Come ti rimetto in forma con la pozione del nonno di Franco Giliberto

Come ti rimetto in forma con la pozione del nonno Dieta rigorosa e vita sana nella «colonia» di Uscio in Liguria Come ti rimetto in forma con la pozione del nonno DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE USCIO — Un ambiente particolarmente dolce e piacevole può guarire un individuo? Certi psicologi dicono di si, specie per talune malattie neuro-vegetative. I medici cromoterapisti sostengono che anche i colori hanno grande influenza curativa; quelli «freddi» sarebbero essenzialmente rasserenanti. E allora la «Colonia Arnaldi» — sulle pendici di Monte Togio, alle spalle di Recco e Rapallo — può considerarsi luogo di cura. E' immersa in' mille ricchissime sfumature di verde: olmi, tassi, ulivi, faggi, castagni, cipressi, vigne e una miriade di fiori nei prati. I padiglioni della «colonia» sono quasi tutti di dimensioni discrete, mimetizzati in una vastissima area collinare. Da quassù si vede una fetta di mare azzurro, quello del Golfo del Paradiso. E se non fosse per la drastica «cura Arnaldi» la colonia dovrebbe essere proprio considerata un eden appetibile. Ma la «cura Arnaldi» è di rigore, chi viene a soggiornare qui non può sottrarvisi. Il defunto fondatore, della colonia, Carlo Arnaldi, era un chimico-farmacista, con la vocazione dell'igienista. Istituì il compleso di vacanze terapeu tiche nel 1908 e pose alla base del soggiorno una dieta rigorosamente spartana e l'assunzione giornaliera — per tutti gli ospiti indistintamente — di una pozione vegetale amatissima e fortemente lassativa. Dice l'attuale amministratore delegato della colonia rag. Ferri: .Fortemente lassativa è la definizione esatta. Però bisogna aggiungere che quella pozione d'erbe, della quale io personalmente detengo il segreto, ha anche eccezionali effetti depurativi e decongestionanti. Se ne avvantaggiano non solo gli obesi, ma anche chi ha disfunzioni del ricambio, chi è carico di tossine per la vita stressante che conduce in città, chi ha certi tipi di dermatosi e pruriti. Ed è coadiuvante, assieme alla dieta e alle altre cure mediche che si fanno qui, anche per le nevrosi e le piccole e medie insufficienze epatiche. Na turalmente, non somministriamo grandi quantità della pozione: ogni ospite ha la dose adeguata ai suoi problemi, stabilita dal medico*. Dunque anche le persone magre che scelgono la vacanza terapeutica a Uscio (pa- gando in genere una retta quotidiana che oscilla fra le 50 e le 100 mila lire, a seconda della sistemazione, in camera singoia o in appartamentino) sono bene accette. Ne è un esempio il telecronista Mazzarella, che di ritorno dagli Stati Uniti in questi giorni è venuto a riposare e a rinvigorirsi alla «Colonia Arnaldi», prima di riprendere le fatiche del piccolo schermo. «Afa noi non badiamo più ai personaggi famosi — dice l'amministratore Ferri — perché i nostri ospiti, agli effetti del soggiorno curativo, sono tutti uguali. Enrico Maria Salerno è partito ieri, il paroliere Pallavicini è stato qui pochi giorni fa e poi Aldo Fabrizi, Marcello Mastroianni, Lea Massari, Valeria Moriconi, Ugo Tognazzi... Quanti nomi dovrei fare? La colonia ha settantacinque anni di vita*. Per tutti vale il motto scolpito sotto al busto di Carlo Arnaldi, che recita in latino: «Aut disce aut discede» che sta per «O impari o scendi», con riferimento ai 550 metri d'altitudine del luogo rispetto alla sottostante Recco, che i «deboli nella carne» sono tacitamente invitati a raggiungere se non ce la fanno più. Sono quattro i medici a tempo pieno che lavorano qui, più un cardiologo che fa da consulente saltuario. I dipendenti della colonia sono 102, per un massimo di 250 villeggianti (attualmente gli ospiti sono 160). Ambulatori, un laboratorio di analisi mediche, visite sanitarie all'ammissione e controlli periodici garantiscono che nessuno abbia il più piccolo incidente. Spiega il dott. Marino: -La vita in colonia si svolge così: alle 7,30 ognuno beve la pozione Arnaldi. Alle 8,30 un caffè nero. Alle 10 un bicchiere di karkadé, infuso eritreo di particolari fiori di ibisco. A mezzogiorno il pasto, fatto di cibi cotti semiliquidi (passati di verdura quasi sempre) e frutta cotta. Alle 16 un'altra bevan da calda, magari di nuovo karkadé. Alle 18,30, infine, il vero grande pasto: una minestra, carne o pesce magrissimi, verdura cotta, frutta, pane e caffè. E pochissimo vino: un decimo di litro a mezzogiorno, un quartino alla sera*. Gli ospiti vanno avanti cosi per dodici giorni, in genere, con tre giorni intermedi di «riposo», quando mangiano un po' di più. Racconta una signora un po' corpulenta: •E' faticoso, ma utilissimo. Io mi sento già rigenerata. Certo, fra noi villeggianti-pazienti nascono delle voglie pazze. Ci ritroviamo a discutere come bambini, con le lacrime agli occhi, di torte alla crema e di anatra farcita, di spaghetti alla carbonara e di trippa alla fiorentina. Ma alla fine torniamo a casa nostra leggeri e con un nuovo vigore nelle membra. Pronti a ricominciare la faticosa vita di sempre*. E le trasgressioni? Il dottor Marino confida: .Ci accorgiamo anche di qualche birichinata. Alcuni ospiti nei giorni cosiddetti di riposo scendono nel paesetto di Uscio e si rimpinguano al ristorante. Ma sono una minoranza. Franco Giliberto

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