Ciò che Spadolini non dirà a Ottawa di Mario Salvatorelli

Ciò che Spadolini non dirà a Ottawa Ci sono anche buone notizie per l'economia Ciò che Spadolini non dirà a Ottawa La Borsa si è ripresa, i prezzi rallentano leggermente, i conti con l'estero in giugno sono attivi Ma è presto per parlare di inversione di tendenza " Nella valigia, pesante • di problemi, che si è portato a Ottawa, Spadolini avrà forse messo anche le poche, buone notizie, che abbiamo registrato in questi ultimi giorni: il riequilibrio della Borsa, il leggero rallentamento della corsa dei prezzi e l'eccezionale attivo nei conti con l'estero in giugno. Ma, se l'avesse fatto, dubitiamo che il nostro presidente del Consiglio le tirerà fuori, per metterle sul tavolo delle discussioni. E non tanto per un calcolo politico di opportunità,, quanto per una doverosa prudenza. Troppo ci vuole, ancora, prima di parlare d'inversione di tendenza sui due fronti: quello interno della Borsa e dell'inflazione; quello estero della bilancia dei pagamenti. Per la Borsa le promesse non mancano, ma le scommesse sono troppe e ancora aperte. Per le spinte inflazionistiche e per i conti con il resto del mondo, purtroppo, è assai più saggio pensare a un rinvio all'autunno del deterioramento in atto fino a ieri. Vedremo, allora, in quale misura si scaricheranno sul costo della vita gli aumenti recentemente decisi e gli altri in programma, alcuni dei quali, come quello per la benzina, hanno un duplice effetto negativo, sui prezzi e sulla produzione. Per la bilancia dei pagamenti, l'ora della verità è rinviata a quando verranno a mancare gli apporti e i freni che in questi mesi hanno funzionato cosi bene. Si dovrebbero, tuttavia, sfruttare queste boccate d'ossigeno per riflettere sull'inutilità di ogni sforzo, e di ogni colloquio, bilaterale _o trilaterale, intèso a rendere l'indu¬ stria nuovamente competitiva sui mercati, se non sarà accompagnato da un risanamento del quadro in cui la stessa industria opera. Dove, per quadro, s'intende il resto del Paese: l'agricoltura, i servizi (dai trasporti alle comunicazioni, dal commercio al turismo) e la pubblica amministrazione. E' un «resto del Paese», per modo di dire, dato che ne costituisce la maggior parte, con oltre il 62 per cento degli occupati, quasi 13 milioni sui 21 circa risultanti all'inizio di quest'anno, e con un contributo al prodotto nazionale che nel 1980 è stato del 58 per cento. E già questa differenza tra le due percentuali, a tutto svantaggio della seconda, denuncia la necessità di un risanamento, soprattutto per l'agricoltura, il cui valore aggiunto per occupato è, in media, la metà di quello degli altri settori. E' una scarsa produttività, che pesa non solo sul reddito dei singoli e su quello nazionale, ma anche sui nostri conti con l'estero, dove la seconda voce passiva, dopo il petrolio, è l'alimentazione, con un disavanzo crescente che ha sfiorato i 6 mila miliardi nel 1980. Quello dell'agricoltura è un discorso antico, ma non per questo meno attuale. La riduzione nel numero dei suoi occupati negli ultimi cinque anni è stata dell'8 per cento, abbastanza in linea con quella degli altri Paesi europei presenti a Ottawa, eccettuato il 15 per cento della Germania Federale. Il divario si aggrava per il fatto che la nostra agricoltura assorbiva ancora, nel 1975. oltre il 15 per cento degli occupati, contro poco più dell'11 in Francia, del 7 in Germania e meno del 3 per cento in Gran Bretagna. Più recente, e non meno attuale, è il discorso sui servizi. Il numero dei loro occupati è in aumento in tutta la Comunità europea, ma in misura inferiore che in Italia. Il nostro, rispetto al 1975, è salito di oltre 1' 11 per cento, contro il 9 in Francia, il 6 in Germania, il 4,5 in Gran Bretagna. Commercio, credito e amministrazione pubblica hanno avuto la parte del leone in questo assorbimento di occupazione, ma non hanno avuto, purtroppo, un analogo ruolo nella produttività e nell'efficienza dei servizi prestati. Tutto ciò si riflette sia sul deceleramento dello sviluppo del Paese, sia sull'acceleramento dell'inflazione. Di questi problemi il presidente Spadolini non parlerà a Ottawa, dove, al centro delle discussioni, sarà il maxi-dollaro, non la mini-lira. Dovrà occuparsene al suo ritorno a Roma, se anch'egli, come sembra intenzionato a fare, adotterà il principio che le più gravi difficoltà possono trasformarsi in grandi occasioni. I banchi di prova non gli mancheranno. Per esempio, il super-petrolio è stata l'occasione per aumentare la produtività dell'energia da esso ricavata e per stimolare il rilancio di altre fonti energetiche. Anche il superdollaro potrebbe fornire l'occasione per sostituire tanti prodotti importati con quelli che la nostra industria e la nostra agricoltura potrebbero fornire. Mario Salvatorelli

Persone citate: Spadolini