Un terremoto che Parigi non ricorda di Paolo Patruno

Un terremoto che Parigi non ricorda Un terremoto che Parigi non ricorda Un mese di traumi con perdite intorno al 20% e con punte, per alcuni titoli, del 40 per cento - ] striali, banchieri e operatori attendono il discorso che Mauroy pronuncerà oggi all'Assemblea nazi Indunazionale PARIGI — E' con rassegnazione, ormai, che la Borsa attende che siano sciolte le ultime incognite sul ruolo che il governo socialista riserva alla finanza, al risparmio, al mondo degli affari. Industriali, banchieri e operatori di Borsa attendono per le prossime ore il discorso di politica generale che il primo ministro Mauroy pronuncerà davanti alla nuova assemblea nazionale. E sarà in questa occasione che il governo dovrebbe esporre con chiarezza le sue direttive di politica economica e sociale, rivelare il programma e il calendario delle nazionalizzazioni degli undici grandi gruppi industriali e del settore bancario-assicurativo, precisare modalità d'indennizzo degli azionisti privati, annunciare le nuove norme sulla fiscalità mobiliare. In attesa di questi chiarimenti, la Borsa trattiene il fiato dopo aver subito negli ultimi due mesi un -terremoto- quale nessuno rammenta di eguale fra gli -habitués- del Palais Brongniart. Sorpresa dalla vittoria di Mitterrand il 10 maggio dopo aver continuato a giocare al rialzo puntando tranquillamente sulla conferma di Giscard d'Estaing fino alla vigilia elettorale, la Borsa parigina ha perso mediamente quasi il trenta per cento in queste ultime, tormentose settimane. Il tonfo maggiore si era registrato naturalmente all'indomani dell'elezione di Mitterrand all'Eliseo. In quel lunedì davvero -nero- per la Borsa, le contrattazioni dovettero essere sospese perché la marea delle vendite era incontrollabile. Vendevano tutti, specialmente gli operatori dall'estero sorpresi dalla sconfitta di Giscard. Ma vendevano anche, presi dal pani¬ co, i piccoli risparmiatori francesi per i quali Mitterrand era -il lupo-. Soltanto in quei primi due giorni di -tempesta-, l'indice dei titoli perse il 18 per cento, con punte di quasi il 40 per la Banca Rothschild e per la -nazionalizzabile- Dassault, del 33% per Matra e Thomson-Brant. Quella che limitò meglio i danni fu, in quell'occasione, la Rhone Poulenc, che subì un ribasso -soltanto- del 19 per cento. Ricorda oggi un giovane operatore della Borsa: -E' stato un terremoto, un fenomeno che non si era mai prodotto nel dopoguerra. Non avevo mai visto gettare sul mercato, in vendita cieca pacchetti di 20, 30. 50 mila azioni della Compagnie Generale d'Electricité, della Matra. delia Financière de Paris». Malgrado le successive dichiarazioni rassicuranti del primo ministro socialista Mauroy e del suo ministro dell'Economia e delle Finanze, il rigoroso Delors, il -mercato- è rimasto fortemente depresso anche nelle settimane seguenti, con perdite continue fino al 7 per cento. Poi, dall'inizio di giugno, la Borsa è stata presa di nuo¬ vo dalla febbre elettorale, per le -legislative-. Erano bastate -voci- fantasiose di un sondaggio che indicava una ripresa dei giscardiani e dei gollisti per far balzare l'indice d'un quattro per cento in su, salvo a ripiegare repentinamente all'indomani all'ascolto d'un sondaggio di segno contrario. La clamorosa vittoria (con maggioranza assoluta) del partito socialista, è stata accolta dalla Borsa sorprendentemente con reazioni positive e leggeri recuperi. In un mercato «sotto anestesia», come dicono gli esperti, nemmeno l'annuncio dell'ingresso di ministri comunisti nel nuovo governo aveva ingenerato subito una brusca caduta. Anzi, la contemporanea conferma di Delors e la sostituzione del marxisteggiante Joxe all'industria con il notissimo e quotato -manager di Stato- Pierre Dreyfus avevano perfino consentito un leggero rialzo. Ma quella ripresa è stata un fuoco di paglia. E' bastato che gli Stati Uniti battessero il pugno sul tavolo per la presenza dei quattro ministri comunisti perché il -mercato- riprendesse la discesa: meno tre per cento alla fine di giugno, quasi meno quattro alla chiusura della settimana scorsa. Quest'ultimo ribasso ha una spiegazione « tecnica- e non soltanto politico-psicologica. All'inizio del mese si sono temporaneamente ritirati dal -mercato- gli investitori istituzionali (come la Caisse des Depots), i -gendarmi- che lo Stato utilizza normalmente per evitare scompensi troppo forti. E priva di questa stampella, la Borsa è subito caduta, denotando un cronico stato di debolezza. Ad accentuare questa tendenza ha poi concorso un secondo fattore. In questi giorni le società francesi stanno distribuendo ai loro azionisti dodici miliardi di franchi di dividendi per il 1980. Ma questa massa di denaro non è stata immediatamente reinvestita in Borsa, come avveniva generalmente. Gli azionisti preferiscono infatti aspettare le decisioni del governo prima di investire di nuovo. E il -mercato- ne ha immediatamente avvertito il contraccolpo. In attesa del discorso di Mauroy si può registrare soltanto che la Borsa resta fortemente depressa, che il tradizionale -rialzo estivo- (causato dai reinvestimenti) sembra ormai compromesso. Ma tutto è legato alle prossime decisioni del governo. Di certo «la convalescenza sarà lunga» ci dice un esperto di Palais Brongniart, che aggiunge: «Noi siamo stanchi di vedere la Francia attraverso il fondo delle urne. Ci aspettiamo che il governo chiarisca finalmente le sue intenzioni. Fino ad allora staremo a guardare. Dopo, almeno sapremo le regole del nuovo gioco». Paolo Patruno

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