La guerra e l'amore nell'ultimo Clair

La guerra e l'amore nell'ultimo Clair LA TV di Ugo tìuzzolan La guerra e l'amore nell'ultimo Clair Si conclude stasera il breve, brevissimo ciclo che la rete 2 ha dedicato alla memoria di René Clair, morto ottantaduenne a Parigi nel marzo scorso. Il terzo e ultimo film della rassegna è anche l'ultimo film girato da Clair nel 1966, Le tétes galantes. che in Italia è comparso con il titolo Per il re, per la patria e per Susanna. L'opera precedente risaliva al 1961. Tutto l'oro del mondo, ed era stata accolta con freddezza. Per realizzare un nuovo film Clair faticò non poco; i finanziatori nicchiavano, dubbiosi dell'affare, e i quattrini, in parte, dovettero arrivare dall'estero, curiosamente da un Paese dell'Est, da Bucarest, così che Per il re, per la patria e per Susanna figura come una produzione franco-romena. Anche stavolta la critica mostrò un viso corrucciato, e un po' dappertutto, Italia compresa, la tendenza prevalente fu per la più o meno rispettosa stroncatura. E c'è da aggiungere che lo stesso pubblico rispose assai lepidamente, tanto che l'ultimo film di Clair, in definitiva, è conosciuto da pochi e soltanto stasera, a distanza di quindici anni dall'uscita, raggiunge una platea di milioni di spettatori. Si tratta di una storia umoristica e gentile, ideata, scritta e sceneggiata dallo stesso regista: in tempi lontani c'è una guerra e un soldato, tra una battaglia e l'altra, si innamora di una bella contadinella; durante una missione viene catturato dal nemico e rischia la morte; ma improvvisamente «scoppia» la pace e il soldato si riunisce alla contadinella che in realtà è la nipote del comandante della fortezza assediata... Lieve satira della guerra e del militarismo e, insieme, favola che celebra — ma è una celebrazione ironica, in tono affettuoso e sommesso — i misteriosi intrecci dell'amore e del caso, su uno sfondo agreste (con molte figurette di contadini in primo piano) insolito per Clair. E' un'opera certamente minore, si avverte qua e là che l'autore è stanco e che ai trova alle soglie del silenzio definitivo; eppure è ancora un film garbatissimo, il congedo discreto — ilare e melanconico — di un grande regista. * * Ho parlato all'inizio di ciclo minimo. Infatti: tre film sono poca cosa, ma la rete 2, tenendo conto che a Clair la tv aveva dedicato una lunga personale verso la metà degli Anni Settanta, ha voluto semplicemente rendere, per ora, un omaggio alla memoria, mettere in piedi un piccolo ricordo. Tuttavia questo piccolo ricordo è stato utile. Anzitutto ha avuto il grosso merito di riproporre due film del periodo americano sottolineando che l'intelligenza sottile e lo spirito parigino di Clair non erano stati schiacciati dalla ciclopica industria hollywoodiana. E tra l'altro — dopo aver ricostruito la colonna sonora italiana che era andata persa — ha offerto, si può dire in «prima», una pellicola come Dieci piccoli indiani che a suo tempo aveva subito critiche malevole e distratte e che invece si è rivelata un giallo umoristico di calibro eccezionale. In secondo luogo, anche se troppo ristretto, il ciclo è un contributo a riconsiderare Clair, in concreto, uno dei massimi maestri del cinema. Negli Anni Sessanta molti gli hanno voltato le spalle, lo hanno definito un sorpassato, un non impegnato, un evasivo, un nostalgico, e gli studi su di lui si sono rarefatti. Accuse assurde, deformazioni di giudizio ccntingenti e retoriche. Anche i soli tre film trasmessi dalla tv (ma ci auguriamo tutti che altri ne seguano) hanno, sia pure a lampi, confermato la genialità di un uomo che ha sempre saputo trasformare il cinema in fantasia e magia.

Persone citate: René Clair

Luoghi citati: Bucarest, Italia, Parigi