Pentole, amache e caramelle addolciscono gli «Araràs» dell'Amazzonia
Pentole, amache e caramelle addolciscono gli «Araràs» dell'Amazzonia Primo incontro con i bianchi Pentole, amache e caramelle addolciscono gli «Araràs» dell'Amazzonia BUENOS AIRES — Dopo 11 anni di tentativi falliti, finalmente in Brasile sono riusciti i primi approcci pacifici con gli indiani -Araràs-, che abitano le sponde dei fiumi Iriri e Xingu, nello Stato di Pari, Amazzonia. Considerati finora feroci selvaggi, quasi belve, dai •gaiteros» (cacciatori di gattopardi) dai coloni e dagli esploratori, questi indiani si sono invece rivelati amichevoli, allegri e molto curiosi, nei primi contatti con una 'équipe» specializzata di •sertanistas» (studiosi del «sertao- e cioè delle zone selvatiche brasiliane) creata dal Funai, ente ufficiale di aiuto agli indiani. Sorridenti e loquaci (nella loro lingua, naturalmente) cinque *Araràs» — quattro uomini e un ragazzo di 12 anni — hanno gradito i doni dei bianchi, contraccambiandoli con i loro: miele e prodotti di cacciagione: soprattutto maiale e scimmia. Mentre gli adulti squadravano la -jeep» degli esploratori, il ragazzino •Arard» ha dimostrato un grande interesse per un pallone da foot-ball. La presenza degli •Araras» in questa zona amazzonica dell'Alto Xingil era stata notata già a metà del secolo scorso, ma dal 1942 in poi era diventata un fatto inquietante per i loro continui e violenti attacchi contro ogni estraneo che penetrasse nella zona. Fra questi estranei ci sono stati molti •seringueiros», lavoratori cosi chiamati perché usano speciali siringhe per l'estrazione del caucciù dalle piante che lo producono, e anche funzionari governativi che periodicamente ispezionano la regione. Negli ultimi anni poi, con l'apertura della Strada Transamazzonica, gli attacchi sono stati più frequenti ed è per questo che si è cercato di avvicinare gli indiani con nuovi mezzi e strategie. La cronaca dei primi incontri con gli .Ararùs. la si deve a Bita Carneiro, fotografa dell'equipe del Funai e a Karayvdh, un indiano della tribii Trizio, che ha fatto da interprete, usando una lingua abbastanza simile a quella -arare». E'stato un avvenimento eccezionale anche per gli .Araras-, naturalmente. Uaktó, il dodicenne protagonista dell'incontro, non aveva mai visto né toccato un uomo bianco. Come gli adulti della tribii, il ragazzo ha i capelli neri tagliati col coltello, cortissimi, un bastoncino sottile attraversa il suo naso e sul corpo nudo porta solamente collanine di pietre rotonde, raccolte nella selva. Uaktó è forte e coraggioso. Può diventare terribilmente violento se lo vince lira. In questo è uguale a tutti gli altri membri della tribù, piccoli e grandi: tutti disposti a difendersi fino all'ultimo sangue, a frecciate o eventualmente in una lotta corpo a corpo. Queste risposte sono state finora le sole che hanno dato ai bianchi, considerati •invasori della propria terra', ladri potenziali delle loro ricchezze oppure una minaccia di alterazioni delle loro abitudini e leggi. E in passato le loro frecce hanno liquidato parecchi di questi invasori come sono stati anche molti gli .Arurds» periti per mano di esploratori e colonizzatori. Gli uomini bianchi, però, hanno continuato ad avanzare imperterriti in quella sconfinata terra amazzonica, che gli •Araras» giudicano una loro proprietà senza limiti. Undici anni fa il Funai creò un 'fronte di attrazione per gli "Araras"», e, dopo alcune sconfitte, stabilì una -sona di nessuno» lunga circa 80 chilometri della Strada Transamazzonica, ai cui limiti, come esperimento di pace, collocò ripetutamente dei doni. Le prime reazioni furono negative: i doni venivano respinti e gli indiani si avvicinavano di notte al posto del Funai lanciando invece di frecce delle noci di cocco di •babacil». Era un modo per burlarsi dei bianchi. Questi, però, pazientemente, hanno rinnovato le offerte di doni: farina, utensili da cucina, pentole, cotone, vestiario, caramelle e •amacas». Un giorno avvenne il miracolo: un gruppo di «Araras- raccolse i doni e se ne mostrò soddisfatto. Poco dopo si allontanavano borbottando parole incomprensibili e tornavano coi loro regali: diademi di paglia e bambù, miele -jabutu e frutta della selva. L'interprete Tric&o ha raccontato che gli •Araras» hanno cercato di farsi capire, con gesti, risate e poi parole. Non è stato facile comprenderne il senso, poiché Karayvah poteva tradurre appena una minima parte dei loro discorsi. Comunque era già molto e, soprattutto, si erano scoperte le buone intenzioni. I doni ricambiati, la pacifica curiosità verso utensili ed oggetti, il tono della voce senza minacce. E anche un po' di musica dalle due parti, con alcuni strumenti semplicissimi. «Uaktó — hanno raccontato i membri della spedizione — aveva gradito soprattutto le caramelle ed altri dolciumi assieme al pallone. Nei giorni seguenti tornò assieme ad altri ragazzi della tribù ed insegnammo loro a giocare. L'amicizia era fatta». Tornarono anche gli adulti rinnovando doni e ringraziamenti per quelli ricevuti, tentando di farsi capire. Naturalmente è appena un principio e il lavoro del Fronte di Attrazione degli Arards continuerà. Molti sono i pericoli e i problemi da affrontare. Ad esempio, ci vuole un servizio sanitario pronto a combattere le malattie che i virus dei bianchi possono provocare fra gli •Arards» che non hanno anticorpi per combatterli. Ancor più difficile è la lotta contro i disastri che potrebbe arrecare il potere economico. Taluni interessi dei bianchi sono in contrasto con quelli del popolo •Ararci-. Esistono ricchezze agrarie e minerali da sfruttare, ma bisogna, stare attenti a non abusare della nuova 'buona disponibilità» di questi indiani, a non offenderli né toglier loro le possibilità, se lo desiderano, di vivere come sempre hanno vissuto. Vera Jarach
Persone citate: Bita Carneiro, Pari, Trizio, Vera Jarach
Luoghi citati: Brasile, Buenos Aires
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