«Il dissenso de è più forte scavalca vertici e correnti» di Clemente Granata

«Il dissenso de è più forte scavalca vertici e correnti» Intervista a Maria Eletta Martini sul «manifesto dei 40» «Il dissenso de è più forte scavalca vertici e correnti» Le dimissioni della dirigenza permetterebbero «soluzioni non di routine; ma il problema non è: esci tu che entro io» - «Il partito è isolato, non riesce a farsi sentire; deve ritrovare il rapporto con la società» - «Questa è una scelta politica» DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE LUCCA — »Mi pare che i recenti avvenimenti non siano stati compresi come segni della drammatica situazione in cui ci troviamo. Ecco, allora, il cosiddetto "manifesto dei quaranta". Chi lo commenta mette l'accento sulla richiesta di dimissioni della dirigenza de. Ma il problema non è: "Esci tu che entro io". Il problema reale è discutere attorno a un tavolo, compiere un atto che testimoni la sensibilità di fronte a uno stato di cose per il quale si rendono necessarie soluzioni non di routine. Uno degli atti potrebbe essere: mettere a disposizione il proprio mandato. Troppo semplicistico allora dire che il nostro è un discorso soltanto umorale Cosi parla l'onorevole Maria Eletta Martini, de, vicepresidente della Camera. La incontriamo a Lucca, la citta che regolarmente la invia in Parlamento con un mare di cui .censi. Si dice che potrebbe essere il nuovo segretario nazionale de. Alla vigilia del consiglio nazionale, nella «periferia» democristiana, si registrano atteggiamenti diversi. Consenso al documento dei quaranta deputati (ora quasi cento) in Lombardia, riserve in Veneto, di nuovo consensi in Toscana. Facciamo il punto con l'onorevole Maria Eletta Martini, che ha sottoscritto il •manifesto». 1 C'è chi osserva che il «manifesto» è privo di linea politica. 'Sono ì congressi e gli organi istituzionali del partito che tracciano la linea politica e tutti insieme dobbiamo ridefinirla aggiornandola. Il nostro discorso è diverso. I referendum non hanno dato risultati brillanti per la de; nei grandi centri il 21 giugno la de ha perso. Ci domandiamo allora: è ancora questo "strumentopartito" capace di farsi sentire in una società più esigente del nuovo? O non deve essere rivisto per permettergli di riagganciarla? •Noi vogliamo rimettere in moto la discussione su questi problemi che non riguardano soltanto la de, anche se è essa che ci interessa. Pensiamo ancora ai referendum. La maggioranza della gente ha approvato le scelte politiche dei partiti, ma non manca di contestarli duramente. Ciò significa che il modo di essere di un partito non risponde più alle esigenze generali e sottolinea un pericolo: che le stesse linee politiche possano andare a farci benedire perché non esiste più uno strumento credibile che le propone». Qual è la proposta per rendere «credibile» la de? «Tre proposte: 1) un discorso di assoluta trasparenza sulla questione morale; 2) scegliere le persone in base alle competenze (ci sono giovani parlamentari di valore. Perché non metterli alla prova? Non è un discorso generazionale. Se l'anziano vale di più si scelga l'anziano, ma se i giovani hanno capacità perché ridurli al ruolo di "peones"?): 3) la capacità di rinnovarsi (Moro diceva che la de deve imparare ad essere alternativa a se stessa). Le tre proposte possono dare l'immagine di un partito non ancorato al vecchi schemi. E questo partito propone la sua linea politica. Questo è il significato essenziale del documento». Ma il documento è criticato da tutte le gerarchie del partito. «Certo, infatti le scavalca e passa attraverso le correnti, il che rappresenta la sua forza. Ecco che allora dicono che manca la linea politica, anche se porsi come obiettivo primario il rapporto con la società è una scelta politica non proprio da accan tonare». Il documento allora è anche un implicito invito a superare le correnti? •La de non è un partito di classe ed è giusto, come diceva Zaccagnini, che abbia le sue "accentuazioni". Il.partito deve saper mediare e proporre una linea politica che tenga conto dell'ispirazione di fondo». Qual è l'ispirazione di fondo della de? • Quella cristiana, che fa da pendant cor. la sua laicità, che è la capacità di tradurre in termini storicamente accettabili il messaggio cui si riferisce». Ciò chiama in causa il rapporto del partito col mondo della cultura cattolica? '■SI, intendendolo in senso lato: dagli intellettuali ai lavoratori, alle associazioni nuove e di lunga tradizione, ed è un rapporto che la de ha allentato e che ora deve ricostruire. Forse il momento è propizio. Dopo aver teorizzato il pluralismo, quel mondo si rende conto che in Italia i cristiani in diaspora non hanno minimamente influito sulle scelte dei partiti dove si sono dispersi e ora tende a riscoprire un polo di riferimento politico. Ma rifiuta la de, cosi com'è. Ecco allora l'esigenza della credibilità. Naturalmente bisogna fare i conti con questo mondo che non è più disposto a essere considerato portatore d'acqua, vuole contare e decidere con noi. Mi domando se non si debba tornare all'idea di De Gasperi: cercare persone con le quali abbiamo comunanza di idee più che persone con una tessera in tasca. E' chiaro che è un discorso dirompente. Perché allora contano meno le tessere e le correnti, conta di più il dibattito con l'esterno. Ma questa è la strada da percorrere per recuperare il rapporto con la società, non per egemonizzarla (come tende a fare il pei), ma per esserne illuminati». Che cosa potrà accadere il 31 luglio, al consiglio nazionale? «72 problema è che tutto il discorso non passi come acqua fresca. Importante ora è incominciare. Il nostro in fondo è stato un atto d'amore verso il partito come tempo fa chiedeva Piccoli». Clemente Granata

Persone citate: De Gasperi, Maria Eletta Martini, Zaccagnini

Luoghi citati: Italia, Lombardia, Lucca, Toscana, Veneto