Rossi si uccise per il timore d'aver perduto la credibilità?

Rossi si uccise per il timore d'aver perduto la credibilità? n colonnello avrebbe fornito informazioni contro Gelli Rossi si uccise per il timore d'aver perduto la credibilità? ROMA — E' verosimile che il tenente colonnello Rossi, suicidatosi recentemente negli uffici del nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza, si sia reso consapevole di essere stato autore, nei confronti della loggia massonica P2, di due specifici comportamenti: l'aver fornito, in un certo momento della sua carriera, notizie informative in danno di Gelli e l'aver deciso poi — se è vero — di far parte della stessa organizzazione massonica. Ciò gli aveva insinuato il timore di perdere credibilità agli occhi della magistratura inquirente tanto da venir coinvolto in chissà quali responsabilità con conseguente pregiudizio per la sua carriera e per gli altri interessi familiari che gli stavano particolarmente a cuore. Queste ragioni avevano accelerato il progressivo deterioramento dell'equilibrio psichico dell'ufficiale. Comunque l'inchiesta giudiziaria chiarirà se e fino a che punto queste supposizioni potranno trovare confer,ma o se vi siano altre cause che hanno spinto l'ufficiale a togliersi la vita. Queste le conclusioni dell'inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza subito dopo il suicidio del tenente colonnello Rossi, che è stata consegnata giorni addietro al ministro delle Finanze Formica e che il ministro stesso ha consegnato al Parlamento. La notizia è stata resa nota ieri durante la seduta dalla presidente di turno Maria Eletta Martini. Nella relazione, che porta la firma del generale di divisione Nicola Passamonti, si fa presente che la mattina del suicidio, nel breve tragitto da casa all'ufficio, il tenente colonnello Rossi aveva fumato quattro sigarette e sia in casa e sia in ufficio è stato trovato un numero inverosimile di mozziconi di sigarette, nonché una notevole scorta di sigarette e di tabacco da pipa. Egli era dimagrito, aveva diminuito notevolmente la sua attività sportiva (giocava a tennis), si era sottoposto ad una serie di accertamenti perché temeva di soffrire di un grave male e per questo suo stato di angoscia e di ansietà prendeva, su prescrizione medica, dei tranquillanti. Il tenente colonnello Ressi era stato interrogato verso la fine del mese di maggio dalla magistratura milanese che gli aveva chiesto spiegazioni su alcuni suoi appunti trovati in casa del Gran Maestro della P2. Licio Gelli. Per questo ritrovamento Rossi credeva — si legge ancora nella relazione — di dover subire dei provvedimenti di natura giudiziaria se non addirittura di essere accusato di falsa testimonianza o di reticenza. Egli temeva, fra l'ai-, tro. una perquisizione domiciliare e per questo motivo aveva fatto allontanare da Roma la moglie. In sostanza, tutto ciò — viene ribadito nel documento — faceva supporre al tenente colonnello Rossi che potesse derivare un grave danno alla sua cristallina onorabilità. La relazione esamina poi una serie di notizie di stampa che definisce completamente infondate. Da questa analisi risulterebbe non vero che fu eseguita una perquisizione da parte del «servizio informazione» della Guardia di Finanza utilizzando chiavi 'Sottratte,, al defunto ufficiale; il suicidio inoltre non sarebbe da mettersi assolutamente in relazione ad inchieste penali in materia petrolifera sulle quali il tenente colonnello Rossi avrebbe svolto indagini quando comandava il nucleo di polizia tributaria di Ravenna.

Persone citate: Formica, Gelli, Gelli Rossi, Licio Gelli, Maria Eletta Martini, Nicola Passamonti, Ressi, Rossi

Luoghi citati: Ravenna, Roma