Spallanzani, l'abate che in laboratorio interrogava la natura

Spallanzani, l'abate che in laboratorio interrogava la natura Il biologo in un saggio di Montalenti Spallanzani, l'abate che in laboratorio interrogava la natura LA figura di Spallanzani, nella attuale attenzione che ogni ramo del sapere pone alle sue radici, appare sempre più grande. Due secoli fa, lo studio della biologia era agli albori: materia di discussione erano ancora i problemi fondamentali lasciati in eredità da Aristotele e usati nelle generazioni come esercitazione filosofica. Improvvisamente, nel nuovo clima Galileiano, questi stessi problemi cambiarono radicalmente faccia: divennero materia sperimentale, passando dalla immobilità delle discussioni astratte alla mobilità della prova, al giudizio puntiglioso e accanito della verifica. Il tempo divenne allora un vettore, segnato dal progresso delle conoscenze che si andavano accumulando: In questo passaggio concettuale e metodologico, più ancora che nei singoli risultati conseguiti (che furono numerosi e baste voli a fare di lui uno dei fondatori della biologia moderna), sta l'originalità di Spallanzani. Egli fu soprattutto uno sperimentatore. Impregnato di cultura sia classica che moderna, istruito nelle lettere nella matematica e nella logica, egli si precluse tuttavia con rigore ogni dottrina astratta, limitandosi al campo concreto della prova sperimentale. Con alta coscienza del proprio valore, si pose i più importanti interrogativi della biologia del suo tempo, e subordinò rigidamente a quelli la sua attitudine ad impostare le esperienze adatte, e la capacità manuale e tecnica, altrettanto eccezionale, di portarle a compimento. Prova dopo prova, sistematicamente, egli rimaneva per anni e anni fedele alUnterrogativo che si era posto. Non c'è dubbio che questa rigida censura verso ogni diversivo concettuale-filosofico (cosi facile nel suo e nel nostro tempo, e particolarmente facile per lui, abate, nonché temperamento polemico) io pone come una figura nuova, di spirito modernissimo, più assai, sotto questo profilo, di pur grandissimi contemporanei e quasi conterranei di derivazione prevalentemente medica, come il Morgagni. Egli, è bene notarlo, non fu affatto lo sperimentatore miope che rifiuta di vedere più in là del dato sperimentale: anzi, seppe trarre vaste con¬ seguenze dalle sue scoperte, che inquadrò in teorie e ipotesi di ampio respiro. Ciò che distinse il suo modo di procedere fu il rifiuto a mettere i problemi scientifici al servizio di dilemmi precostituiti. Era chiaro per lui che il metodo scientifico doveva fondare il sapere, e non essere uno dei tanti ornamenti del sapere. Vi è piena coscienza, cosi caratteristica del suo secolo, del cosmopolitismo e della universalità della scienza. Fu in intensa corrispondenza con i grandi del suo tempo, ben presente, con tutto 11 peso della sua ambizione, sulla scena scientifica. Fu superiore alle barriere nazionali e tuttavia attaccato profondamente alla terra della sua infanzia e giovinezza, alla quale restò legato fino alla morte. Figura certo anche umanamente complessa e piena di fascino fu Spallanzani. Una giovinezza che dobbiamo Immaginare febbrilmente curiosa co- strul un carattere sicuro di sé e aperto alla critica: la sua intensa passionalità, cosi evidente in alcuni episodi della sua vita, era principalmente tesa a sostenere uno spirito crìtico e spassionato. Era una passionalità di secondo grado, che aumenta la sua straordinaria modernità ai nostri occhi. E' assai probabile che egli avesse una vita interiore ricca e una sua religiosità, e che il suo stato di chierico non fosse una pura convenienza: ma non si trova traccia nei suoi scritti di presa di posizione qualsiasi in materia dottrinale. Sfortunatamente, molti aspetti della sua personalità dobbiamo solo immaginarceli, in assenza di documenti. Sarebbe certo interessante una ricostruzione estetica della sua figura, soprattutto della sua formazione giovanile, cercando di immaginare come due secoli fa potesse essere l'educazione sentimentale-filosofIca di un genio cosi acuto e penetrante. Il tentativo più riuscito di ricostruzione storica, nelle dimensioni di un libro breve e di agevole lettura, tendente nello stesso tempo a dar conto del significato dello Spallanzani nella fondazione della biologia moderna, si deve a Giuseppe Montalenti. Egli ha pubblicato; nel 1928, un libretto prezioso per lucidità e profondità, e pur di piacevolissima lettura, che ora ci viene riproposto dagli Editori Riuniti. Durante il cinquantennio intercorso, molti aspetti della figura del grande scandianese sono stati approfonditi, molti inediti sono stati pubblicati, e sia in Italia che all'estero i cultori dell'abate si sono moltiplicati (ne fa fede il recente Congresso, che nel marzo scorso ha raccolto a Reggio Emilia, poi a Modena, Scandiano e Pavia, un nutrito gruppo di studiosi); ma il libro del Montalenti conserva una completa attualità, e ci restituisce un avvicinamento del tutto «giovanile» allo Spallanzani, che una pubblicazione di più tardi anni probabilmente non avrebbe avuto. Si avverte nella scrittura che il contatto del giovane Montalenti (l'autore aveva • allora ventiquattro anni) con lo Spallanzani è stato assai più che una occasione di ricerca storica: è stato un confronto del proprio apprendistato intellettuale. Ciò conferisce al libro una dimensione letteraria singolare, che si aggiunge ai pregi storici e divulgativi. Sullo sfondo di una breve e chiara introduzione dedicata alla vita intellettuale del Settecento, e intramezzati da capitoli biografici, si snodano i capitoli dedicati alla confutazione della generazione spontanea, alla rigenerazione, alla circolazione, alla digestione, alla respirazione: cioè ai grandi temi sperimentali che lo Spallanzani si era proposto e che Montalenti vede come 1 grandi capitoli della sua vita. Giorgio Prodi Giuseppe Montalenti, «Lazzaro Spallanzani - Le origini! della biologia iperimetitale», Editori Riuniti, pagine 96, lire 3000. Lazzaro Spallanzani

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