Braccio di ferro Rizzoli-Centrale di Marco Borsa

Braccio di ferro Rizzoli-CentraleLa finanziaria cerca di ritirarsi dall'operazione Corriere? Braccio di ferro Rizzoli-Centrale MILANO — La finanziaria La Centrale, controllata dal Banco Ambrosiano, e la Rizzoli Spa sono impegnate in questi giorni in una complessa partita a scacchi che ha per posta la sorte del maggior gruppo editoriale italiano. Di ufficiale non c'è nulla perché sia nel gruppo La Centrale-Banco Ambrosiano sia in quello Rizzoli i rispettivi portavoce non sono stati in grado di fornire commenti a conferma o a smentita delle notizie circolate sui rapporti fra i due gruppi. Per capire il significato delle mosse di questa partita a scacchi occorre partire dall'ingresso della Centrale nella Rizzoli. La finanziaria, infatti, pagò allora 111,5 miliardi il 40 per cento della Rizzoli cosi ripartito: 35 miliardi versati all'editore Rizzoli e 76,5 miliardi residui congelati presso la Centrale in attesa di venire utilizzati per l'aumento di capitale di 153 miliardi a cui avrebbero partecipato i due soci. L'aumento dì capitale, deliberato dall'assemblea, non è stato ancora autorizzato dal Comitato per il credito e il risparmio che, sentita la Banca d'Italia, dovrà riunirsi per deliberare. A questo punto, verso la fine di giugno, l'editore Rizzoli prese contatto con la Centrale chiedendo il pagamento dei 76,5 miliardi conge- lati, da considerarsi eventualmente in conto aumento di capitale e da usarsi per far fronte alla necessità di liquido del gruppo che doveva pagare i 20 miliardi circa delle mensilità di giugno. La Centrale rispose che prima di effettuare qualsiasi finanziamento desiderava vedere un rendiconto finanziario del gruppo Rizzoli con un relativo piano contenente il fabbisogno di liquidità dei prossimi mesi. Questa richiesta di presentare ì conti, diretta all'amministratore delegato Bruno Tassan Din, è rimasta lettera morta. Invece, Angelo Rizzoli, il tre luglio scorso, ha risposto agli amministratori della Centrale diffidandoli dal mantenere congelati i fondi e invitandoli, entro otto giorni, a versargli quanto ritiene essergli dovuto. La diffida di Rizzoli ha dato luogo ad una nuova replica della Centrale che mette in evidenza i seguenti punti: 1) i 76,5 miliardi restano congelati in attesa dell'esecuzione dell'aumento di capitale deliberato; 2) se l'aumento di capitale non venisse autorizzato l'intero contratto CentraleRizzoli sarebbe annullabile e quindi Angelo Rizzoli dovrebbe restituire i 35 miliardi incassati per il 40 per cento che tornerebbe nelle sue mani. La tesi della Centrale è in sostanza che l'operazione di acquisto del 40 per cento a 111,5 miliardi si perfeziona solo dopo l'esecuzione dell'aumento di capitale, in mancanza del quale il valore della partecipazione sarebbe evidentemente molto minore. Una tesi che potrebbe dare la possibilità alla Banca d'Italia di mandare a monte l'intera operazione, contraria alla recente circolare inviata alle banche sui confini degli investimenti bancari diretti o indiretti. La circolare, infatti, vieta espressamente gli investimenti futuri nell'editoria mentre per quelli passati chiede il -graduale smobilizzo senza pregiudizio per la banca proprietaria della partecipazione-. In altre parole la Centrale dovrebbe impegnarsi a vendere il 40 per cento della Rizzoli in un futuro non precisato e ad un prezzo congruo rispetto a quanto è stato pagato. Ma se. bloccando l'aumento di capitale, la Centrale rescindesse l'intero contratto, non ci sarebbe più alcun bisogno del graduale smobilizzo dal momento che in questo caso è come se la Centrale non avesse mai effettuato l'investimento nella RizzoliCorriere della Sera. Resterebbero i 35 miliardi già incassati da Angelo Rizzoli e probabilmente utilizzati per rimborsare debiti precedenti, forse proprio con il gruppo Ambrosiano. Se Rizzoli si rifiutasse di rimborsarli spetterebbe alla Centrale l'azione legale per ottenerli e, nel caso in cui il tribunale ritenesse fondata l'azione e Rizzoli non riuscisse a pagare, si potrebbe arrivare per questa via ad una dichiarazione di insolvenza, preludio di quel commissariamento del gruppo editoriale, auspicato più o meno apertamente dai maggiori partiti attualmente al governo. La nomina del commissario spetterebbe poi all'attuale ministro dell'industria il democristiano Giovanni Marcora. Marco Borsa

Persone citate: Angelo Rizzoli, Bruno Tassan Din, Giovanni Marcora