impoveriti dalla morte di Marialivia Scrini, che per ventanni, sulle pagine dell'Europeo e poi de\VEspresso, si occupò del nostro lavoro, progetti, velleità, trionfi, aborti, bizze, beghe, furori. Fu la prima a parlare di noi come se fossimo importanti, a riferire pettegolezzi e dicerie dell'ambiente, a cercare primizie e indiscrezioni fra poeti, saggisti, romanzieri, editori. La nostra categorìa, se cosi vogliamo tristemente chiamarla, aveva e continua ad avere un misero «giro d'affari*, nessun peso sindacale, nessun potere politico, nessuna vera influenza di costume; camminava e continua a camminare precariamente su un filo teso tra l'abisso della civiltà di massa e il precipizio delle censure comuniste, fasciste, terzomondiste. Ma di questi nevrotici e patetici equilibrismi Marialivia riusci a essere cronista assidua e gratificante. Con lei finalmente un libro cominciò a «far notizia» allo stesso modo di un divorzio tra celebrità, di una crisi di governo, di una gara di tennis. Fu una rivoluzione e una rivelazione: ecco che in Italia c'eravamo anche noi. contavamo anche noi. eravamo anche noi interessanti. Carica di borse logore e sempre bellissime, di taccuini, occhiali, matite, pacchetti di Carnei. Marialivia si aggirava tra i nostri tavoli con una partecipazione, meglio, una dedizione, che non venne mai meno. Non era un'ingenua, né una panenue culturale (di suo padre, dotto e fine saggista, i lettori di La Stampa ricorderanno gli elzeviri). Su di noi non si faceva illusioni, conosceva anche troppo bene le nostre debolezze e meschinità, le nostre vanità, gelosie, suscettibilità, segrete o sfacciate egomanie; e poteva avere ogni tanto dei moti di insofferenza contro 3uesto o quello, dei guizzi indignati, eppure alzava improvvise barriere di distrazione e inadempienza, si eclissava, spariva per tre settimane in Spagna sulla sua sgangherata e traboccante Citroen. Al suo ritorno montagne di novità e bozze inviate da autori ed editori si erano stratificate nel suo appartamento, invadendo camere, bagni, corridoi. E subito Marialivia si rimetteva a sfogliare, annusare, valutare, di nuovo curiosa, di nuovo vigile e aperta al possibile incanto. Non divenne mai cinica né pontificante, non si lasciò mai incrostare da pregiudizi. Sapeva che il capolavoro sponsorizzato dal grande editore poteva essere un «bidone», che il magro vo¬ lumetto sconosciuto celava talvolta la nascita di un talento, di un'idea, di una scuola, di una moda. Ma di rado si permetteva dei sentimentalismi verso gli esordienti, i falliti, i casi pietosi: di rado sbagliava le misure quando prendeva in mano un autore di rango. Fu in realtà, senza sembrarlo, senza probabilmente saperlo, un crìtico di grande rigore e grande acume, di non comune' equilibrio, e soprattutto di inesausta, ammirevole passione. Il primato della letteratura, della cultura, era per Ir: un dato indiscusso, più di quanto non lo sia per molti mestieranti di lei più noti e invadenti. Teoricamente, ogni scrittore lavora per il più vasto pubblico possibile, ma in pratica ha poi bisogno di condensare questo anonimo, acefalo lettore collettivo in cinque o sei testimoni intelligenti e affidabili, di carne e ossa. Per molti di noi. uno di tali testimoni era Marialivia, che con la sua voce rauca ci diceva onestamente se le nostre prime pagine l'avevano fatta morire di noia o al contrario invogliata a proseguire col fiato sospeso. Pareva una cosa cosi normale contare su di lei in questo modo, che pochi se ne accorsero, pochi glielo dissero prima che fosse tardi. Carlo Frutterò Franco Lucentini

Persone citate: Carlo Frutterò

Luoghi citati: Italia, Spagna