Junger: la città ideale crolla sopravvive l'araucaria

Junger: la città ideale crolla sopravvive l'araucaria Romanzo utopico: «Eumeswil» Junger: la città ideale crolla sopravvive l'araucaria ERNST JUnger è tra gli scrittori tedeschi viventi certo il più discusso, forse il più discutibile. Ne sono testimonianza i giudizi contrastanti di scrittori e critici, ne è prova l'apologia enfatica, e non scevra da sarcasmi, verso i detrattori di Alfred Andersen nel saggio che compare a guisa di postilla all'edizione italiana dell'ultimo romanzo di JUnger. Eumeswil, pubblicato dallo scrittore nel 1977, a ottantadue anni, dopo una ininterrotta attività di saggista e romanziere, giunge ora anche al lettore italiano nella elegante traduzione di Maria Teresa Mandalari. Confesso che m'interessa poco la polemica sul passato di Ernst JUnger, e meno ancora mi interessano i tentativi di giustificare il suo pensiero e di scagionare le sue costruzioni ideali dal sospetto di nazionalismo, conservatorismo, militarismo. Non siamo qui per giudicare l'uomo, e i li bri, più che giudicati, vanno capiti. Eumeswil è l'ultima città immaginaria di JUnger, fondata da Eumene, uno dei diadochi eredi dell'impero di Alessandro Magno — ma il prefisso «eu» non è casuale —: strana città che sembra per certi aspetti vivere nell'avanzato 2000, ma raccoglie in sé uno spesso strato di storia, memorie continuamente ricorrenti del mondo antico,' medievale e moderno, riassunte e coordinate nella persona del protagonista-narratore, che è infatti studioso e docente di storia. Nella roccaforte della città, chiamata <casbah>, si concentra il gruppo degli eletti che la governano, ordinati gerarchicamente, dai gradini più bassi, gli «stewards», fino al Condor, sorta di tiranno illuminato. La città bassa somiglia a qualsiasi città della costa mediterranea dell'Africa, con un porto, dei bordelli, vie strette brulicanti di umanità sempre in movimento: l'assiduo ricordo dell'esperienza giovanile dell'autore nella legione straniera. Ma l'utopia autocratica di Eumeswil, a differenza di quella di Heliopolis, il romanzo che JUnger pubblicò nel 1949, si slabbra in una serie di particolari accidentali che la insidiano dal di dentro: il protagonista narratore, professore universitario, nella gerarchia della casbah è steward notturno e gestisce il bar di notte, prepara e mesce bibite, ascolta i discorsi dei potenti e U annota con un codice segreto. Nello stesso tempo si prepara un rifugio nascosto nella foresta, ove salvarsi in caso di disfatta del Condor: ma il rifugio è una tana non diversa da quelle che si scavava da bambino o che vedeva scavare al topolino giallo-rosso, il moscardino, ed è per lui un ritorno alla madre che gli mori quand'era ragazzino. Il ricordo della madre, lo scarso affetto per il padre, 1 rapporti competitivi con il fratello, costituiscono, insieme a digressioni di storia naturale e notazioni sulla vita degli animali e delle piante, un secondo livello di lettura sempre presente e che spesso interseca e ricopre la descrizione della città utopica. Appartiene a questo secondo livello l'amore del protagonista per due donne, una prostituta e una ricercatrice universitaria, così come la storia d'amore del padre, il concepimento e la travagliata nascita del protagonista. E' la presenza di questo secondo racconto nel romanzo principale che insidia tutta la costruzione ideale di Eumeswil: il mondo perfetto della casbah, che non a caso è abitata da soli uomini, si incrina per la presenza umana del narratore; la totalità razionale della struttura è minata dall'imprevedibilità dell'esistenza, dalla natura animale e vegetale; la sicurezza di un sistema senza difetti è distrutta intimamente dai ricordi, dalle paure e passioni dell'uomo. L'ultimo romanzo di JUnger è simbolo della caduta di ogni progettazione ideale, è il ritorno al casuale e al precario dell'esistenza Se una certezza rimane, è solo nella illimitata possibilità di adattamento alle cose e agli avvenimenti : come fa il moscardino, o l'araucaria. La casbah scompare con tutta la sua gerarchia; scompare anche il protagonista narratore. Ma noi sappiamo che il moscardino e l'araucaria sopravvivono. E il vecchio JUnger ha imparato a sorridere di se stesso, come della sua buffa divisa di steward: «rjn attillatissimo costume di lino a righe azzurre... babbucce moresche di marocchino giallo... il ridicolo berrettino, una barchetta da portare di traverso.. Laura Mancinelli Ernst JUnger: Eumeswil. Rusconi, 408 pagine, 12.500 lire. Illustrazione di Escher

Luoghi citati: Africa, Escher