Quell'eresia così sontuosa e tragica

Quell'eresia così sontuosa e tragica AD ANCONA LORENZO LOTTO E LA PITTURA SACRA MARCHIGIANA Quell'eresia così sontuosa e tragica Ramingo per tutta la vita, sospetto di luteranesimo, il pittore veneziano approdò nelle Marche vecchio e «molto inquieto de la mente»-Qui si concluse l'arco della sua arte, da una cristallina precocità d'avanguardia alla cupa, soffocata dignità penitenziale degli ultimi anni - Quando bandi la lotteria delle sue ultime 46 opere, ne vendette solo sette, per 39 scudi - Tra i quadri esposti, un capolavoro da poco recuperato ANCONA — La presenza di Lorenzo Lotto nelle Marche, con una trentina di opere; la pittura sacra nelle Marche prima, durante e dopo questa presema, con un centinaio di dipinti, prevalentemente grandi pale d'altare rivelate e salvate da un'ampia ricognizione in centri minori e da grandi lavori di restauro: fino all'i 1 ottobre, Ancona ricorda, a cura di Pietro Zampetti e Paolo dal Poggetto, il più travagliato ed eterodosso pittore sacro del '500, secolo eterodosso per eccellenza, e nello stesso tempo rivisita una identità culturale marchigiana •periferica», a sua volta densa di travagli e umori. Il veneziano Lotto, ramingo per tutta la vita, mai dotato di casa propria, spesso e sempre più con gli anni travagliato da incomprensioni nei rapporti umani e miserie economiche (1546, fra i sessanta e i settantanni, «vedendomi nell'età, e solo, senza fldel governo et molto inquieto de la mente»;, alle Marche ha dato in un certo senso l'arco completo di se stesso: la trionfante, cristallina, nordica precocità di pittore d'avanguardia internazionale, su una linea dissimile ma paritetica a Giorgione, con il polittico di Recanati del 1508; e l'oscura, soffocata dignità penitenziale e visionaria dell'ultimo decennio dì vita, fra Ancora e Loreto, dove letteralmente scomparve fra 1556 e 1557. Un itinerario Gli studiosi apprezzeranno le notevoli novità filologiche, e innanzitutto il recupero di un capolavoro, ancor pieno di felicità cromatica e di volontà, non sconfitta, non introversa, di confronto formale con Tiziano: la pala datata 1535, fino al secolo scorso in S. Agostino di Fermo (dove fu sostituita da una copia, presente in mostra, e punto di partenza per il ritrovamento), passata poi in mani private in tempo di assoluta dimenticanza della grandezza del Lotto, e che è augurabile ritorni ora alla proprietà e al godimento pubblico. Discuteranno anche, nello stesso contesto, l'interessante ipotesi dello Zampetti, secondo cui il Lotto, di cui è documentata la presenza fra Venezia e Treviso nel 1532 e di nuovo a Venezia nel 1540, sia stato prevalentemente nelle Marche negli anni intermedi, mentre l'opinione fino ad oggi era quella dell'invio da Venezia delle opere marchigiane di quegli anni. Quest'ipotesi, però, non tocca solo l'ambito filologico degli studi e degli specialisti. Incide nel corpo, nella realtà viva della mostra, nelle sue tre diverse sedi, e il visitatore avvertito potrà cogliere questa incidenza seguendo l'itinerario, spaziale-fisico, ma nello stesso tempo psicologico, emozionale. Dalle pendici, in alto, sotto la netta imponenza della stereometria romanica di San Ciriaco, fin giù, al porto, al capolavoro gotico-rinascimentale della Loggia dei Mercanti di Giorgio da Sebenico scandiscono questo itinerario le tre tappe del settecentesco Gesù del Vanvitelli, di San Francesco alle Scale, nella cui abside domina, fatiscente, più ..patetica- e stanca che gloriosa, /'Assunta del Lotto del 1550, e della stessa Loggia dei Mercanti, dove nel 1550 il Lotto bandi la 'lotteria- delle 46 opere che gli rimanevano, vendendone solo 7 per 39 scudi. Sono tappe che scandiscono i tempi marchigiani del Lotto, e i tempi della cultura pittorica intorno a lui; e già le sedi stesse, ed il percorso, danno un indimenticabile senso fisico, oggettuale di tempi e modi culturali stratificati e complessi, ma dotati di una loro autonoma creatività, estrosa e popolare oppure percorsa da raffinate bizzarrie. Ed ecco allora, al di là dell'estremo interesse dei recuperi e delle scoperte fra gli approdi illustri e autoctone creazioni pittoriche nelle Marche del '500, al di là delle rivelazioni grandi e piccole nei Lotto restaurati, al di là degli echi, maggiori o minori, compresi o distorti, che suscita intorno a sé, emergere un particolare « tono», una particolare civiltà, soprattutto una particolare religiosità, molto diretta e fisica ed emozionale, poco aulica e canonica, ancor meno « teologica». E' la stessa religiosità con cui l'introverso Lotto confronta se stesso, certo fino a livelli di Riforma cattolica •dal basso; e forse anche più ipdtto in là (il frontispizio del 1532 per la Bibbia «eretica» tradotta dal Brucioli, identificato da Giovanni Romano; i ritratti di Lutero e della moglie offerti nel 1540 a un nipote che lo ospitava a Venezia). Nella mostra, approdi dalle grandi culture esterne, come la superba pala di Matetica del Palmezzano (1501), appositamente restaurata, come la cupa, tarda Crocifissione di Tiziano del 1558, un anno dopo la scomparsa del Lotto, sono vertici isolati. Invece, l'ipotesi di una prevalente presenza del Lotto •in loco, negli anni 1530 acquista il suo pieno significato se in base ad essa ne vien fuori che tre capolavori di eterodossia, non solo formale, ma concettuale, espressiva, nella vita artistica e spirituale italiana del '500, la Pala di S. Lucia di Iesi del 1532, la Crocifissione di Monte San Giusto (ma titolo ben più pregnante parrebbe il Calvario,). la Madonna del Rosario di Cingoli del 1539, sono nate nelle Marche (il che è documentariamente certo solo per l'ultima). Santa Lucia mima una sacra rappresentazione, dove le mstazionU sono luminosi sacri fumetti, quale non si era più vista dopo l'Altichiero di Padova nel '300; i sontuosi drammatici colori rivelati dal restauro della pala di Monte San Giusto enfatizzano il contrasto con il nembo oscuro, la non-luce da fine del mondo che avvolge i tre crocifissi; l'arcaicità popolana del Rosario di Cingoli ospita in sé l'indicibile fotogramma istantaneo della nuvola di petali di rosa, che anticipa di secoli il •dinamismo plastico». Tutto questo nasce assai meglio in una •periferia' eterodossa, dove è ancora frequentemente dipinta la Madonna del Soccorso che libera i bambini indemoniati eoe- dando il diavolo con vigorosi colpi di randello, e dove affascinanti figurinai come Venanzo da Camerino e Pergentile da Matetica, in coppia, nelle loro pale spargono oro fulgente s dissonanze cromatiche al di là del bene e del male, che non in quella Venezia trionfante che rifiuta ed emargina il Lotto. In queste opere vi è straordinaria vitalità, personalissima idea (e comunicazione) del sacro — nell'uomo, sulla terra, senza ribaditi filtri e gerarchie metafisiche —. Nell'ultima fase, in letterale fuga da Venezia, con i pochi amici inquisiti per luteranesimo, la mente 'turbata» si ripiega su se stessa. In modi che nulla autorizza a definire controriformistici, diversissimi ma fondamentalmente consonanti con il tardo Michelangelo, un senso di assoluta opacità, una sorta di tragica afonia formale avvolge le opere dell'ultimo decennio, portate e depositate dopo la fallita lotteria, o dipinte a Loreto. Gli arcangeli Emblematica, alla fine della mostra, è la Caduta di Lucifero, opera massimamente conturbante nella sua assoluta equivocità, già nell'ispirazione iconografica alle opere 'pagane» del Correggio: i due arcangeli, il trionfante e il vinto, sono due efebi gemelli, speculari; con audacissima metafora, colui che già era il Portatore-di-Luce precipita fra i frammenti di una face spezzata, mentre il gesto di San Michele è incerto fra la condanna e una sorta di ultimo richiamo dall'abisso. Marco Rosei Particolare della pala che si trovava un tempo in S. Agostino di Fermo e, passata poi in mani private, è stata ora recuperata

Persone citate: Gesù, Giorgione, Giovanni Romano, Lorenzo Lotto, Lutero, Mercanti, Palmezzano, Poggetto, Vanvitelli