Taormina spera sempre di riaprire il Casinò

Taormina spera sempre di riaprire il Casinò Inaugurato nel 1963 ebbe una vita brevissima Taormina spera sempre di riaprire il Casinò TAORMINA — Dopo diversi lustri d'attesa, di vani tentativi e altrettante delusioni, i siciliani non hanno ancora perduta la speranza di avere un «loro» casinò. Si chiede il riconoscimento (e la riapertura) da parte dello Stato della casa da gioco «Villa mon i-epos» di Taormina, da quasi venticinque anni al centro di una complessa e sotto certi aspetti curiosa vicenda giudiziaria. Il casinò di Taormina venne istituito nel 1949 ma cominciò a funzionare solo nel 1963. Esso doveva costituire una fonte di ricchezza non solo per il turismo del versante ionico ma anche del resto dell'isola in quanto avrebbe fatto da polo d'attrazione per le correnti turistiche di tutto il mondo. Dubbi sulla legittimità della casa da gioco non ce n'erano per almeno due ordini di motivi: prima di tutto perché essa era stata approvata dalla Regione; in secondo luogo perché altri quattro casinò (Sanremo, Campione, Venezia e Saint-Vincent) operavano nel Paese. Stranamente, però, il casinò di Taormina ebbe vita brevissima, tredici mesi. L'amministratore Domenico Guarnaschelli, infatti, fu costretto a chiuderlo per ordine degli organi di polizia perché «il gioco d'azzardo in Italia non è ammesso'. Cominciò una estenuante serie di ricorsi e controricorsi. Il 18 aprile 1965 il tribunale dell'Aquila emetteva, in appello, una sentenza favorevole all'istituzione del casinò siciliano. In essa si dichiarava che l'attività della casa da gioco taorminese era stata legittimata dalla legge dello Stato del 18 febbraio 1963 sulla riscossione dei tributi sui casinò, legge che era stata applicata anche alla «Villa mon repos». Lo Stato, cioè, aveva riscosso i tributi inserendoli nel proprio bilancio, e cosi facendo implicitamente aveva riconosciuto l'attività del casinò. Pareva che tutto fosse stato chiarito, che non ci sarebbero stati ulteriori intoppi. Ma una successiva sentenza, emessa a Messina, diede nuovamente torto a Guarnaschelli. La casa da gioco, che nel frattempo era stata riaperta, venne nuovamente chiusa. Tre anni fa i centonovanta ex dipendenti della casa da gioco si rivolgevano al pretore di Acireale Enzo Cosentino. Il magistrato, rifacendosi alla sentenza dell'Aquila sulla le¬ gittimità del tormentato casinò, ordinava a Guarnaschelli di riassumere gli impiegati e i croupiers a suo tempo licenziati e ancora disoccupati. Per ottemperare all'ingiunzione pretorile, Guarnaschelli si preparò ad aprire una succursale di «Villa mon repos» ad Acitrezza, sulla Costa dei Ciclopi; ma preferì rinunciare quando il questore di Catania gli comunicò che se avesse aperto il casinò, la polizia sarebbe intervenuta per farglielo chiudere. Ed ecco che nei giorni scorsi Salvatore Emmanuele, 41 anni, ex funzionario di «Villa mon repos», ha presentato un esposto-denuncia alla procura della Repubblica di Catania contro le case da gioco di Sanremo, Venezia, Campione e Saint-Vincent per gioco d'azzardo. L'esposto è esteso, per la stessa Ipotesi di reato, agli amministratori del quattro comuni e ai funzionari responsabili dell'amministrazione dello Stato presso il ministero degli Interni. «Se il gioco d'azzardo è reato — sostiene Emmanuele nel suo esposto-denuncia — esso dev'essere perseguito come tale in tutto il territorio nazionale, senza eccezioni'. Si tratta, come è facile capire, di un'altra mossa, forse determinante, per aggirare gli ostacoli e ottenere il riconoscimento da parte dello Stato del casinò di Taormina sulla base di una prevedibile sentenza assolutoria nei confronti delle quattro case da gioco chiamate in causa. Franco Sampognaro

Persone citate: Domenico Guarnaschelli, Enzo Cosentino, Franco Sampognaro, Guarnaschelli, Salvatore Emmanuele