Mounier: la politica ci soffoca se ignora il privato

Mounier: la politica ci soffoca se ignora il privato Torna il filosofo di «Esprit» Mounier: la politica ci soffoca se ignora il privato CI sono molte valide ragioni per ritenere che il pensiero e l'opera di Emmanuel Mounier siano ormai del tutto inattuali, legati come sono a un momento ben determinato della storia intellettuale europea, gli anni fra il '30 e il '60, quando la politica era ancora intensamente caricata di significati ideologici, e, di riflesso, nel mondo cattolico si presentava con forti tratti religiosi. Erano gli anni — a partire dal 1950 — in cui in Italia ci si domandava drammaticamente se la scomunica pronunciata dalla Chiesa contro l'ateismo marxista colpisse anche la socialdemocrazia (del psi non c'era nemmeno da parlarne, era naturalmente nella stessa barca del pei). £ Mounier, che era morto nel 1950, ma le cui opere cominciarono a circolare da noi solo alla fine degli Anni 40, era appunto uno degli autori a cui ci si rifaceva, in campo cattolico, per fondare un discorso di impegno politico «di sinistra». A partire dal 1932, anno in cui, con l'appoggio tra l'altro di Jacques Maritain, aveva fondato la rivista Esprit, Mounier aveva infatti delineato il programma di quella che egli chiamava una «rivoluzione personalista e comunitaria», e che tendeva a porsi come una terza via — cristianamente ispirata, ma senza alcuna pretesa di essere l'unico programma politico derivato dal Vangelo — tra umanesimo borghese e umanesimo marxista. Secondo Mounier, il primo era caratterizzato dall'individualismo proprietario responsabile delle ingiustizie della società capitalistica, mentre il secondo misconosceva la peculiare trascendenza della persona, rinchiudendo l'uomo nell'orizzonte totalitario dello Stato (e negli Anni 30, Mounier fu tra quelli che, da sinistra, avevano riconosciuto e denunciato la realtà del regime staliniano). * ★ Il personalismo mounieriano, teoricamente, si presenta come una via ugualmente distante dall'individualismo borghese e dal collettivismo marxista; ma poiché si sforza soprattutto di impegnare i cristiani in una iniziativa rivoluzionaria, staccandoli, politicamente e teoricamente, da ogni compromissione con la conservazione o addirittura il fascismo, esso finisce per rivelarsi oggettivamente aperto al dialogo e alla collaborazione soprattutto con la sinistra marxista. Sono queste le ragioni del sospetto con cui è guardato dalla gerarchia cattolica, e dei contrasti e della rottura con personaggi come Maritain. £' stata proposta, di recente, la tesi che vi sia un «secondo Mounier», quello degli anni successivi alla guerra, il quale sarebbe anche teoricamente molto più vicino al marxismo di quanto non appaia dai programmi di Esprit e dagli scritti degli Anni 30. E' dubbio, però, che questa tesi storiografica valga a vincere l'impressione d'inattualità che l'opera mounieriana oggi suscita, e che è confermata dalle Lettere e diari ora pubblicati in italiano con una bella nota di Giorgio Campanini. Proprio questo vasto materiale biografico, anzi, rafforza l'impressione di lontananze storica dal mondo in cui Mounier sviluppò la sua problematica: «Domenica sera, intorno a una lampada bassa, da Maritain, un Columbia che diffonde'da dietro la porta Psaumes de Solesmes e Fantaisies di Erik Satie...»; il mondo di Mauriac, di Gide, della Nouvelle Revue Franqaise, di Gabriel Marcel e di Berdiaeff... ★ * Non è tanto che la questione della «terza via» posta da Mounier sia risolta o superata; è piuttosto il modo e il tono in cui tale questione era discussa che ci appare oggi troppo pateticamente ancorato a una visione della politica come vocazione, come luogo di una lettura 'spirituale dei «segni dei tempi» (come oggi nessuno oserebbe più dire). Oggi siamo tentati di vedere in Mounier non tanto il profeta di una cristianità preoccupata del rinnovamento sociale, quanto il teorico di un impegno religioso-politico pericolosamente aperto a divenire integralismo. La storia di Esprit dopo la morte di Mounier e fino a questi ultimi anni smentisce però questa interpretazione. E l'opera di Mounier, nonostante tutti gli equivoci legati al «cattolicesimo di sinistra» vecchio e nuovo, ripropone problerrji che non si lasciano facilmente liquidare come inattuali. Questi problemi sono l'altra faccia del patetismo della politica come vocazione; e riguardano la possibilità, nella quale Mounier credeva, di caricare la politica di uno spessore morale che ne facesse qualcosa di più che un'attività di organizzazione e di amministrazione. Concetti come quello di persona (distinta da individuo), di comunità, di incarnazione (con le sue risonanze bibliche ma anche esistenzialistiche) tendono tutti a risolvere questo problema. Che noi, in anni recenti, abbiamo vissuto come problema del «privato» che vuol farsi politico, o della critica della burocratizzazione dei partiti e dell'astrattezza delle loro mediazioni; e che abbiamo paradossalmente accoppiato con una crescente consapevolezza del «disincanto del mondo» e della perdita di significato della dimensione politica. Se anche non offre molte indicazioni risolutive, non c'è dubbio che Mounier può almeno renderci più attenti alle molteplici dimensioni spirituali di questo insieme di questioni. Gianni Vattimo Emmanuel Mounier: Lettera e diari. Città Armoniosa, pagine 526, lire 11.000. Emmanuel Mounier Jacques Maritain

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