Novemila paladini del Tevere

Novemila paladini del Tevere I FIUMI D'ITALIA: SI TORNERÀ' A NAVIGARE DA ROMA AL MARE Novemila paladini del Tevere Riuniti in sodalizio, si battono accanto al Comune e ad altre associazioni perché siano ripulite le acque luride e asportati i cumuli di rifiuti dagli angoli morti - Già un battello turìstico fa la spola tra l'Isola Tiberina e Ponte Milvio - Un «Parco del Tevere» per salvare flora e fauna miracolosamente sopravvissute DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE ROMA — Trascurato per un secolo, escluso dalla città come una ferita infetta che la divide in due, il Tevere è amato da una minoranza di romani con intensità passionale. Sulla riva banchinata dell'Isola Tiberina, all'ombra del Ponte Cestio, uno dei novemila -amici del Tevere» indica l'acqua ribollente e mi dice: .Lo vede come è ridotto?». Parla del fiume con l'affetto che si ha per una persona cara e inferma. E' ridotto veramente male: cumuli di rifiuti negli angoli morii, acque luride, gorghi dovuti all'irregolarità del fondo qua e là scavato dall'erosione, masse di detriti e tronchi d'albero che affiorano lungo le rive. E'però in atto una vigorosa azione di riscatto del Tevere, per iniziativa del Comune, delle associazioni e cooperative di tutela, di questi novemila innamorati che da pochi anni si sono riuniti in un sodalizio col fine preciso di ottenere dagli enti pubblici responsabili un fiume pulito, riequilibrato nel suo corso, navigabile fino al mare. Primo passo dimostrativo: un servizio turistico regolare (partenze dalle 10 alle 22 tutti i giorni) sui sei chilometri del tratto monumentale del Tevere, tra l'Isola Tiberina e Ponte Milvio. Mi imbarco a Ponte Garibaldi sul nuovo battello, varato da pochi mesi, il Tiber: 180 posti, salone coperto da una cupola trasparente, ponte panoramico, hostess che illustra il percorso in diverse lingue. La navigazione è lenta, rasserenante per i passeggeri, non per il comandante, teso a evitare secche e insidie sommerse. Non si avverte più il frastuono del traffico al di sopra dei muraglioni e oltre la fitta cortina di platani che fa apparire Roma improvvisamente verde. Passiamo sotto i ponti che raccontano la storia della capitale, con i suoi episodi di violenza nelle trasformazioni imposte da ingegneri ottocenteschi (celebre il Canevari, autore dei discussi muraglioni). Lasciato alle spalle il Ponte Sublicio demolito, per tre quarti, e il Ponte Garibaldi costruito nel 1888, passiamo il ponte di Sisto IV, i due ponti moderni dedicati al principe Amedeo e a Vittorio Emanuele II. Arriviamo al ponte Sant'Angelo, e all'eloquenza dello scenario classico si somma la forza suggestiva dello spettacolo. Il Tiber risale ancora. Oltre le fronde dei platani appare la cupola di San Pietro; i turisti scattano fotografie, quasi volessero fissare le immagini di un prodigio. La tappa più festosa del battello fluviale è oltre il Ponte Umberto I, di fronte al -palazzaccio-, sede della -Tevere-Expo-. Il nome altisonante si addice poco a questa manifestazione estiva, cui partecipano tutte le regioni d'Italia con baracche allestite sulle rive; ha il carattere familiare, un po' casareccio, delle feste ideate per soddisfare uno dei più genuini bisogni dei romani, stare insieme in gran numero e all'aperto. Migliaia di persone si spostano da un chiosco all'altro, comprano alle botteghe artigiane, mangiano, bevono. Critiche Queste iniziative motivano critiche, anche severe, al pari della ripulitura delle banchine del Tevere coperte da rifiuti, sabbia, terra, su cui prosperava una vegetazione spontanea. I naturalisti più intransigenti volevano conservarla invocando persino l'avvistamento di un castoro. Si è arrivati a un compromesso, salvando cespugli e alberi ormai integrati nell'ambiente, spazzando via tutto il resto per restituire le banchine alla gente che riprende a frequentarle da quando sono sgombre, invitanti anche per i giochi dei bambini (almeno in qualche tratto). Le feste e le fiere sul fiume trovano oppositori perché sembrano trasferire sul piano commerciale, con possibili equivoci e involgarimenti, lo sforzo culturale per ridare ai romani e ai turisti la -coscienza del fiume-, cioè dei suoi valori archeologici, paesaggistici, naturali. Ma forse in questo momento conviene accettare ogni contributo, nell'intento comune di dare alla questione del Tevere l'urgenza di una rivendicazione di massa. Gli -amici del Tevere- non si limitano a promuovere gite turistiche e feste sul fiume. Carmine Gannarella, loro animatore, mi parla dell'azione educativa svolta portando ogni domenica intere scolaresche e gruppi di giovani sul tratto inferiore del fiume, da Ponte Marconi a Fiumicino. «I ragazzi imparano la storia e l'archeologia navigando. Si indignano a vedere tante immondizie, a vedere il fiume usato come una cloa- ca. Imparano che il Tevere appartiene a tutti noi, e perciò va difeso». Due barconi, Sandokan e Cleopatra, scendono lungo le anse del Tevere fino al mare, passando tra i resti affioranti e sommersi, ma individuati, diantiche costruzioni romane. A valle del Ponte Sublicio sono stati scoperti i magazzini della Roma descritta da Plauto, Vairone, Vitruvio. Un complesso commerciale arricchito al tempo di Traiano e collegato al porto di Claudio, alla foce del Tevere. All'Isola Sacra altra scoperta: una basilica medievale costruita su una chiesa paleocristiana, a sua volta eretta su un edificio termale. Dove il Tevere serpeggia tra i campi, nella zona di Fosso Galeria, ecco i resti di un pontile con gli ormeggi per le navi. Dall'Umbria e dalla Toscana il fiume era navigabile per piccoli battelli che trasportavano olio e vino fino al Porto di Ripetta, attivo ancora nel 1878. Imbarcazioni da carico, a remi e a vela, poi a vapore, arrivavano dalla foce al porto di Ripa Grande. Nel Novecento questo fu soppiantato dal Porto di San Paolo che fino al 1938 accolse navi di discreto tonnellaggio. Due cacciatorpediniere risalirono dal mare fino a Roma per una cerimonia mussoliniana. Sembra oggi quasi inspiegabile che nel dopoguerra il letto del Tevere sia stato abbandonato totalmente, senza più dragaggio né segnalazioni, scadendo al rango di cloaca. Archiviati tutti i progetti per potenziare la navigazione (compresi quelli proposti da Garibaldi nel 1875), venne trascurata anche la manutenzione delle rive. A monte della città furono costruiti sbarramenti artificiali, come quello di Castel Giubileo, che utilizzano il fiume per produrre energia elettrica senza però alcun riguardo per l'alternarsi di piene e magre provocato artificialmente. Il prelievo di sabbia, oggi vietato a valle di Roma, era libero e generalizzato, con effetti disastrosi. Numerosi ponti sono minacciati dall'erosione. Fa paura •Ci siamo impegnati a rovesciare entro i prossimi quattro anni una situazione ereditata da amministratori che non avevano alcun interesse per il fiume», mi dice l'assessore comunale Piero Della Seta, definito dagli amici «un patito del Tevere». Disinquinamento, navigabilità, riappropriazione da parte dei romani, sono i tre punti fondamentali del programma. Il Comune agisce come elemento trainante e coordinatore, non avendo competenze dirette sul fiume (sono spartite tra il Genio civile, la Regione, l'Intendenza di finanza, la Capitaneria di porto). -Per ridurre l'inquinamento abbiamo completato la rete delle fognature nelle borgate e stiamo ultimando i depuratori. Il 35 per cento delle acque del Tevere è già depurato, entro l'anno prossimo arriveremo al 75 per cento», mi dice ancora Della Seta. L'opera di coordinamento è già avviata per il dragaggio e la ripulitura del letto del fiume, affidati al Genio civile. Le macchine apposite portano in superficie le testimonianze di decenni di abbandono: carcasse di automobili, rottami di ogni genere, tronchi d'albero, massi e resti di murature (vengono conservate e elencate quelle di valore archeologico). Tutto finiva nel Tevere, come nell'Anime. Le sponde del fiume minore, dove non sono coltivate a orti abusivi, appaiono letteralmente coperte da sacchi di immondizie, materassi, porte e finestre divette, recipienti di plastica. E' stato necessario un progetto speciale di intervento per impedire che in futuro la devastazione dell'Aniene continui, riversando i suoi effetti su Roma. Acque pulite, rive restaurate, navigabilità fino alla foce (non a monte fino a Civita Castellana, quel progetto rimarrà un sogno). Se i tre obiettivi saranno raggiunti entro i prossimi quattro anni, come promette Della Seta, i romani potranno erigere un monumento al -Tevere ritrovato-. Ma la riconquista, o riappropriazione, non sarà facile. Il disinquinamento eliminerà del tutto la paura del fiume, divenuta ossessiva in seguito alla morte del produttore cinematografico Gianni Boffardi, colpito da leptospirosi dopo un tuffo. Oggi nessuno osa immergere un piede. Sono rari i canottieri, un tempo numerosi e eccellenti: «Basta uno spruzzo in faccia e vai all'altro mondo», mi dice un ragazzo che allo scalo De Pinedo ripulisce amorosamente un barchino a remi. Fra qualche anno ritornerà a vogare. Ma tutto sarà da riprogettare sul fiume, per oltre 40 chilometri, quando le sue rive si rianimeranno, e verranno contese. Per prevenire nuove possibili distorsioni, il Comune sta preparando con la Regione Lazio l'appalto-concorso per il progetto del nuovo porto turistico alla Fiumara Grande. Non dovrà essere separato dal progetto del parco del Tevere, già previsto dal Castello della Magliana a quello di Giulio II verso il mare. -Italia nostra- aveva presentato nel 1971 uno studio sulle riserve naturali fluviali, ottenendo dopo otto anni una prima vittoria con l'istituzione della riserva naturale di Nazzano, a monte di Roma. Lassù il Tevere appare quasi intatto. L'oasi, o riserva naturale di Nazzano, conferma 'ancor più quanto sia ricco il .patrimonio di Roma sul Tevere e accresce lo stupore per il suo abbandono durato cosi a lungo. Mario Fazio Roma. Il Tevere alla curva di Castel Sant'Angelo. Fra qualche anno il fiume tornerà a popolarsi di imbarcazioni