Pepper grande e solo che reinventa Lehar

Pepper grande e solo che reinventa Lehar Il jazzista e il suo sax ai Punti Verdi Pepper grande e solo che reinventa Lehar TORINO — Il cattivo tempo che sta strapazzando anche l'Italia delle manifestazioni all'aperto non ha risparmiato neppure i Punti Verdi torinesi, l'altra sera colorati a festa per il concerto assai atteso di Art Pepper, un jazzman che vive in sordina la grandezza degli appartati, quei solisti al di fuori delle correnti proprio perché con la loro musica fanno scuola. Con il ricordo della pioggia nelle ossa, un folto pubblico riusciva tuttavia ad applaudire un concerto tra i più vivi della stagione con tutta quella musica gratificante elargita da Pepper e dai suoi (il pianista George Cables, il bassista David Williams, il batterista Cari Burnett). Personaggio che ha del mito, sopravvissuto a mille battaglie vinte o perdute, Pepper si porta dietro il solco di una vita amara condotta sul dannato filo della musica, dea maledetta eppure ogni volta salvatrice in extremis. Dopo anni di silenzio è riapparso da due anni in pubblico e finalmente lo vediamo anche a Torino, occasione per riscoprire un talento raro del jazz, musica pensosamente improvvisata sugli impulsi del cuore. Suona il blues, reinventa vecchi temi di Broadway e altri cari alla clientela di un Franz Lehar: si tratta di esili pretesti per costruire altre composizioni questa volta preziose e dalla struttura granitica che però si libera con gli accenti di un naturale lirismo dai toni virili. La piccola orchestra rivela immediatamente la bella impostazione e si muove compatta attorno al sassofono del leader che conduce i temi e li espone con la meticolosa pronuncia tipica delle big band. Come un Parker dalla pelle bianca, Art Pepper vola in alto, mentre quel sassofono racconta, racconta. Franco Mondini

Persone citate: Burnett, David Williams, Franco Mondini, Franz Lehar, George Cables, Lehar, Verdi Pepper

Luoghi citati: Italia, Torino