Napoli: «Non ho ucciso io Anna Grimaldi» dice con fermezza, al giudice, l'accusata di Liliana Madeo

Napoli: «Non ho ucciso io Anna Grimaldi» dice con fermezza, al giudice, l'accusata Interrogata la giornalista Elena Massa, sospettata del delitto passionale Napoli: «Non ho ucciso io Anna Grimaldi» dice con fermezza, al giudice, l'accusata Tra gli inquirenti c'è smarrimento, mancanza di sicurezza - «Non ci sono prove definitive - dicono - abbiamo però ricostruito la personalità della presunta omicida» ■ La donna è stata ascoltata nel carcere di Pozzuoli DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE NAPOLI — Quando è venuto il momento di interrogare Elena Massa, imputata di omicidio volontario, il sostituto procuratore Martusciello le ha fatto chiedere se voleva che l'interrogatorio avvenisse in procura. Tagliente come sempre, dal carcere di Pozzuoli dove si trovava in isolamento da sabato pomerìggio, la giornalista ha risposto: •No. Mi ha mandato qua. Resto qua». Martedì sera, verso le 20, il giudice e la donna si sono trovati di fronte, presenti i due avvocati difensori. La Massa è apparsa serena: «Si è difesa con fermezza e dignità», è stato riferito. «Non ho ucciso io Anna Grimaldi», ha ribattuto ancora una volta. Le contestazioni che le sono state mosse erano quelle relative alle questioni già note: lo smarrimento della pistola, l'alibi per l'ora del delitto, il suo risentimento nei confronti della Grimala:. In sostanza ha ripetuto quanto già aveva detto negli interrogatori precedenti, quando era solo l'indiziata numero uno. Terminata questa fase dell'Incontro, quando la Massa e gli avvocati si attendevano che il magistrato tirasse fuori nuovi elementi d'accusa, il dott. Martusciello ha estratto dalle sue carte un foglietto ripiegato. L'ha porto alla donna, chiedendo: «E di questo che mi dice?». Sembra, ma non c'è conferma, che ci fosse scritto una sola frase, una sorta di dichiarazione di odio-amore. Elena Massa l'ha guardato e, ironica, ha chiesto a sua volta: «Non vede che è la calligrafia di un bambino? Non è un mio scritto». Asciutto, il giudice ha concluso «l'incidente». «Mi scusi», ha detto, riponendo il foglio. Tutto è durato poco meno di un'ora. I legali della Massa hanno commentato: «Eravamo andati in carcere pronti ad una dura battaglia. Quella era la sede perché venissero le contestazioni su cui discutere. Invece niente. Non è venuto fuori niente, né un colpo di scena né una prova. Siamo rimasti delusi. Tutto è rimasto come prima». La Massa è rimasta in carcere, anche se da oggi è finito il suo isolamento. Il giudice ha concluso con questo atto la sua parte: passa gli atti all'ufficio istruzione e se ne va in vacanza. Con l'arresto della rivale della vittima formalmente si mette a tacere l'opinione pubblica, il sospetto che l'inchiesta annaspasse a vuoto, il timore che gli Inquirenti si muovessero con troppa cautela trovandosi davanti come Inquisiti uomini del giornalismo, della politica, della finanza e dell'industria partenopea. Ma fra gli stessi inquirenti c'è smarrimento, mancanza di sicurezza. «E' vero, non ci sono prove definitive. Abbiamo però ricostruito la personalità della presunta omicida. Il quadro ricavato dà corpo ai sospetti. Si informi su Elena Massa, se può essere donna che uccide», ci ha detto un giovane membro dell'equipe che ha svolto le indagini. Elena Massa, in una città come Napoli, è un personaggio. Come può esserlo, appunto, una donna poco accomodante e per nulla incline al compromesso come lei. Ha 48 anni. Ha avuto un primo marito e due figli, uno che fa il giornalista in Sicilia e una sposata a Nàpoli. A metà degli Anni Sessanta, quando l'adulterio era un reato, lasciò il marito e si mise a vivere con Ciro Paglia, giornalista anche lui. Undici anni fa hanno avuto un figlio. Poi, dopo la legge sul divorzio, si sono sposati. Ha sempre lavorato, in maniera marginale, per testate secondarie, con molta fatica. Per essere assunta dal «Mattino», d'accordo con le rappresentanze sindacali della categoria, due anni fa fece al Circolo della Stampa uno sciopero della fame. Nel maggior giornale di Napoli non entrò quindi dalla porta principale, e non fu neanche mol¬ to amata dai colleghi soprattutto per il suo cattivo carattere. Le perplessità sulla ricostruzione del delitto fatta dal giudice nascono proprio da una personalità di questo tipo. Non è credibile — dicono a Napoli—che la Massa, convocata per telefono dalla Grimaldi, accetti di vederla quando questa vuole, alle otto e mezzo di sera, davanti al cancello di casa Grimaldi, al buio, come una ladra o una colpevole. Più credibile, allora, l'ipotesi che la Massa abbia teso un agguato alla Grimaldi, per farle una scenata magari poi conclusasi tragicamente. Ma, in questo caso, perché nessuno l'ha vista allontanarsi? La sua macchina è inconfondibile: una scatoletta gialla e verde, di marca sconosciuta, ridicola quanto vistosa. Dove l'aveva parcheggiata. SI è detto che l'assassino, dopo aver sparato, può essersi dileguato scavalcando un muretto che corre lungo il viale interno di viale Grimaldi. Ma questa «scorciatoia» la conoscevano i ragazzi della famiglia e qualche loro amico. Che ne sapeva la Massa che, come Ciro Paglia d'altronde, non era mai stata dalla Grimaldi? Altri dicono: « Una donna così medita sia l'assassinio sia l'alibi». Bene. Perché la Massa è scesa a comperare acqua minerale di cui aveva altre bottiglie in casa, e non qualsiasi altro alimento? Liliana Madeo

Luoghi citati: Napoli, Pozzuoli, Sicilia