Gli squilli del potere

Gli squilli del potere MA RESTA ANCORA QUALCHE IDEALE? Gli squilli del potere Non se l'abbiano a male gli uomini politici per cui l'attività politica è diventata una professione (redditizia), se un cittadino come tanti altri, che si occupa di politica (e se ne preoccupa) ma non svolge attività politica diretta, tende a soffermarsi di più sulle loro qualità negative, che sono, ahimè!, evidentissime (e spesso urtanti), che non su quelle positive, non sempre chiaramente discernibili. Salvò eccezioni (e Spadolini, per fortuna, è una di queste) il professionista della politica svolgendo un'attività che richiede per il suo esercizio li possesso di molto potere finisce per considerare il potere come l'unico vero fine della propria azione. Scambia il mezzo per il fine. In una nota interpietazìone il potere è stato paragonato al denaro; un mezzo di, scambio per ottenere beni desiderati. Ma come rispetto al denaro c'è chi lo cerca per procurarsi, cose utili o a sé o alla propria famiglia o ai proprio gruppo o. se è un filantropo, al prossimo, e c'è invece chi lo cerca per il piacere di essere ricco; cosi rispeao al potére c'è chi lo persegue come mezzo per soddisfare bisogni propri o altrui, e c'è chi lo vuole unicamente perché avere potere, sempre più potere, soddisfa la sua vanagloria, suscitando ammirazione, e magari anche invidia, devozione, rispetto, osse-, quio, adulazione e analoghi sentimenti del sottomesso verso il superiore. La ricchezza per la ricchezza, il potere per il potere. Crediamo che la politica sia un'attività volta a un fine specifico e che questo fine sia .quello di promuovere gl'interessi , generali, come l'ordine pubblico, il benessere.dei singoli, la prosperità del paese, la difesa comune. Ghe errore! Constatiamo ogni giorno invece che chi si dedica professionalmente al pubblico bene si consuma quasi esclusivamente nello sforzo di avere, mantenere, accrescere il proprio potere. Uno sforzo talora immane, perché il potere, come la ricchezza, è un bene molto conteso, e per non perderlo bisogna difenderlo con le ùnghie e coi demi. Uno sforzo in cui si esaurisce generalmente la virtù (nel senso machiavellico) del politico, anche perché colui che non vuol perdere il potere che ha deve cercare di accrescerlo, e per accrescere il proprio bisogna diminuire l'altrui, e nessuno è disposto a lasciarsene spogliare senza resistere. C'illudiamo che un provvedimento preso per soddisfare un inteiesse collettivo sia stato voluto per ubbidire all'imperativo dell'etica dell'uomo di governo che impone di perseguire il bene comune. Dobbiamo invece realisticamente riconoscere che la ragione principale per cui il provvedimento è stato preso è l'esigenza di riaffermare, confermare, dimostrare visibilmente, ehi tal modo rafforzare, il proprio potere. Un partito decide di appoggiare la richiesta dei pensionati di ottenere un aumento delle pensioni. Tu credi che il partito abbia chiesto più potere per compiere il bel gesto umanitario di dare un aiuto ai vecchi bisognosi, ma in realtà devi sapere che ha compiuto il bel gesto per avere più potere. Il circolo: dell'azione politica comincia dal potere e finisce ne! potere. Queste osservazioni, non nuove, e che possono persino apparire stucchevoli tanto sono ormai di dominio comune, mi sono state suggerite da alcune interviste abilissime e insidiose di Giampaolo Pansa a personaggi in vista, della democrazia cristiana, apparse nei giorni scorsi sulla «Repubblica». Di che cosa amano parlare, e di fatto parlano, questi signori? Esclusivamente delle'loro contese, ' S'ode a destra uno squillo di tromba, a sinistra risponde uno squillo. Osservate bene: l'argomento principale non sono le cose da fare, ma le persone, indicate con nome e cognome,'da attrarre a sé o da respingere. Nell'Italia delle «quattro emergenze», sembra che i problemi che tormentano gli intervistati siano l'emergenza del signor tale o fedisti del signor tal altro. 1) lettore esterrefatto alla fine si domanda: «Ho capito clic voi siete in gara per accaparrarvi il potere (in qsfbdflcrqmpcssdqcqnnbcEvsl questo taso le risorse di cui dispone uno Stalo moderno in forza e denaro) e per ridistribuirlo secondo i mutati rapporti di forza fra partiti, correnti, c frazioni di corrotti. Ma, scusate latito, perfarne che cosa?». Sfido a trovare in quelle chiacchierate una pur minima risposta a una domanda di questo genere. Non sarebbe male che uno degl'intervistati, per esempio l'on. Andreotti, che se ne intende, fosse disposto a soddisfare il legittimo desiderio di saperne qualche cosa di più, e ci facesse capire con quello stile chiaro e brillante che tutti gli riconoscono non quali sono i suoi amici o i suoi nemici, ma quali sono le sue idee per risolvere alcuni dei nostri problemi. Giorni or sono, dovendo tenere un discorso sul tema «Il buongoverno», cominciai ricordando che una volta Luigi Einaudi, contrapponendo Cavour a Giolitti, scrisse che «non si governa bene senza un ideale», e poi aveva commentato: «Un politico che sia un puro politico è qualcosa di difficilmente definibile ed a me pare un mostro, dal quale il paese non può aspettarsi altro che sciagure. Come possiamo immaginare un politico che sia veramente gran? de — della razzamaglia dei politicanti non vai la pena di occuparsi, anche se temporaneamente riscuotono gran plauso ed hanno seguito frenetico — il quale sia privo di un ideale?». Pretende troppo il cittadino fce al politico che si fa quasi quotidianamente intervistare per far conoscere le proprie opinioni chiede di sapere non soltanto a quale corrente appartiene e a quale posto ambisce o ha rinunciato, quale motto di spirito ha inventato per liquidare il proprio avversario, e quale malignità ha in serbo per vendicarsi del proprio concorrente, ma quali sono i suoi ideali, e se questa parola appare troppo solenne, antiquata, anacronistica, persino un po' ridicola, che cosa intende fare del potere di cui dispone o cui aspira nell'interesse del pubblico e per il bene di un paese sfinito, stremato, cinico e crudele ad un tempo, spensierato e viohnto, ma insieme anche desideroso di pace e di pulizia, paziente ina non rassegnato? Che si venga a sapere che cosa pensa Toni di Flaminio, Giulio di Flaminio e di Toni e di mille altri ancora, può anche essere divertente. Ma e proprio il momento di divertirsi? Norberto Bobbio

Persone citate: Andreotti, Cavour, Giampaolo Pansa, Giolitti, Luigi Einaudi, Norberto Bobbio, Spadolini

Luoghi citati: Italia