Fondi neri Italcasse chiesti dall'accusa 49 rinvii a giudizio

Fondi neri Italcasse chiesti dall'accusa 49 rinvii a giudizio Finanziamenti a partiti e a privati Fondi neri Italcasse chiesti dall'accusa 49 rinvii a giudizio ROMA — Quarantanove richieste di rinvio a giudizio, di cui 4 per concorso in peculato e 45 per ricettazione; 21 richieste di proscioglimento: a queste conclusioni è pervenuto il pubblico ministero Orazio Savia nella requisitoria scritta che pone termine all'istruttoria sui «fondi neri» dell'Italcasse, quelle somme cioè non trascritte in bilancio che l'istituto di credito, secondo l'accusa, avrebbe erogato tra il '70 e il '77 a partiti politici, enti pubblici, privati cittadini, senza la delibera degli organi statutari. I quattro che, a parere del rappresentante della pubblica accusa, devono essere rinviati a giudizio per concorso in peculato sono l'ex presidente dell'Italcasse Edoardo Calieri di Sala, l'ex ragioniere capo Marcello Dionisi, l'ex sindaco Valentino Criscuolo e l'ex segretario del presidente dell'Enel dell'epoca (ora deceduto) Vitantonio Di Cagno, Luigi Benedetti. Tra i 45 accusati dal pm di ricettazione figurano l'ex collaboratore di Moro, Sereno Freato, i costruttori Angelo Piperno e Carlo Aloisi, l'agente di cambio Armando Signorio, gli industriali Giorgio Pizzi ed Elena De Veali, i figli dell'ex direttore generale dell'Italcasse, Giuseppe Arcaini (anch'egli deceduto). Tra gli imputati di cui il pm chiede il proscioglimento figurano collaboratori dei segretari amministrativi dei partiti politici di centrosinistra. Nei confronti dei segretari amministrativi, il pm sollecitò tempo addietro l'autorizzazione a procedere, che però non venne concessa dal Parlamento. L'inchiesta, iniziata oltre tre anni e mezzo fa, faceva parte di un unico filone di indagine sugli irregolari finanziamenti concessi dall'Italcasse che poi si sdoppiò in due tronconi: questa sui «fondi neri», che non comparivano in bilancio, affidata a Pizzuti; l'altra sui «fondi bianchi», finanziamenti formalmente regolari, conclusasi recentemente con la sentenza istruttoria redatta dal giudice istruttore Antonio Alibrandi. Secondo il pubblico ministero, la gran parte degli imputati deve rispondere di ricettazione, per aver ricevuto o comunque beneficiato di somme di danaro di matrice illecita.

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