Quando il cuore va in «corto circuito»
Quando il cuore va in «corto circuito» Quando il cuore va in «corto circuito» Al Convegno internazionale, a Firenze, dell'Istituto di ricerche cardiovascolari dell'Università di Milano e del Dipartimento di medicina dell'Università dell'Oklahoma (Usa) si è parlato di «morte cardiaca improvvisa» non tanto come evento da considerarsi alla stregua di chi viene colpito dal fulmine durante un temporale, ma come rischio prevedibile e prevenibile. A cosa è dovuto l'improvviso dramma vitale? la causa è la fibrillazione ventricolare, come se un corto circuito del sistema d'accensione elettrico che presiede al funzionamento della pompa cardiaca provocasse l'arresto cardio-circolatorio. Non si tratta sempre di inesorabile conclusione di una malattia coronarica avanzata; perché molto spesso, invece, la situazione acuta si realizza in cuori in ancora buone condizioni e non solo può essere reversibile, se opportunamente affrontata, ma probabilmente anche prevenuta. Sono importanti, quindi: 1) la possibilità di organizzare, specie negli agglomerati urbani, ambulanze cardiologiche attrezzate per il monitoraggio e la rianimazione cardiaca, e capaci di raggiungere rapidamente il malato (a Belfast e a Seattle, ove questo servizio funziona ormai da anni, i risultati sono molto buoni). 2) La possibilità della prevenzione, realizzata attraverso studi e ricerche. E' vero che l'ischemia miocardica e certe aritmie sono in grado dì determinare nel cuore una situazione di instabilità elettrica che è presupposto della fibrillazione ventricolare; ma è anche vera l'importanza dei meccanismi nervosi (particolarmente del sistema neuro-vegetativo) come fattore scatenante o concausale o addirittura causale. Da sempre, a questo proposito, la cultura popolare e l'aneddotica hanno proposto il «crepacuore» da gravi traumi affettivi Le scelte terapeutiche vanno dalla profilassi antiaritmica, all'uso di beta-bloccanti (capaci di proteggere il cuore dalle eccessive stimolazioni da parte del sistema vegetativo simpatico). Manca tuttora una sensibilizzazione verso questi problemi pur cosi importanti con il risultato di una carenza di iniziative efficienti e su larga scala sia nel campo della ricerca che in quello organizzativo. Nel nostro paese è in atto, da oltre due anni uno studio da parte di 30 unità coronariche del Nord Italia (tra cui tre di Torino) coordinato dall'Istituto di ricerche cardiovascolari dell'Università di Milano. L'obbiettivo è quello di proteggere dall'eccesso di stimolazione neurovegetativa (simpatica) i pazienti ex infartuati (con terapia cronica beta-bloccante o, quando sia il caso, con un lieve intervento di interruzione chirurgica delle vie simpatiche). Antonio Parigi Primario cardiologo Ospedale Mauriziano
Persone citate: Antonio Parigi
Luoghi citati: Belfast, Firenze, Milano, Nord Italia, Oklahoma, Seattle, Torino, Usa
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