Berlino-Kreuzberg, roccaforte dei «guerriglieri» per la casa di Tito Sansa

Berlino-Kreuzberg, roccaforte dei «guerriglieri» per la casa Edifici in sfacelo, ghetti turchi, rabbia, ribellione nell'ex capitale Berlino-Kreuzberg, roccaforte dei «guerriglieri» per la casa «Vivere, amare, rìdere, non vogliamo null'altro; se vengono a stanarci opponiamo resistenza» - Ma le autorità non sono disposte a tollerare oltre l'occupazione abusiva di abitazioni - Nessuno dei giovani dice il cognome, teme che entri nel computer della polizia DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE BERLINO — Ore 18, lezione di italiano. Sono nella Cuvrystrasse 20, nel quartiere di Kreuzberg, che fino alla guerra era il cuore pulsante della Berlino commerciale e che ora sta diventando un ghetto di turchi e di giovani occupanti di case. A un centinato di metri c'è il «muro» che divide in due la città, dall'altra parte c'è Treptow, con il monumentale cimitero militare sovietico. Qui è una delle «fortezze» degli occupanti di case, una vecchia fabbrica di mattoni rossi, abbandonata e lasciata andare in rovina dal proprietario (una grande società edile) e ora piena di vita. Fuori schiamazzano insieme ragazzini turchi nerissimi e tedeschi biondissimi, sembra di essere a Napoli, nei cortili giovani barbuti e ragazze dai ca¬ pelli lunghi discutono bevendo il tè, l'alcol non è di moda. In una saletta oscura una ragazza padovana, Lina, insegna l'italiano a cinque giovani tedesche. Non è una «occupatrice» — gli stranieri non possono permetterselo, gli toglierebbero subito il permesso di soggiorno — ma un'insegnante volontaria, una simpatizzante, come Lorenzo, uno studioso napoletano, che tiene il corso successivo. Come loro, giovani di sette Paesi diversi hanno fondato la scuola di lingue «Babylonia», accessibile anche a chi è a corto di denaro. «Ero venuta per sei mesi a Berlino per imparare il tedesco — dice Lina — sono qui da due anni perché ho trovato un ambiente formidabile di giovani di ogni Paese, solidarietà, tolleranza, idee e iniziativa». Nella «fortezza» della Cuvrystrasse, della quale avevo letto sui giornali che è «una tana di renitenti alla leva e fannulloni», c'è anche un teatro politico, il Rativor, ci sono corsi di musica classica e moderna, un'officina meccanica, una falegnameria e un «collettivo» di 25 tassisti che a turno (24 ore su 24) guidano 5 taxi Mercedes che si sono comperati con grandi sacrifici. Tutti si danno del tu, il «lei» non viene impiegato neppure per il visitatore da fuori, tutti si chiamano per nome, nessuno è disposto a rivelare il proprio cognome, per timore di finire nel computer della polizia. «Abbiamo paura — dice Hannes —, vogliamo vivere in pace, autogestirci e lavorare». «Leben, Lieben, Lachen» (vivere, amare, ridere) è scritto a grandi lettere sulla facciata di un'altra casa occupata (una delle 162 di Berlino, una delle 87 di Kreuzberg), nella Lausitzerstrasse 23, un'altra vecchia fabbrica lasciata deperire dai proprietari. «Non vogliamo null'altro — mi dice un ragazzo diffidente, che rifiuta perfino di rivelare il nome di battesimo —. Se però di notte vengono a stanarci opponiamo resistenza, e allora volano i sassi». A pochi passi, dinanzi alla parrocchia evangelica dell'Oelberg, (il «monte degli olivi») c'è ancora un manifesto con cui la Chiesa invitava a ricordare le vittime del fallito attentato del 20 luglio 1944 contro Hitler. Con un accostamento ardito di due fotografie (luna con una vittima del nazismo, l'altra con un giovane che viene manganellato dalla polizia) i fedeli venivano invitati a «opporre resistenza, oggi come allora, contro la violenza dello Stato». Gli animi sono esacerbati, i governanti di Berlino non sono disposti a tollerare oltre l'occupazione abusiva di edifici, i giovani accusano il potere politico di volerli soggiogare e i giornali di diffamarli sistematicamente dinanzi all'opinione pubblica, descrivendoli come «psicoterroristi». Dice Kuno, un assistente sociale: «Non facciamo altro che appellarci all'articolo 14, comma 2, della Costituzione, nel quale è scritto "La proprietà impone degli obblighi. Il suo uso deve al tempo stesso servire al bene della collettività". Orbene, le migliaia di case lasciate andare in rovina o distrutte volutamente — per poterle abbattere e costruire chissà quando enormi alveari inabitabili, dagli affitti impagabili e invitanti al suicidio, mentre migliaia di persone non hanno un tetto — sono contro il bene della collettività». «Sono loro, le grandi imprese edili, sovvenzionate con il denaro del contribuente, a essere contro la società, non noi», dice Helmuth, altro assistente sociale che mi riceve in un appartamento tappezzato di fresco e ammobiliato con gusto, nella casa gialla al numero 48 della Marìannenstrasse, occupata da oltre un anno. Danneggiata gravemente dal bombardamento del 3 febbraio 1945, che in un quarto d'ora distrusse gran parte di Kreuzberg, l'hanno rimessa a posto lavorando per cinque mesi dall'alba fino a notte. «Settemila ore di lavoro ci è costata, e ora ci vogliono buttare fuori, perché dicono che devono abbatterla o metterci i termosifoni e l'ascensore, cioè aumentare gli affitti. E vorrebbero tagliarci la luce e l'acqua, in realtà dovrebbero ringraziarci, perché con il nostro lavoro e con i nostri soldi un po' alla volta risolviamo il problema edilizio di Berlino. Uscito dalla casa occupata, vado per le Kneipen (osteriebirrerie) del quartiere, piene di turchi, a interrogare i vecchi abitanti di Kreuzberg. Non uno che disapprovi gli occupanti delle case, tutti concordi nel criticare i governanti della città (socialdemocratici e liberali fino a maggio, democristiani ora) che hanno tollerato per anni la speculazione delle grandi imprese, assistendo alla caduta in pezzi di interi quartieri. «Sono rimasti sordi per anni — dice Reinhold Weber, mutilato di guerra — si sono svegliati quando hanno cominciato a sentir volare i sassi». E una anziana signora, 87 anni, dice lapidariamente: «Occupare non è caos, è animare gli angoli morti. Ora Kreuzberg sta riprendendo a vivere». Tito Sansa Monaco. Piogge torrenziali in Baviera, dove il Danubio è uscito dagli argini. Nella telefoto Ap, soldati inglesi di stanza in Germania soccorrono una famiglia di Passati, la cui casa è stata allagata

Persone citate: Hitler, Lachen, Leben, Reinhold Weber

Luoghi citati: Baviera, Berlino, Germania, Napoli