L'editoria è in crisi ma si fanno troppi piagnistei di Giampaolo Dossena

L'editoria è in crisi ma si fanno troppi piagnistei Intervista a Luciano Foà dell'Adelphi L'editoria è in crisi ma si fanno troppi piagnistei MILANO — Via Brentano, la via delle edizioni Adelphi, molti tassisti non sanno dov'è. Meglio dirgli «una traversa di una traversa di corso Magenta», e farsi lasciare all'angolo. Poi la via fa un gomito, poi si gira ancora, con un movimento a chiocciola. Ci si sente isolati, protetti. «Non c'è protezione contro le chiacchiere» dice Luciano Foà, fondatore epresidente dell'Adelphi «Ancora stamattina», fa il nome di un grande quotidiano, «parlano di crisi del libro, e sembra che le vendite si sian ridotte al 20%. Si son ridotte del 20%». Di crisi del libro si è parlato troppo? «A parlar tanto di certe cose non le si aggiusta, e può essere pericoloso. Già la gente ha meno soldi e compra meno libri. Poi senton dire tutti i momenti che nessuno va più in libreria: allora una frangia di pubblico si sente giustificata, quasi incoraggiata a non andarci proprio più del tutto». Un suo collega ha detto che dopo il '68 i giovani leggevano molto; adesso han ricominciato a studiare e quindi leggono meno. «I giovani compravano molti libri di un certo tipo : politica, sociologia, marxismo. Avevano soldi da spendere. Adesso a queste cose non credono più e cercano altri libri. Riscoprono la letteratura, la religione, altre filosofie. Questo non riguarda solo l'Italia : in gran parte dell'occidente i giovani si trovano di fronte un mondo al quale non credono più, hanno sempre meno fiducia nella civiltà tecnologica, e cercano libri che parlino di altri tipi di civiltà, di altri modelli. L'oriente, l'India, Alce Nero...». Sono proprio i giovani che comprano questi vostri libri? «Risulta dalle librerie che fanno le maggiori véndite: per esempio le librerie Feltrinelli, in tutte le città tranne Milano. Sono librerie con un pubblico molto giovane». Iprezzi di copertina, perché sono cresciuti? «Per due ragioni. Primo, per l'inflazione. Secondo, perché certi editori, dovendo mettersi a fare 1 conti con uno scrupolo che prima non avevano, si sono accorti che già prima i prezzi erano inadeguati, non coprivano il costo del denaro. L'editorìa italiana è mediamente sottocapitalizzata, vive di prestiti bancari». E il costo del lavoro? «Si parla di una certa casa editrice che è in crisi. Si viene a sapere che aveva un fatturato doppio del nostro. Ma noi siamo 13 persone, e loro non erano 26, erano 75». Certi giornali han dato la colpa della crisi editoriale a un demone meschino chiamato •riflusso: Lei invece è d'accordo con chi ha tracciato diagnosi prevalentemente economiche, «In un paese che non va bene non si vede perché dovrebbero andar, bene proprio i libri. Ma quando molte cose vanno storte si genera anche uno stato di incertezza, nel paese: quanta gente prende la macchina e va a fare un giro perché è l'ultima cosa che gli resta». Questo •stato di incertezza*, nel mercato librario, dove si vede? «Si vede in quel tipo di editoria che fa libri fungibili, dove un libro può sostituire l'altro per un pubblico indifferenziato, senza faccia, che vien fuori dalle indagini di mercato. L'editoria "in grande" pubblica certi libri non perché piacciono a chi li sceglie, ma perché si crede che piaceranno al pubblico senza faccia». Allora per l'Adelphi le cose vanno bene ? «Bene no. Anche noi risentiamo della crisi. Ma non vogliamo unirci al coro dei piagnistei». Giampaolo Dossena

Persone citate: Alce Nero, Luciano Foà

Luoghi citati: India, Italia, Milano