Tito e Churchill: burrasca a Napoli

Tito e Churchill: burrasca a Napoli IN UN LIBRO, L'INCONTRO DELL'AGOSTO '44 E I SUOI RETROSCENA Tito e Churchill: burrasca a Napoli Invano il premier britannico tentò di indurre il maresciallo a appoggiare razione politico-militare alleata nei Balcani - Lo racconta in «Scene della guerra antifascista» Basii Davidson - L'ex agente inglese del Soe rivela le imprese dello spionaggio in Europa dall'Ungheria alla vigilia del conflitto, al teatro jugoslavo, alla Resistenza italiana -Ma chi e questo Tuo''-. La domanda di Churchill, contenuta in un appunto per Eden, portava la data del Natale '41 ed era infilata in messo ai documenti di una cartella sulla Jugoslavia che il primo ministro aveva fatto preparare dal suo ex segretario ai Comuni. Bracken Chi fosse veramente Tito, a quell'epoca non si sapeva: c'era chi sosteneva che le quattro lettere del suo nome fossero le ìnisiali di una misteriosa branca terroristica della Tersa Internazionale r-Third International Terrorist Organizalion-; mentre il New York Times scriveva, con disinvolta sicuressa. che si trattava di una donna. Appena la Jugoslavia, nella primavera del 41. era stata invasa dagli eserciti tedeschi gli inglesi avevano dato il loro appoggio al governo in esilio del giovane re Pietro II /succeduto a suo sio. il reggente Paolo, favorevole all'Asse) e alle bande della resistenia armata, i cernici, di ispirazione monarchica. Ma presto la situazione si era complicata per ria del carattere plurinazionale del regno: il capo dei cetnici. Mihafloifie, era un serbo molto devoto a un re serbo deciso a mantenere la supremazia serba sul Paese ma in questo modo si era messo contro le altre nazionalità jugoslave, cui il croato quarantanovenne Josip Broz. detto Tito o Walter, ex fabbro e segretario del partito comunista clandestino, prometteva una completa eguaglianza di diritti Ecco perché a Churchill interessava sapere chi era 'quel Tito- ed ecco perché, appena un anno dopo, davanti ai clamorosi successi militari della guerriglia comunista in Bosnia ed Erzegovina, il primo ministro scelse di puntare su di lui che. senza chiedere permessi a chicchessia, s'era autonominato maresciallo, comandante in capo dell'esercito (clandestino) jugoslavo e presidente di un 'Comitato di Liberazione Nazionale' che esigeva, perentoriamente, di venir riconosciuto dagli Alleati come governo provvisorio. Il 10 dicembre 1943 Churchill, tornando dalla conferenza di Teheran — dorè Stalin, tra la sorpresa generale, si era guardato bene dall'appoggiare la domanda di riconoscimento avanzata da Tito — incontrò al Cairo re Pietro e gli confidò che Tito -era il suo uomo, e che quindi tutti gli aiuti militari andavano in di rimari soltanto a lui Ora. però. Churchill doveva indurre il maresciallo — uomo dai riiTi-i di acciaio e di una forza di volontà sensa pari, che non arretrava davanti a nulla, grazie anche al suo partito comunista, numeroso ed agguerrito — ad accettare il punto di vista della strategia politico-militare degli Alleati: un compito irto di difficoltà, a ben guardare Per questo, nella prima metà dell'agosto '44. Churchill invitò a Napoli Tito che. sfuggito ad un attentato in primavera, si teneva prudentemente alla macchia li paracadutisti tedeschi, il 25 maggio, avevano infatti attaccato il suo quartier generale a Dvar ma lui era riuscito a nascondersi in una grotta e a raggiungere l'Italia con un aereo sovietico: ai nazisti era rimasta in mano soltanto 'alta uniforme di Tito, che avevano poi esposto in tutte e grandi città dell'Europa occupata). In piena canicola, dunque, l maresciallo parti dal suo nuotx» rifugio, l'isola di Vis. nell'Adriatico, dov'era sotto la protezione congiunta dei partigiani jugoslavi e dei marinai inglesi, e a Napoli trovò un Churchill pieno di energie ad attenderlo nella suntuosa villa che era appartenuta alla regina Vittoria. Tito indossava una pesante dima di panno blu carica di galloni dorati, sudava abbondantemente e non muoveva un passo senza le sue due guardie del corpo armate fino ai denti che gli restarono ritte dietro le spalle per tutto il pranzo offertogli dal primo ministro. Churchill non gradi molto tutta quella messinscena e. comunque, il colloquio non fu positivo Tito si oppose al ritorno del re. rivendicò Trieste e l'Istria e si dichiarò ostile all'operazione anglo-americana contro Vienna attraverso Lubiana, che Churchill instancabilmente sosteneva. Rifiutò anche di impegnarsi pubblicamente a non costituire un regime comunista nel dopoguerra. Tre settimane dopo il burrascoso convegno di Napoli il maresciallo lasciò Vis di nascosto, senza avvertire nessuno Si seppe poi che s'era recato in Urss e aveva parlato con Stalin, autorissando le truppe sovietiche a entrare in Jugoslavia (cosa che avvenne in settembre) Il rovello di Churchill — anche per le cri fiche di Eden e di una parte dei suoi collaboratori, i quali sostenevano che bisognava aiutare Mlhajtovic anche se non muoveva un dito contro i tedeschi c che comunque era un guaio dare armi ai comunisti jugoslavi — era uno solo: Tito era già entrato completamente nell'orbita di Mosca'' In realtà Stalin non aveva nessuna fretta di mettersi in urto con gli Occidentali dando a credere di voler imporre il comunismo a un Paese oltretutto troppo lontano dall'Unione Sovietica per poterle (per ora) interessare: ansi. Stalin — che amava giocare su più tavoli — mostrava di mantenere rapporti col governo di re Pietro ed era arrivato a proporre a Mlhajtovic di mandargli una missione militare e delle armi. A Tito, nel colloquio di Mosca, chiamandolo familiarmente - Walter., nome di battaglia dell'anteguerra. Stalin arerà addirittura chiesto di restaurare h monarchia -Mi sali il sangue alla testa, narrerà più lardi il maresciallo al suo biografo. Djilas Mi trattenni e gli risposi che era impossibile, che il popolo si sarebbe ribellato, che in Jugoslavia il re si identificava col tradimento (...). Stalin mi ascoltò in silenzio, poi disse brevemente: "Ascolla. Walter Non hai bisogno di restaurarlo per sempre. Riprenditelo provvisoriamente e alla prima occasione lo pugnali tranquillamente alla schiena"-. Deciso a perseverare nella sua politica verso Tito, ■tenendo pero quel toro ben saldo per le corna- (la definistone é attribuita a Hopkins). Churchill inviò in Jugoslavia una missione militare capeggiata da un giovane deputato conservatore, divenuto generale per aver diretto operazioni di commandos in Libia e nell'Iran. Fitzroy McLean E. con un gesto teatrale com'era nel suo comportamento. gli mise a fianco il tiglio Randolph (nonché il capita- no William Deakin. che diverrà storico notissimo anche in Italia e coordinatore delle monumentali memorie churchillianet. Questi segreti dell'intrico iugoslavo — che soltanto ora possono essere svelati — sono uno dei due principali temi (l'altro è la guerra partigiana nella Liguria del levante) sviluppati da Basti Davidson nel suo ultimo libro. Scene della guerra antifascista da poco uscito da Rissoli: Davidson, oggi insigne studioso e scrittore di storia africana, li ha svolti ripescando ricordi, colloqui, incontri, cose viste, avventure, figure e figurine dalla sua straordinaria camera prima di agente del Soe f-Special Operaliona Executive-;, il servirlo segreto inglese, e poi di giornalista del Times e del New Siatesman. Approdato in Jugoslavia | dopo una prima sene di espe' nense quale agente in UnI gherta. Turchia ed Egitto.Davidson si trovò proprio al j centro dei contrasti sul nodo balcanico, come teatro di guerra e come futuro Paese a cavallo della cortina di ferro, che si concretavano in due tendenze: quella di Churchill il quale perseguiva, fin dal crollo della Francia, il disegno di far divampare in Europa -una guerriglia gigantesca., tale da mordere alle calcagna la macchina dell'invasione nazista (e a chi lo metteva in guardia contro il fatto che. al termine del conflitto, la Jugoslavia sarebbe certamente diventata uno Stato comunista, il combatti- 1 j vo primo ministro di Sua \ Maestà rispondeva ali 'incirca: -Noi. ora. stiamo facendo la guerra: poi vedremo»/ e quella di chi invece, come lo stesso vertice del Soe. sosteneva a spada tratta che -malgrado le sue carenze (cioè il fatto che lui e i suoi cetnici non volevano combatterei Mihajlovic deve rimanere la nostra scelta- e la ragione predominante di tale indiriz- \ zo era che -la politica dei par- ! tigiani non serve ai nostri fi-1 ni. e non sarà mai facile met- j terlt sotto coni rollo •. Poi, quando finalmente queste difficoltà vennero spazzate via — anche se fu I ancora necessario un inter- | renfo presso Churchill attra- i verso Deakin ch'era suo amiCO personale — la missione ■ partì e. con lei. parti anche \ Davidson il quale, però, nel novembre '44 venne trasferito a Napoli dove ebbe un nuovo Incarico: agente nelle formazioni partigiane della Liguria orientale con la missione • dover, comandata dal tenente colonnello Peter Mac Mullen. Cosi, nel terso e gelido pomeriggio del 16 gennaio '45 Davidson venne paracadutato sul monte Antola. ricino a Carrega Ligure. In messo alla neve alta, avvolti in vecchi giacconi, il fazzoletto rosso al collo, gli vennero incontro due capi partigiani che sarebbero diventati famosi. • Miro. (Ukmart e .Morso. (Canepa). l'uno comandante della VI sona ligure, l'altro commissario della divisione garibaldina Pinan-Cichero. I I Con -Bini. iSerbandini). con .Carlo. (Giovanni Battista Lasagna), con .Bisogno. (Aldo Gastaldi, futura medaglia d'oro) di li a tre mesi sarebbero scesi al mare, sommergendo nazifascisti e tedeschi e liberando Genova quando ancora Mussolini governava la repubblica di Salò. Forse fu questa la più bella delle scene della guerra antifascista. Il generale Almond. della 92" divisione americana .Buffalo., appena arrivato a Genova accolse all'hotel Bristol di via XX Settembre gli esponenti del Cln. Aloni. Martino. Savoretti, Scappini. che avevano imposto e ottenuto la resa del generale tedesco Meinhold e. rivolgendosi a Davidson, che faceva1 da interprete, gli disse: -Informateli che le mie truppe hanno liberato la loro citta e che adesso sono uomini liberi». Nel silenzio imbarazzato che seguì — perché Davidson non se la sentiva di tradurre quelle parole cosi poco rispondenti al vero — un boato improvviso di grida e di applausi penetrò dalle finestre spalancate. Tutti corsero a vedere e in fondo alla via lunghissima apparve la testa di una gigantesca colonna: su sette file, in disordine, zaini affardellati, coperte e gavette sotto il braccio, sforano sfilando i 14.000 soldati tedeschi catturati dai partigiani col sacrificio di 280 morti e oltre tremila feriti. li generale Almond rientrò nel salone, gettò uno sguardo attorno e disse: - Va bene-. £ fece un discorso diverso: elogiò il Cln e i suoi combattenti, parlò in termini generosi del loro impegno militare e politico, concluse affermando di sapere qual era la differenza fra fascisti e popolo italiano. E Patini, ch'era stato appena nominato dal Cln prefetto di Genova, propose di osservare un minuto di raccoglimento alla memoria del defunto presidente Roosevelt. La guerra guerreggiata era finita: quella fredda — forse — doivva ancora cominciare. Giuseppe May da Napoli, 12 agosto 1944. Il maresciallo Tito incontra Winston Churchill