Banti: una vocazione bruciata dall'amore coniugale

Banti: una vocazione bruciata dall'amore coniugale Narrativa: «Un grido lacerante» Banti: una vocazione bruciata dall'amore coniugale UN grido lacerante è il libro che Anna Banti portava dentro di sé prima ancora di diventare scrittrice, è il nocciolo duro da cui sono germogliati via via i suoi ramami, da Artemisia a Lavinia fuggita, a Una camicia bruciata: libro di confessione più che di stretta invenzione, ci fa entrare nel laboratorio di Anna Banti ma anche nella profondità dei suoi sentimenti che provocano ustioni di fuoco e di gelo. Lacerante è il grido della nascita che apre il romanzo e che rimanda, sul finire, al distacco della morte avvertita come un altro possibile ingresso, come liberazione «da una terra che non è la sua e la respinge». Chi parla è Agnese Lanzi, che si ricorda bambina e adolescente ipersensibile, scontrosa, «diversa». Laureata in storia dell'arte, si trova adesso come ispettrice in un museo dell'Abruzzo dove ha la fortuna di scoprire, in una chiesa, una pìccola statua della Vergine dal volto «delicato, soffuso di arguta dolcezza»; «Scolpita in vecchio avorio patinato la figuretta piegava il fianco destro sotto il peso del Bambino...». La scoperta riveste per lei un valore traumatico, risolutivo. Vorrebbe far restaurare la Madonnina gotica, indagare per quali tortuose vie sia finito al Sud quel piccolo capolavoro di mano francese. Ma viene respinta dal prete come sacrilega, evitata dalla gente superstiziosa, per cui si chiude in casa, a lasciarsi morire di rifiuto e di inedia, quasi di premonizione dolorosa. Questo capitolo. di tutti il più narrativo, acquista particolare intensità proprio per la luce che getta e che riceve sulle pagine successive. ' A salvare Agnese giunge al suo letto d'ospedale il Maestro famoso con cui ha studiato e che, quasi sospinta dalla fatalità, finirà per sposare. Nel grande critico è facile intuire i tratti e i vezzi di Roberto Longhi —che fu appunto marito di Anna Banti — la sua rabdomantica capacità di •leggere* un dipinto. Nasce e si sviluppa in Agnese un amore coniugale che ha momenti di quieta, toccante dolcezza e si nutre di ammirazione per il maestro inarrivabile. Ma quegli ardori e quelle ceneri valgono anche a temprare il suo orgoglio intellettuale. La storia di Agnese, d'ora in poi, non sarà altro che una confinila contesa per superare quella che lei considera una mortificata condizione ancillare. A ben vedere, il vecchio prete che la spinge fuori dalla chiesa, che le impedisce di provarsi nella perizia raggiunta, è —per quanto possa apparire crudele agli occhi della donna — l'equivalente del marito che, dall'alto della sua imperturbabile scienza critica, la tiene lontana dal mondo fascinoso dell'arte. Per affrancarsi si dedica allora alla letteratura, ma la soddisfazione per i primi successi è avvelenata dall'amara considerazione «che il suo modo di leggere l'opera figurativa era notevolmente mutato, più di stimolo al contributo dell'immaginazione che all'arricchimento della sua esperienza di studiosa». Anche qui, renderne merito o colpa al Maestro che l'ha spinta consapevolmente verso il romanzo? Certo ha qualche significato il fatto che Agnese — lavorando spesso negli immediati dintorni dell'arte, nell'alone dei secoli della pittura — si metta a scrivere «storie di donne indignate e superbe», seppellendo sotto il nom de piume le aspirazioni giovanili, non la persuasione che, al di là dell'esagitato femminismo, valga la pena battersi per «la parità della mente e la libertà del lavoro». C'è insomma il sospetto che il romanzo continui a rappresentare per lei un mediocre ripiego. Perfino la devozione postuma per il marito strappatole da una malattia, la cura per le sue. carte e la tua eredità di pensiero, appaiono insidiate dal dolore insorgente della vecchia ferita, dalla volontà di ricominciare. Prima però occorre •smantellare* i romanzi scritti finora, convincersi di quanto sia sterile e gratuito il gioco dell'immaginazione di fronte alla perentorietà del documento. Fioriscono di qui a contraggenio, in un libro per sua natura disuguale, le pagine più turbate e trasparenti. Anna Band ricapitola la sua esperienza di scrittrice di narrativa e d'arte, riaffermando manzonianamente la precarietà e la pari dignità di storia e invenzione, il loro vicendevole aluto nell'awicinarsi a un passato dove risplende mirabilmente, per lampi, l'eterna vicenda dell'uomo. n presente conta meno: «Si distingue il profilo di una montagna se la si osserva da lontano, non quando ci avviciniamo alle sue falde». Questa generosa rissa di •generi' letterari si conclude in una superiore conciliazione che riverbera una luce mitissima, radente sui giorni della indomita, •vecchia signora: Lorenzo Mondo Anna Banti: Un grido lacerarti*. Rizzoli, 175 pagine, lira 8000. «Madonna con il Bambino» (metà del sec. XIII)

Persone citate: Agnese Lanzi, Anna Band, Anna Banti, Banti, Lorenzo Mondo, Roberto Longhi

Luoghi citati: Abruzzo