Otto Frisch: allora la fisica irruppe nella storia

Otto Frisch: allora la fisica irruppe nella storia Uno scienziato e la fissione nucleare Otto Frisch: allora la fisica irruppe nella storia UN quarantanni fa, o poco più, la nuova fisica entrò di prepotenza nella storia, anche politica, del nostro tempo (e ancora vi rimane). Alcuni dei protagonisti, di coloro cioè che contribuirono a fare scaturire dal cuore della materia, l'energia nucleare, si sono fatti biografi di sé medesimi e insieme illustratori della fisica corrispondente. Cosi fece Otto Hahn, cosi Max Born e altri; mentre compare adesso, in italiano, questa La mia vita con l'atomo, di Otto Frisch. Nato a Vienna nel 1904. di famiglia israelita, l'autore ci riporta, quando descrive la sua prima giovinezza, ai luoghi e ai tempi e agli ambienti borghesi di quell'Europa Centrale, che ha avuto appassionati dipintóri in Zweig, Musil, Werfel, J. Both, nonché nel summenzionato Born. Ma Frisch, di quel «Mondo di eri», ebbe forse una meno accorata nostalgia. Uomo di scienza, fisico, inventore di apparati sperimentali, alla politica si confessa negato: degli avvenimenti del suo tempo tratta di scorcio, per quel che tocca le sue vicende personali. Perciò questo libro è soprattutto il resocondo di una sicura vocazione e di una lunga avventura scientifica, e sarà più apprezzato da coloro che sono meno digiuni di scienza. Le vicende di anni burrascosi lo portarono successivamente a Berlino, Amburgo, Londra, Copenaghen, Birmingham, Liverpool, Los Alamos e poi, dal 1946, ancora in Inghilterra. Gli incontri che, in tante peregrinazioni, fece con scienziati famosi, come Bohr, Rutherford, Chadwick, Oppenheimer, gli offrirono occasioni per tratteggiare, di essi, profili azzeccati e aneddotici (il volume si conclude con un'appendice biografica degli scienziati del suo e nostro tempo). Parte centrale del libro è il capitolo che racconta gli avvenimenti intorno al 1938, l'anno in cui fu scoperta la «fissione». In quel¬ l'anno, nel marzo, si ebbe VAnschluss, l'annessione dell'Austria al Reich di Hitler. Tra gli effetti di quell'evento, fu che un'esile scienziata austriaca. Lise Meitner, che lavorava con Otto Hahn, all'Istituto di chimica Kaiser Wilhelm di Berlino, dovette fuggirsene, riparando poi a Stoccolma. Era una delle rare donne scienziate. Anni prima, quando si era abilitata all'Università di Berlino con una lezione su «Problemi di fisica cosmica», questo tema parve, a un cronista, eccessivo per una donna, cosicché ne riferì come di una lezione su «Problemi di fisica cosmetica». In quello stesso anno 1938, il nostro Enrico Fermi ebbe il Premio Nobel. Questo gli era stato conferito per sue ricerche (sue e di un gruppo di collaboratori e allievi all'Università di Roma) sugli effetti del bombardamento della materia con neutroni: egli ne aveva ottenuto trasmutazioni di sostanze e isotopi radioattivi; aveva scoperto altresì che l'efficacia dei neutroni cresce di molto se essi sono rallentati (e aveva trovato come rallentarli). Gli studi di Fermi, prontamente conosciuti nel mondo, avevano suggerito ricerche analoghe in molti laboratori e anche all'Istituto berlinese dove lavoravano Otto Hahn e Lise Meitner. Tra le sostanze cosi trattate, vi fu anche l'uranio, ultimo elemento naturale del sistema periodico, e si credette di averne ottenuto un elemento più pesante transuranico, ma l'esame chimico denunciava la presenza di sostanze più leggere, come il bario. Era una ricerca condotta soprattutto da studiosi europei, i quali proprio allora erano indotti a scappare, e cosi anche Fermi. Difatti, in quello stesso 1938, un gruppetto di professori universitari italiani, su richiesta di quel promotore di buoni studi che fu Achille Starace, proclamava l'esistenza di una «razza italiana» ; nel comunicato si specificava che gli ebrei non appartenevano ad essa. Era chiaro che si stavano preparando le misure razziali, che poi vennero. Fermi, che già aveva ricevuto allettanti inviti a trasferirsi negli Stati Uniti (e aveva una moglie israelita, divenuta poi, col suo Atomi in famiglia, eccellente biografa del marito), da Stoccolma, dove aveva ricevuto il Nobel, passò direttamente in America. Ivi, com'è noto, preceduto e accompagnato da una fama straordinaria, per primo costruì un reattore nucleare (la «pila atomica» del 1942, allo stadio di Chicago), estraendo calore cioè energia dai nuclei di uranio. La ritrattistica dei personaggi illustri si fa più fitta quando il Frisch viene a parlare di Los Alamos, la più alta concentrazione di cervelli che mai sia stata fatta, dove si inventarono, di gran fretta, le bombe nucleari: in fretta, perché urgeva arrivare prima di Hitler. Nelle pagine di Frisch qui riportate, ricorrono nomi di scienziati noti, come Gamow e Bohr, che non abbisognano di commento, e di altri meno noti: come il tedesco Fritz Strassmann, collaboratore di Hahn nelle ricerche che condussero alla scoperta della fissione; il boemo George Placzek, studioso del comportamento dei neutroni nella materia, nonché nei reattori nucleari; l'americano Edwin McMillan, che primo individuò un altro elemento fissile, il plutonio, che si produce dall'uranio nei' reattori nucleari. DJdjmo L'esplosione atomica a Hiroshima