Rimbaud fugge bruciando vita e poesia di Giovanni Bogliolo

Rimbaud fugge bruciando vita e poesia Biografia Rimbaud fugge bruciando vita e poesia NON si interroga disinteressatamente la biografia dei poeti: anche chi non crede più che tra vita e opera si possa instaurare un sistema di equivalenze o definire un preciso rapporto genetico continua a cercare nell'accumulo di documenti indizi chiarificatori del mistero della poesia o anche una inconsapevole riduzione del suo insostenibile scandalo alle confortanti dimensioni del quotidiano. Non la si interroga neppure inutilmente: a patto di rassegnarsi a ruotare attorno al sempre inattingibile nucleo del messaggio poetico in quel faticoso esercizio di ricerca che Péguy chiamava «il metodo della grande cintura», si possono acquisire conoscenze sicure e preziose, una somma di dati che, organizzati attorno ad un loro principio di coerenza, concorrano insieme con l'opera a definire il senso di un 'irripetibile esperienza umana. Il senso e il mistero: se la vita non spiega l'opera (essendo vero caso mai il contrario), l'una e l'altra sono segni da decifrare e il dettaglio biografico, fissato nell'illusoria oggettività del documento, possiede, per cki lo sappia sollecitare, un grado di ambiguità non dissimile da quello che si riconosce alla parola poetica e un fascino altrettanto persistente. Si prenda il caso Rimbaud: la sua opera costituisce senza dubbio il momento di massima intensità espressiva che la lirica moderna abbia conosciuto, ma la folgorante rapidità con cui si è consumato, la rabbiosa sintesi di opzioni contrastanti che è costato, la tensione assoluta che l'ha alimentato hanno lasciato un lesiduo di problemi che ne rendono a tutt'oggi incerta la decifrazione. Quello che sfugge è ■il senso profondo dell'avventura di Rimbaud, e questo fondo di ambiguità e di mistero che l'opera continua a difendere non si arrenderà certo all'interrogazione di quel febbrile e disordinato susseguirsi di esperienze che ha segnato la breve esistenza del poeta. Sappiamo tutto, o quasi, della sua infanzia a Charleville, del suo precoce talento di versificatore in latino e in francese, delle sue letture, delle sue fughe, dei suoi tempestosi rapporti con Verlaine culminati nel colpo di pistola di Bruxelles, delle sue intemperanze, delle sue amicizie, dei suoi viaggi. Sappiamo che la sua avventura poetica si brucia in tre, forse in quattro anni e che alla soglia dei vent'anni c'è l'abbandono definitivo della letteratura (»Vivo, si amputò della poesia», dirà Mallarmé) per un vagabondaggio forsennato attraverso l'Europa e per quell'avventura abissina — di traffici coloniali, ma anche d'esplorazione — da cui sarebbe tornato solo nel 1891 per morire a Marsiglia tra gli spasimi della cancrena. Non tutto è chiaro, naturalmente: dal grande problema della datazione delle due opere maggiori — Una stagione all'inferno e Illuminazioni — a tanti dettagli della vorticosa esistenza del poeta, molto rimane ancora aperto alla scoperta e alla congettura, ma sarebbe ingenuo attendersi dal conseguimento di ulteriori, parziali certezze biografiche l'irrevocabile e definitiva verità di Rimbaud. Anche per questo si può ancora leggere con fiducia la classica biografia rimbaudiana di Enid Starkie, che risale nel suo primo nucleo al 1938 e, per la stesura definitiva, al 1954: da allora, la ricerca biografica e l'analisi critica non hanno smesso d'interrogare la vita e l'opera del poeta e di segnare per alcuni temi (la posticipazione delle Illuminazioni, la natura dell'avventura africana, ecc.) significative variazioni di orientamento. Ma là linea interpretativa proposta dalla studiosa inglese è un'ipotesi critica globale così poco legata al minuto accertamento biografico da non aver perso nulla della sua sostanziale credibilità. A dispetto di tante successive acquisizioni, la tensione vitale su cui ia Starkie ha impostato il contrasto tra l'ebbrezza di onnipotenza del giovane poeta-mago e il trauma che gli provocò la scoperta dei limiti della poesia può ancora offrire un valido principio per capire Rimbaud. La sua fu un'avventura di conoscenza che, per essersi voluta costringere alla insolita specola della poesia, vi ha prodotto un incontenibile sconvolgimento o addirittura, secondo la recente indicazione di Georges Pulet (La poesie' éclatée. Ed. P.U.F., 1980), una vera e propria «esplosione». Giovanni Bogliolo Enid Starkie, Jean-Arthur Rimbaud, a cura di A. Comotti, Ed. Rizzoli, pagine 460, lire 20.000. Rimbaud visto da Levine (Copyrigit N.Y. Revtew «Boote. Opera Mundi e per l'Italia «La Stampa»)

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