Il porto di Genova in attivo nel 1980

Il porto di Genova in attivo nel 1980 Approvato il bilancio consuntivo Il porto di Genova in attivo nel 1980 Ma il traffico è in calo, gli olandesi della Nedlloyd dirottano le loro navi su Livorno GENOVA — Pochi giorni fa l'assemblea generale del consorzio autonomo del porto di Genova ha approvato il bilancio consuntivo relativo all'anno 1980. Un bilancio che ha entrate per 180 miliardi di lire ed uscite per quasi altrettanto e ha fatto registrare un attivo di 8 milioni di lire. Un'inezia, si dirà, dal punto di vista economico, ma è invece un fatto significativo. Fino a quando però, si chiedono i tecnici e gli esperti, sarà cosi? Se non si corre immediatamente ai ripari per controbattere la crisi internazionale e non si cerca di risolvere i problemi che assillano il porto, bilanci in pari o in attivo saranno ben presto un ricordo. In questi primi sei mesi dell'anno gli operatori economici e la stessa presidenza del consorzio hanno già più volte sottolineato come le cose non vadano per il meglio. Ultimo episodio in ordine di tempo il trasferimento, seppure parziale, di un traffico di contenitori dal porto di Genova a quello di Livorno deciso da un'importante impresa olandese, la Nedlloyd. La società ha cancellato per una parte del traffico il porto di Genova dagli itinerari della sua flotta preferendole quello di Livorno, anche se Genova complessivamente potrebbe offrire una serie di servizi più completa. Il porto ligure perù, secondo gli olandesi, non è riuscito a competere con la disponibilità in fatto di tariffe, servizi a terra e spazi, offerti dallo scalo labronico. Per superare gli ostacoli lungo la strada dello sviluppo del porto di Genova, secondo il giudizio del presidente del consorzio, il prof. Giuseppe Dagnino, socialista, alla testa del «Cap» da dodici anni, occorre innanzi tutto risolvere quello degli spazi. • E spazi — dice Dagnino — significano porto di Voltri e per giungere presto alla sua realizzazione occorrono finanziamenti adeguati. Questo è un problema non più locale ma dello Stato e del governo'. Dagnino, pochi giorni fa in una intervista a «Trend», una rivista specializzata, ha poi aggiunto che «un altro intoppo è rappresentato dalla produttività'. Certamente la crescita di produttività è legata anche essa agli spazi e alle opere, quindi alla programmazione nazionale degli investimenti, ma è vero che la produttività maggiore dipende dai soggetti che vivono nel porto e vi debbono cooperare. Il porto di Genova, nonostan¬ te queste situazioni, cerca in ogni modo di adeguarsi ai livelli nazionali e internazionali. Perciò è stato tra 1 primi ad attrezzarsi per i traffici containers e per quelli con i traghetti che in breve tempo hanno raggiunto l'80 per cento delle merci movimentate, ad esclusione, ovviamente, dei prodotti petroliferi. La progressione in questo settore, con la creazione di diversi terminals specializzati, è stata tale che in poco tempo a Genova sono stati movimentati circa trecentomila contenitori l'anno. Ma se il porto ligure vuole continuare a mantenere inalterato questo «tasso di sviluppo», che lo porterebbe a movimentare 750 mila contenitori in dodici mesi negli Anni Ottanta, occorrono nuovi spazi altrimenti si rischia il dirottamento verso altri scali, soprattutto verso quelli tradizionalmente «nemici» del Nord Europa. Già oggi circa 30 mila contenitori l'anno lasciano Genova per Rotterdam. Si tratta quindi di un problema di non facile soluzione, di estrema importanza per l'economia non solo ligure ma nazionale. Il porto di Genova, infatti, tanto per citare alcuni dati, ha un giro di affari annuo che supera i 2500 miliardi di lire di cui mille vengono incassati direttamente dallo Stato sotto forma di introiti doganali e nel porto o nei settori collegati lavorano complessivamente quasi centomila addetti. a. rob.

Persone citate: Dagnino, Giuseppe Dagnino