L'odalisca di Mozart (e di Calvino) di Massimo Mila

L'odalisca di Mozart (e di Calvino) ALLA RISCOPERTA DELLA «ZAIDE» UN CAPOLAVORO INCOMPIUTO L'odalisca di Mozart (e di Calvino) Il maestro cominciò a scrivere l'opera nel 1780, a ventiquattro anni - Si fermò per comporre l'«Ido mene©» - Un abbozzo perfetto - Un fantasioso testo dello scrittore italiano introduce i vari episodi - Lo spettacolo a Batignano DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE BATIGNANO (Grosseto) — Questa estate toscana invila il turismo intelligente con prelibate proposte mozartiane. Il gruppo inglese «Musica nel chiostro», che la settimana scorsa aveva offerto una divertente esecuzione della prima opera di Mozart bambino, presenta ora un'ingegnosa ricostruzione della Zaìde. quasi un capolavoro, ma incompiuto, dell'artista già maturo: I7KUventiquattro anni, vigilia del-Yldomeneo. come dire un Mo-zart d'annata. Quest'opera è un caso raro non solo nella carriera di Mozart, ma in genere nelle consuetudini artigianali del teatro settecentesco: un'opera che il musicista ha iniziato e condotto avanti unicamente per gusto personale, senza sapere se e quando qualcuno glicl'avrcbbe rappresentala. Chiuso in maniera che pareva ormai irrimediabile nella prigione salisburghese, dopo il vano tentativo devasione a Mannheim e a Parigi. Mozart bruciava dalla voglia di scrivere per il teatro, e invece doveva solo fornire Messe e Serenate all'arcivescovo. // Sultano Il passaggio a Salisburgo delle compagnie teatrali ambulanti di Bolim e di Schikaneder rinfocolò la passione, tanto che Mozart si fece scrìvere dall'amico Schachtner. trombettiere di Salisburgo, che una dozzina d'anni prima gli aveva tradotto dal francese il testo di Bastien und Bastienne. un SmgspielIone appoggiato allo spettacolo Dos Serail(«Il Serraglio, ovvero l'imprevisto incontro d padre, figlia e figlio in schiavitù») d'un certo Joseph von Freibert. rappresentato a Bolzano l'anno prima. Trattandosi d'un Smgspiel. cioè d'uno spettacolo dove i dialoghi non sono cantati ma parlati. Schachiner si premurò di fornire presto al compositore impaziente i versi di arie, duelli, terzetto e quartetto, in tutto quindici numeri che Mozart musicò di slancio. Il resto, il tessuto connettivo dei dialo- ghi da recitare in prosa, non e che sia andato perduto, come generalmente si dice; probabilmente Schachtner non lo scrisse mai. aspettando di farlo all'ultimo momento, quando si presentasse una possibilità di esecuzione. Invece arrivò poi a Mozart la lusinghiera offerta di un'o- nerà seria per Monaco, e lab- bozzo restò cosi com'era, perfetto dal punto di vista musicale, ma drammaticamente incompiuto. Nessun modo di sapere come andrà a finire la storia: se il Sultano metterà a morte la sua odalisca preferita e lo schiavo cristiano, insieme con l'enigmatico ministro Allazim che ha favorito il loro tentativo. Nessuna maniera, quindi, di definire i caratteri dei Sultano, se sia" feroce o generoso, e di Allazim. se sia perfido o servizievole, se sia anche lui innamorato di Zalde o magari (ci mancherebbe anche questa!) del cristiano Gòmatz. In questa situazione è slato quasi un colpo di genio invitare a sbrogliare la matassa quel maestro della combinazione narrativa gratuita che e Italo Calvino, il quale villeggia sul mare toscano, a poca distanza dal chiostro di Batignano. Che cos'ha fallo Calvino? Si è guardato bene, naturalmente, dallo scrivere i dialoghi mancanti, ma li ha rimpiazzati con un narratore che introduce di volta in volta i pezzi musicali, dipanando tutta una rete di ipotesi da far venire il capogiro, ivi compresa quella «diversa» di cui sopra, e lasciando lo spettatore sulla sua curiosità. Per il teatro E' bella la musica di Zaìde") Diceva Della Corte: «Zaide e in massima bella», e aveva ragione. Il genio del compositore è ormai al grado di maturità che si concreterà ben presto ne\Y Idomeneo. La voglia irresistibile di scrivere per il teatro alimenta l'ispirazione. Anche là dove non sia bellissima e si adagi un poco nelle convenzio¬ nj dell'epoca (lo stile d'opera seria italiana delle arie di Alla /1ni e di Solimano), l'operina riesce, più che interessante, appassionante per lo studioso, poiché è quasi un crocevia delle consuetudini settecentesche nel teatro musicale. Dallo stile italiano dell'opera seria a quello dell'opera comica, specialmente di Piccinni con la sua effusione sentimentale, dallo stile popolare tedesco (nel coro d'apertura) alle eleganze lieìYopèra-ionuque francese alla Grctry (le prime due arie di Zaide. una in «tempo di minuetto», e il ter/etto alla fine del primo atto), all'intensità espressiva di tìluch. non c'è maniera teatrale del tempii in cui l'avidità di Mozart non si voglia cimentare, ivi compresa quella che fu per un momento la grande illusione teatrale dell'epoca, il Melo- dram, cioè il melologo. recitato sopra un nutrito e autosuffi- ciente discorso orchestrale. Due ce ne sono, di Gòmatz e di Soliman. e accentuano al massimo quella evidenza espressiva che è caratteristica della Zaìde e che rendeva questa partitura tanto cara al Della Corte, mai disposto a rassc-gnarsi veramente alla aseman-lieta della musica. I due melo- loghi sono quasi due vocabolari della lingua mozartiana: alle frasi parlate seguono figure musicali staccale, si che. ripensando a composizioni sinfoniche, cameristiche e pianistiche dove ci e accaduto d'udirne di simili, quasi ci vien fatto di pensare: - Ah! e questo che voleva dire! Ma anche le arie e gli assieme sono dominali da una volontà irresistibile d'espressione. Tale, sulla fine, l'invettiva fierissima di Zaide contro la crudeltà del Sultano, ch'ella apostrofa selvaggiamente: «Tigre!», ultimo caso d'una specie di piccolo zoo quasi onomatopeico che popola lo spartilo, dall'aria dei «leoni» che l'incollerito Soliman sente ruggire in se. alla tenera Filomena della seconda aria di Zaide. Nel chiostro Smgspiel. dunque, ma serioso, alla maniera del Smgspiel tedesco: non comico alla maniera austriaca. Mozart l'aveva descritto al padre come una «operetta scria». Perciò la somiglianza c l'anticipazione del Ratio dal serraglio riguardano Milo l'esteriorità della vicenda e dell'ambiente, per altro nonrilevilo in musica da nessuna traccia di lurcheria. L'Osminoche c'e anche qui come trucu-| lento guardiano è figura affai-1 to secondaria, mentre invece 1 pre^n tato "questo fantasma'di 1 opcra in|orno a, de) cor. ,j|e in,emo nel chiostro di San- Gòmatz e Zaide sono già due maturi e validi campioni della tenerezza amorosa nell'arte di Mozart, dell'affetto, della devozione. La compagnia inglese raccolta da Adam Pollock ha r.ip ta Croce, con minimi elementi scenici, una cesta sollevata in aria e calala per mezzo di carrucole, gli spazi dei corridoi lasciati tra ie l'ile delle seggiole. Cantando a due passi dagli spettatori, gli artisti hanno dato prova di alta professionali- i ,i: j| soprano Helen Water, dal volto cosi espressivo; il tenore Adrian Thompson, che ha ben reso l'ambivalenza espressiva dell'aria «Herr und Freund» (necessità di ringraziare il benigno Allazim e smania di correre dall'amata), il basso-barìtono John Rath. ammiraiissimo dal pubblico femminile, quale Allazim. il barìtono Neil Jenkins (Soliman). e il basso comico John Flanagan. unico che avesse partecipato al precedente spettacolo della Finta semplice. Tutti bravi a cantare vicinissimi al pubblico e lontanissimi dall'orchestra, diretta dalla signora Jane Glovcr e piazzata, come qui è uso. in luogo piuttosto inverosimile. Fine e flautata, fin troppo, la recitazione che Giorgio Crisafi ha fatto del lesto di Calvino, chiamato alla fine a raccogliere un applauso tonante insieme ai cantanti, alla direttrice, al regista Graham Vick e allo scenografo Chns Dyer. Insieme con Matthew addetto al!e luci. | Richardson \ questi hanno fatto miracoli j d'ingegnosità e d'economia, e j Massimo Mila

Luoghi citati: Bolzano, Grosseto, Mannheim, Monaco, Parigi, Salisburgo