LETTERE DALL'ITALIA di Guido Ceronetti

LETTERE DALL'ITALIA LETTERE DALL'ITALIA Amori a Villa Carlotta COMO — Al turismo! Al turismo di massa! Di massa, peto<ir qualità. Tra Rimini e il lago di Como c'è ancora differenza. Stendhal non aveva che un aggettivo, per definirlo: sublime. Nella breve prosa / dintorni di Milano, una paginetta e mezza dell'edizione Mondadori delle Novelle, 857-58, Verga ne stampa un'oleografia a cui conviene l'aggettivo stendhaliano: sublime. Verga con pochi trucioli di luoghi comuni, di aggettivi stremati come l'avanzo di una caffettiera, «voci fresche», «colori vivaci», «luccicare di fiammelle», «riso di bella fanciulla», «Avemaria» compie il prodigio alchemico, la sua cartolina dal lago di Como eccita meravigliosamente il sogno e le lacrime. Chi però vuole che il puro resti puro si accontenti di Verga e di Stendhal. Como è ormai bruttissima e. indurita; il lago, visto dal battello, conserva l'incanto, se si abbia la precauzione di evitare l'orribile aliscafo. Questo stupido mezzo veloce regala al viaggiatore musiche vergognose e un'aria refrigerata, dentro vetri blindati, a cui mancano soltanto le foche: di lì, il paesaggio sublime lo si vede come qualcosa di losco e di polveroso. Per godere di questi beneficii, si paga un prezzo notevolmente più alto che per i battelli normali aperti, sui quali è molto più sopportabile il clic ininterrotto dei fotografano (non tutti giapponesi, sebbene in tutti brilli ineffabile il quid di perfetto abbrutimento idiota del fantastico Giappone industriale) e il tvunderbar rapito delle fissare tedesche. Miliardi di cartoline sono già state spedite, fra Tremezzo e Cadenabbia, con l'immagine di Amore e Psiche di Antonio Canova. A colori, in bianco e nero, di giorno, di notte, su fondo azzurro e rosso, di sopra, di sotto, una setta di erotomani seguita a fotografare incessantemente quei due alacri amanti. Il loro abbraccio, nella Sala detta dei Marmi, all'ingresso della celebre Villa CarlottaSommariva, non ha mai fine. Eccomi qua anch'io, appena sbarcato, a fare il voyeur intorno alla coppia sfrontata... Annotiamone qualcosa, tanto per abbassare gli occhi. L'erotismo canoviano è delicatamente polare: il gruppo potrebbe essere scolpito nel ghiaccio del pack. Si possono ammettere i bambini: vedranno una specie di volo, due candide cicogne che una fatalità irresistibile precipita a fondersi una dentro l'altra. L'artista ha spiato un momento bellissimo, crepuscolare tra l'abbandono e il soddisfacimento,' di mezza luce tra la beccata repentina dell'estro e la smorfia oscura della libido, affidandone l'esecuzione a due attori consumatissimi, nonostante l'estrema giovinezza, che sanno controllare meravigliosamente l'impe• to pur senza nasconderne l'inesorabilità e l'impellenza. Bravi, Amore e Psiche! E' cosi che va eseguita una danza d'amore! Ma voi siete archetipi, condizione libera dal polimero, libera dalla morsa dell'Acido Desossiribonucleico! Come possiamo imitarvi noi, con le nostre quadrimillenarie sifilidi ereditarie, con le nostre articolazioni di Non Primitivi (un noto assessore alla Cultura mi ha persuaso l'uso di questo eufemismo per surrogare Civilizzati) legate e formicolanti di acido urico, sopratutto con l'incapacità di sfogare il più famoso degli istinti senza emettere nessun suono? L'uomo non è che carne, carne... Cerchiamo però d'imparare, di avvicinarci un poco ai Modelli... La metafisica dell'amore, anche quello degli atti, delle posizioni, dei vari tipi di amplesso, non è irraggiungibile... Una poesia di Verlaine ha questo stupendo attacco: De la douceurì De la douceur! De la douceur! (è un sonetto erotico) e douceur rima con soeur, il verso dice che anche nel pieno di un trasporto amoroso la donna amante deve saper essere una sorella. ★ * Nella Psiche canoviana c'è questa douceur, questa calma e grazia di sorella, la presenza simultanea di due facce dell'amore, la fusione del carnale puro con lo sfumato, l'affettuoso, il compassionevole... (Credo proprio che, profondo erotologo e conoscitore come Tiresia delle due Veneri, Verlaine intendesse con sorella una mescolanza di passione e di compassione come sintesi dell'amore femminile: ogni uomo vuole essere amato e compatito insieme, veder brillare nell'occhio della compagna l'indulgenza infinita, la compassione di un Budda). — Nei cinema «a luce rossa» si vede questa compassione? — Domandalo alla cassiera. Il momento erotico del gruppo è crepuscolare perché il possesso reciproco è appena una trasmissione di energia cosmica operata dalle mani: quelle di Psiche posate leggermente sui riccioli di Eros la cui testa è attirata con fatale imperiosità da una pressione invisibile sulla bocca in attesa, mentre una mano di Eros è su un capezzolo e l'altra sul collo, un dominio rigorosamente privo di qualsiasi violenza, perché le mani maschili non stringono e non trascinano, lasciano soltanto passare il fluido magnetico, come in un esperimento mesmerico. ★ * Il gruppo sarebbe un capolavoro se avesse anima, invece bisogna mettercela con l'immaginazione, e non sempre si ha voglia di fare sforzi così difficili. E* un peccato che l'opera restì mediocre, sebbene non manchi di bellezza esteriore, ma è il sigillo dell'epoca: quel neoellenismo era privo di anima, i marmi restano marmi, le figure dipinte non ricevono la scintilla voltaica della vita. Esemplare quel triste pittore di corte di Mengs, l'ideale di Winckelmann, così celebre e così nessuno! Poiché lavorava a Madrid, un giorno gli arrivò qualcuno dietro le spalle, e scuotendolo terribilmente ne fece volare la polvere di spettro sui canapè e le corn:<-i dorate. Veniva dall'Aragona e si avanzò, elettrizzando e riempiendo d'anima tutto, fino alla metà del secolo seguente. Quel portatore di avvenire si chiamava Francisco Goya. Ne pronuncio il nome solo mentalmente: gridandolo troppo forte, in tutti questi marmi si formerebbero delle crepe, tutti i pendoli (detti fastidiosamente le pendole) si metterebbero a strillare come in una crisi di baquet mesmerico: Villa Carlotta ne possiede un vivaio, del più folle stile Impero, e tutti hanno segnato ore storiche, di donne sperimentanti «la gloria della difesa e il piacere della disfatta» e di trafelati Napoleonici, smaniosi d'incendiare le tonache dell'Italia devota con frecce alla pece infuocata giacobina. 11 bel giallo caldissimo della facciata consola del gelo che trovi nelle sue sale, e poi lo spazio alberato, vero Paradiso Deliciano. Ma la visita all'interno puoi sbrigarla in fretta, e senza dedicare molta attenzione: solo il pianterreno è visibile e non contiene nulla di memorabile Qualche tela di Francesco Hayez, bravuomo di una volgarità perfetta, eccetto quando gli prestarono i tratti qualche adorabile dama lombarda o Alessandro Manzoni, di cui abbiamo a Brera il più commovente del ritratti. Tanta genialità doveva esserci nel modello, che perfino un ritrattista che di genio non abbondava come Hayez ne fu contagiato, così che il suo Manzoni quarantenne è risultato bellissimo, tutto malinconia e saggezza umana. I nudi hayeziani sono la grossolanità incarnata... A Villa Carlotta c'è una delle sue Odalische e non so per quale follia di alfabetismo a questa Odalisca è stato messo tra le mani un libro! Un'Odalisca che legge è assurda come un palombaro su un aerostato... Nessuna leggeva, passavano il tempo a depilarsi e a scurirsi gli occhi con l'antimonio... Immagino la scena: Hayez butta giù dal letto la modella, presa al Verziere, brucia un po' di legno di sandalo, gli mette in mano un libro da poco uscito, il Marco Visconti di Tommaso Grossi o le Osservazioni sulla Morale Cattolica ed ecco la bellezza popolare lombarda trascinata a forza nel serraglio di Costantinopoli, e diventata, con l'accento della Ninetta e del Pepp, l'Odalisca-che-legge! Hayez, tra il neoclassico carlottiano, è un pugno. Carezzevole invece è una culla dorata, sovrastata da un'arpa, nel salone dei pendoli. Il significato è probabilmente questo: adesso qui c'è un ombelichino grinzoso che urla se non accorre subito l'Odalisca che legge a dargli una delle sue portentose mammelle (purtroppo, già tettata da Hayez), ma domani oh domani, questo infante (detto anche il fantolino) famelico farà versi soavi, di cui l'arpa sopra la culla preannuncia il volo musicale verso le coste della Jonia immortale, e il grazioso arredo è lì a rammentare che quell'onda foscoliana scorrente per gli ombrosi viali è uscita dalla crisalide sonora di un rauco vagito. Oggi chi si china sulla culla neoapollinea, e tende l'orecchio, non sente neppure il tarlo. ★ ★ Di un'intera vita, con o senza carte versificate, il Tempo non ha ributtato che questa culla allegorica, tra una schiera di pendoletti spenti. Il classicismo aveva già abraso perfettamente i segnali e le catechesi cristiane: è piuttosto improbabile che l'uomo o la donna che qui dormirono in fasce mortalmente strette abbiano avuto, da morti, un rosario tra le mani e sulla parete una croce. Eccezionale però è la peripezia manzoniana, perché Alessandro, nato proprio in una culla con l'Apollo, ebbe sul letto di morte Cristo. Addio, addio. Ma senza un verso autenticamente foscoliano non posso andarmene... Nelle Grazie un frammentino è dedicato al lago di Como, detto il queto Lario, al cui sussurro (svegliato da Euro!) canta il nocchiero. Chiamare nocchiero un povero barcaiolo di quei barconi! Eppure così voleva Apollo: Tal dell'arpa diffuso erra il concento Per la nostra cor-valle: e mentre posa La sonatriee. ancora odono i colli. Guido Ceronetti Antonio Canova: «Amore e Psiche» (Villa Carlotta, Como)