UNO SCRITTORE RACCONTA L'AVVENTUROSA IMPRESA DI QUARANTANNI FA

UNO SCRITTORE RACCONTA L'AVVENTUROSA IMPRESA DI QUARANTANNI FA UNO SCRITTORE RACCONTA L'AVVENTUROSA IMPRESA DI QUARANTANNI FA Quella notte a Malta il mare s'incendiò Aquelli di Bocca di Serchio, il gruppo di volontari dei messi d'assalto, la guerra apparve un incubo nell'incubo. Una guerra è sempre un incubo per un intero paese. Ma è un incubo nell'incubo per i militari che vedono nell'incapacità delle superiori autorità e del proprio corpo di appartenensa il fallimento di tradizioni, orgoglio, ragioni stesse di vivere. Ai messi d'assalto si ricorse dopo l'infausta scaramuccia dì Punta Stilo spacciata dai trionfali bollettini del nostro Quartier Generale come un grande successo e rivelatasi una squallida occasione mancata. L'ammiraglio De Courten andò in visita a Bocca di Serchio nell'estate 1940 e disse al nuovo comandante della X Flottiglia Mas, capitano di fregata Giorgini: «Non è stato possibile ridurre gli effettivi delle forze navali inglesi con le armi già usate, ora è sul vostro reparto che si conta per raggiungere un nuovo obiettivo...». Il comandante Giorgini avrebbe avuto molto da discutere. Non dubbi sugli uomini, naturalmente: non erano troppi, ma erano pronti. Dubbi sui messi, invece. Stante la scarsa, saltuaria attenzione ricevuta sino ad allora, a disposisione c'erano isolo quei vecchi S.L.C., siluri a lenta corsa usati per gli allenamenti. Gli apparecchi in via di riordinamento presso Marinarmi La Spesia già al tempo del suo predecessore comandante Aloisi erano ancora di là da venire. Figurarsi la nuova serie con tutte le modifiche studiate. Poi il comandante Giorgini fu convocato a Supermarina, e ci trovò un'aumentata fretta di mandarli allo sbaraglio. Esigensa strategica. Si doveva far qualcosa di grosso a ogni costo, propagandisticamente. Quando tornò a Bocca di Serchio si tolse il cappello a lobbia in tinta con il buon vestito borghese, e disse: «Ragazzi, ci siamo proprio Nel cappello mise tanti foglietti quanti erano i presenti. Meno due. Gli esclusi dal sorteggio erano Tesei e Toschi: avevano ottenuto di venire utilissati nella prima missione di diritto. Un diritto che non era stato facile imporre alle superiori autorità, poiché contrastava con il regolamento. Secondo il regolamento, infatti, la pretesa dei due ufficiali del genio navale di pilotare in missione i messi d'assalto da loro ideati e costruiti era inammissibile. Il -maiale' era un'unità della Regia Marina, e il comando di unità navali è prerogativa degli ufficiali di vascello. La controversia aveva riempito pratiche e pratiche burocratiche. Dalla lobbia di Giorgini vennero fuori, dunque, i nomi degli altri oltre i due titolari. La prima missione era stabilita contro Alessandria. Il punto di convegno per gli as- saltatori era fissato nel Golfo di Bomba. Alla vigilia dell'asione alcuni bombardieri della Desert Air Force, che avevano attaccato il porto di Menelao, sulla rotta di ritorno notarono un insolito affollamento nel Golfo di Bomba abitualmente deserto. C'erano la motonave Monte Gargano che batteva l'insegna dell'ammiraglio Brivonesi, comandante la marina militare della Libia, un piccolo* piroscafo che sbarcava fusti di bensina, tra alcuni motovelieri, e la torpediniera Calipso. La torpediniera effettuava il trasbordo di quattro -maiali- sul sommergibile Iride che avrebbe dovuto portarli vicino ad Alessandria. A Gibilterra La segnalasione dell'insolito affollamento destò prima la curiosità e poi l'offensiva inglese: il 22 agosto 1940 le unità italiane nel Golfo di Bomba furono attaccate da tre Swordfish partiti da Sidi el Barrani e comandati dal capitano Patch dei malines. La Monte Gargano fu colpita da un siluro. La peggio toccò comunque al sommergibile Iride che affondò, pure colpito da un siluro. Così, invece di pensare all'assalto contro Alessandria, Tesei, Toschi e gli altri di Bocca di Serchio furono costretti a prodigarsi oltre ogni limite di resistensa per salvare quanti potevano salvare del sommergibile Iride. Teseo riportò un'ulteriore lesione del cuore già intaccato per i molti anni di prove e addestramenti per il respiratore subacqueo e una meda¬ glia d'argento per l'opera di salvataggio. Ebbe una medaglia d'argento pure Toschi. E Teseo se ne rallegrò ironicamente con lui: «Ho sempre parlato male dell'inflazione delle medaglie al valore, ma avevo paura che mi ribattessero che le mie critiche derivavano dall'invidia per il fatto di non essere decorato. Ora un appunto del genere non me lo può più rivolgere nessuno, e io posso continuare a parlar male Quanto all'aggravarsi delle sue condizioni di salute, minimissò scrivendo a sua sorella, mia madre: «Quello che ho avuto è semplicemente il cosiddetto "cuore da sforzo", ovverossia ipertrofia cardiaca che viene agli sportivi quando eccedono (ciclisti, boxeurs, nuotatori, marciatori ecc.) e che viene anche a noi palombari quando non si ha troppo tempo per riposarsi. E' un fenomeno del tutto transitorio e che sparisce appena uno si riposa, quindi cosa quanto mai insignificante...». Lui, comunque, tempo per riposarsi, non ne aveva proprio, partecipò volontariamente il 30 ottobre 1940 a un tentativo contro Gibilterra, fu tradito dal cattivo funsìonamento del -maiale', ma scampò alla cattura riparando a nuoto in terra spagnola. Ovviamente, le sue condizioni di salute non migliorarono, e non valse a consolarlo la promozione a maggiore. Scrisse ancora a sua sorella, mia madre: «Riguardo alla promozione ripeterò con Goethe "Schall und rauch", suono e fumo Il dottor Falcomatà lo di- chiaro inidoneo a sommossare per mesi sei per grave vizio cardiaco. Ma la notte del 12 novembre 1940 gli aerosiluranti inglesi attaccarono la nostra piazzaforte di Taranto e colpirono la Cavour, la Littorio, la Duilio e altre nostre unità navali. Persero sei velivoli, ma provocarono una catastrofe. Ci fu un bisogno di sommozzatori soprattutto per la Cavour, e Teseo non pensò neppure di tener conto della prescrizione medica. Ormai cominciava, però, a essere consapevole che per l'avvenire gli sarebbe stata più o meno interdetta la partecipazione alle prossime azioni dei suoi «maiali'. L'estrema occasione che carpi fu quella di Malta nella seconda estate di guerra, una guerra che a chi se ne intendeva appariva già decisa. Non se la lasciò sfuggire, quell'occasione, lui non desiderava la vittoria in generale, perseguiva solo la vittoria su se stesso, sui suoi sogni di ragazzo troppo presto in uniforme e sulle sue delusioni di soldato troppo tardi accortosi dei difetti della causa. La Regia Marina italiana, costruita sul modello inglese, quella Marina che aveva a lungo proibito a lui ufficiale del genio navale e quindi non autorizzato a comandare unità navali di partecipare alle imprese della sua creatura, quella stessa Marina formalista e spressante, era coinvolta nello sfascio totale, passava da un disastro all'altro. Ed ecco il tentativo di assalto a Malta come unica salvessa. Due erano le vie di accesso al porto di La Valletta: l'entrata principale, sbarrata da quattro ordini di ostruzioni; e un piccolo passaggio sotto il viadotto, congiungente il Molo di Sant'Elmo con la terraferma. Era stato deciso di forsare il porto attraverso il passaggio secondario. E Teseo aveva ottenuto l'incarico di essere lui ad aprire il varco. L'ordine d'operazioni prevedeva che alle quattro e trenta, al più tardi, del 26 luglio 1941 l'ostruzione saltasse. La trappola Cosi Toschi ha ricostruito, d'immaginazione ma anche di conoscenza del compagno d'arme e dei fatti e di commozione soprattutto, l'episodio: «Alle quattro e quindici Teseo avvista finalmente il ponte e l'ostruzione. Poco dopo è sulle boe. Si immerge, attacca la testa esplosiva del "maiale" alla rete, distacca il "maiale" dalla carica. Pedretti. il suo secondo uomo, lavora a velocità frenetica. Alle quattro e mezzo mancano solo pochi secondi all'appuntamento fatale, Teseo gira il comando della spoletta. Potrebbe graduarlo su varie tacche successive a venti minuti l'una dall'altra, ma allora il suo lavoro sarebbe inutile, i barchini esplosivi arriverebbero prima trovando sbarrato il passaggio. Tira la sicura e lascia l'indice sullo zero: da quel secondo la carica può esplodere. Esegue tutto questo freddamente come se si trattasse di un'esercitazione. Guarda ancora l'indice fosforescente per essere ben certo di non aver sbagliato, ascolta il ticchettio dell'orologeria. Quanto tempo ancora prima della morte?..». Sarà andata cosi? Quello che Teseo ignora quando spoletta, e che tutti i partecipanti all'impresa ignorano, è che il radar sta segnalando agli inglesi ogni mossa della forza assaltatrice, che la trappola è lì per scattare. Certo, se lo sapesse, la disperazione e il disgusto per l'andamento generale della guerra e del paese aumenterebbero. Le quattro e trenta sono passate, il comandante Giobbe dà alla fine il via ai barchini esplosivi. Sfrecciano veloci, in testa quello di Roberto Frassetto, poi quello di Aristide Carabelli: se il passaggio fosse ancora chiuso, dovranno completare l'opera di Teseo. Frassetto si lancia in mare a ottanta metri dal ponte, ma non sente nessuna esplosione, Carabelli volontariamente dirige il suo messo contro l'ostacolo, esplode insieme. Crolla il pilone di sostegno del ponte, la fatalità fa precipitare la travata metallica ostruendo invalicabilmente il passaggio. E intanto, la trappola è scattata, si è scatenato l'inferno. Si sono accesi i riflettori in cerca degli assaltatori, migliaia di colpi piovono intorno ai sei barchini esplosivi che hanno per capofila quello di Carlo Bosio. La luce artificiale abbaglia gli operatori, e Bosio impartisce l'ordine di ripiegamento, i barchini virano, si diradano verso settentrione. Troppo tardi. L'inferno è stato brevissimo, ma irrimediabile. Segue una pausa, un silenzio tragico. E poi ecco il ronzare dei motori su, in alto. Si levano in volo gli Swordfish e gli Hurricane e gli Spitfire piò pronti al primo allarme del radar. Tempestano di mitraglia e bombe in profondità il limitato specchio d'acqua. Saranno pochi i superstiti tra gli assaltatori che hanno tentato di violare La Valletta. Ma ormai si diffonde la luce naturale, la luce del nuovo giorno, l'orribile luce foriera di ulteriore strage. Gli aerei inglesi non indugiano più a Malta, inseguono il Mas 452 su cui il comandante Giobbe è salito a ragguagliare sull'azione il comandante Moccagatta. Pare, paradossalmente, che Giobbe creda in un esito positivo. Ma gli inseguitori sono già sulla preda. In coperta tra i primi cade Moccagatta. Poi vengono falciati Giobbe, Falcomatà, il medico che ha voluto accompagnare i pazienti in azione, vengono falciati tanti altri. Il Mas 4SI, manovrando ad alta velocità, riesce ad abbattere un Hurricane con la mitragliera di bordo, ma poi gli si incendiano i serbatoi della benzina. E cadono tanti altri. E gli aerei? Il bilancio dell'impresa di Malta è di quindici morti e di diciotto prigionieri. La Regia Aeronautica italiana avrebbe dovuto appoggiare l'azione della Regia Marina italiana. La Regia Marina incolpò la Regia Aeronautica di mancata assistenza. La Regia Aeronautica ribatté che l'assalto della Regia Marina non si era verificato all'ora convenuta, ma in ritardo, e, dunque, era saltata lai coincidenza. Quanto alla protezione del Mas 452 e del Mas 451, d'accordo, si erano levati, come prestabilito, da Cómiso dieci Macchi 200 del T Gruppo, al comando del maggiore Beneforti, ma c'era una persistente foschia, e così non avevano rintracciato i due Mas. Li rintracciarono, invece, altri dodici Macchi 200 del 16° Gruppo al comando del capitano Gostini, levatisi più tardi sempre da Cómiso. La foschia non persisteva più, ormai, in compenso dell'impresa contro Malta non restava che una distesa di relitti e di cadaveri. Vennero, ovviamente, le medaglie d'oro alla memoria, e non posso non ricordare quello che diceva mio zio Teseo sull'inflazione delle medaglie al valore. I pubblici riconoscimenti sono spesso e volentieri degli oltraggi all'effettivo valore. L'effettivo valore è privato e segreto, un atto compiuto in solitudine, nella tenebra addirittura... Oreste del Buono (3 - FINE. Le precedènti puntate sono apparse su questa pagina il 23 e il 24 luglio). V V ti A VALLETTA-MALTA Malta, 26 luglio '41. D viadotto di Sant'Elmo crollato per lo scoppio del barellino di Caratelli. Nella foto piccola accanto al titolo: il maggiore Teseo Tesei, l'eroe della sfortunata missione La mappa del porto di La Valletta con il piano d'attacco