Invito al fienile

Invito al fienile racconto per L'estate Invito al fienile LE donne le vestiva e le svestiva. Ma solo perché, facendo il mereiaio ambulante, poteva permettersi la confidenza di avvolgere i loro busti con gli scampoli delle sue stoffe fiorate. Scampoli che, a esibizione ultimata, lasciava cadere non senza malizia, strappando qualche rossore alle giovani spose. Ma, almeno dalle sue parti, a un mercante di stoffa questo era consentito, purché non si esagerasse in moine e smancerie. Erano, comunque, le donne più fatte a tagliar corto e a rimettersi il grembiale quando Fredo, seduto su una stanga del suo trabiccolo, sembrava non voler più andar via. Qualche volta, però, riusciva a prolungare queste sue soste nelle corti delle case contadine, spintovi un po' dalla sua pigrizia, un po' da quella malìa che gli era sempre venuta dalle donne. La voglia gli montava soprattutto al tempo della canapa alta, con quel suo profumo di erba che va in amore. Allora, ancor più di sempre, si abbandonava ai discorsi. Anche se quelle donne romagnole, abituate a diffidare degli uomini non appena impastano le parole con la saliva, finivano col dargli la baia. Così tutte le sue narrazioni — su finestre che si spalancavano dopo serenate irresistibili, su certe rincorse nei campi a lieto fine, sulla fama di «signorilità» di cui godeva l'ultimo toro arrivato alla monta — venivano accolte con risate non certo lusinghiere per il giovane mereiaio, e poi troncate. Che Fredo fosse un sottaniere soltanto a parole lo sapevano anche i giovanotti del paese, che se lo portavano dietro la domenica, un po' per farlo divertire, un po' per1 divertirsi alle sue spalle. Già vecchio come giovane ma ancora giovanissimo in quanto ad esperienze con le ragazze, era il compagno ideale da incitare alle avventure più strampalate. Sia quando, tutti in gruppo sulle biciclette, incrociavano lungo lo stradello un paio di ragazzone un po' scomposte sui sellini, sia quando dal tavolo dell'osteria nello slargo della piazza vedevano passare certe spose con la pelle bianca e morbida da bottegaie. Fingendo di credere alle sue favole, coglievano ogni occasione per spronarlo. Né mancavano di suggerirgli, scusandosi con lui come ci si scusa con un maestro, modi e tempi e strattagemmi. E perfino certi luoghi galeotti: il viottolo delle acacie lungo il fiume, l'ansa del grande fosso erboso, il sentiero tra i campi della canapa. Ma era fatica sprecata. Per di più il loro «bell'Alfredo», come avevano preso a chiamarlo, si vendicava di tutte queste invadenze sostenendo che non c'era, in tutta la piana, palmo di terra che non avesse conosciuto una sua prodezza. Per tacere di certe imprese, meno precipitose, in cascinali e fienili. Così, i giovanotti furono costretti ad un vero e proprio complotto. Una domenica mattina, quand'erano tutti schierati attorno al tavolo dell'osteria, fecero a Fredo la grande rivelazione: avevano a disposizione, non solo un fienile ma anche una donna. Che, se voleva, sarebbe stata sua. Fredo non potè che accettare Allora lo informarono che l'ora dell'attacco sarebbe scoccata all'imbrunire. E che alla prima parte della spedizione avrebbero partecipato anche loro. E così fu. E puntualissimi giunsero all'appuntamento, all'incrocio degli stradelli, i tre giovanotti. Quello in coda portava sulla canna della bicicletta, stretta nell'assedio delle braccia, una ragazza. A Fredo fu dato modo di mettersi, nella fila indiana, da ultimo. Tanto da potere godersi con gli occhi la preda, in attesa che gli venisse consegnata dietro al fienile, in fondo alla strada dei gelsi. Fredo, nel pedalare, conobbe momenti di ebbrezza e altri di stordimento. Della ragazza riusciva a vedere soltanto le gambe, che ora si tendevano ora si ritraevano; certo per la scomodità della posizione, pensò, ma forse anche per prepararsi ad immolarle. Prima tuttavia, anche se di sfuggita, aveva fatto in tempo a scorgerne il viso, un ovale dolce eppur risoluto, tutto incoronato da un bel fazzoletto Celeste, che celava in parte la crocchia dei capelli. E anche il busto — era chiaro — non denotava quelle avarizie della natura che purtroppo si scoprono fra piega e piega. La sera, baciata da una luna piena, appena intiepidiva il calore che la grande arsura del giorno aveva lasciato nei campi. 11 fieno, da poco abbattuto e ancora da rastrellare, riempiva l'aria di quel suo odore da natura sudaticcia e un po' invaghita del mondo. Fredo, col cuore in gola dell'adolescente che si ritrova in un viaggio ormai senza possibilità di ritorni, pensò alle sue avventure fallite. Lo rincuorò il fatto che la ragazza seduta sulla bicicletta che lo precedeva ad un certo momento prese a ridere. E lui aveva sentito dire che la donna s'arrende ridendo. All'altezza del fienile le quattro biciclette si arrestarono. Poi quella che trasportava la preda proseguì fino alla porta di dietro. La donna scese con un balzo e s'inoltrò nel cascinale, dopo essersi voltata, invitante Allora, con uno scatto della testa, complice e imperativo, i giovanotti diedero il via a Fredo, che entrò. La luna piena gli assicurò i contorni delle cose. Sentì un fischio modulato, da merlo, provenire dal piano di sopra. Salì allora la scala a pioli lentamente. Poi i suoi occhi videro la ragazza abbandonata sul fienile E subito gli piacquero di lei le sopracciglia spesse e la bocca forte, di un rosso vivo. Per mostrarsi almeno un po' galante non aveva che da togliersi il cappello, che infatti fece volare ai piedi della donna. Quindi si avvicinò, si sedette E poi, carponi sul fieno, colmò l'ultimo spazio. Fu in quel momento che il viso di Fredo di fece di biacca. Era a una spanna dalla faccia di un uomo. E subito quella faccia si scompose in una risata, che rimbombò a lungo. L'uomo, forse della sua stessa età, si sbottonò in alto la veste da donna e ne estrasse uno sciarpone con due grossi nodi sferici distanti il giusto, che fece scodinzolare davanti agli occhi di Fredo. Poi con il rovescio della mano si strofinò a lungo le labbra. Soltanto un po' contrariato dal fatto che quel colore rosso da belletto stentasse a sparire. Fredo, che invece sapeva come si fa a cancellare dalla pelle il rosso lasciatovi dallo striscio di un papavero, non glielo disse. Neri no Rossi